Il blog di Diego Perugini

Si parla di Musica! (e non solo)

Weekend con l’Angolo del Cinefilo

Kirsten Dunst in “Civil War”

E’ il weekend del Salone del Mobile e del Fuorisalone, almeno qui a Milano. Ma se non avete voglia di fare code e bagni di folla, eccovi un po’ di titoli da vedere sul mio Angolo del Cinefilo.

Precedenza al discusso “Civil War” (che a me, per altro, molto è piaciuto), da ieri al cinema. Ma ci trovate anche il cult argentino “I delinquenti“, qualche film d’azione e commediola d’intrattenimento. 

E, per chi cerca qualcosa in più, l’agghiacciante “La zona d’interesse“, giustamente premiato agli ultimi Oscar. Più tutto il resto (ed è parecchio) in archivio.

Buona lettura e buona visione! 

Da Glasgow con amore. E un po’ di nostalgia.

The Jesus and Mary Chain, credito Mel Butler

Toh, chi si rivede. In arrivo questa settimana a Milano due band scozzesi che molto mi piacquero negli anni 80.

Mercoledì all’Alcatraz, unica data italiana, si va di culto con The Jesus and Mary Chain, che ho amato parecchio per il primo disco, “Psichocandy”.

Suoni, rumori e distorsioni punk sopra una melodica vena pop, come nel capolavoro “Just Like Honey”, che ricordo anche nel suggestivo film “Lost in Translation” di Sofia Coppola.

La storia dei turbolenti fratelli Reid ha vissuto poi di alti e bassi, con dischi non più all’altezza del folgorante esordio, uno di quei lavori che valgono una carriera. E influenzano decine di gruppi a seguire.

Ma la band, dopo le celebrazioni live per il trentennale del celebre album, non ha perso la voglia di produrre nuova musica, come in “Glasgow Eyes”, uscito il mese scorso, di cui si ascolterà qualche estratto anche a Milano.

Comunque, tranquilli, non mancherà “Just Like Honey”. Arriverà verso fine serata. E sarà una gioia.

Da Glasgow provengono pure i Simple Minds, attesi sabato da un tutto esaurito al Forum di Assago.

Rispetto ai Reid, la loro carriera ha vissuto sui piani alti del pop, fra vendite milionarie e grandi concerti. Dall’alto di uno status di star, Jim Kerr e soci vivono ormai di rendita, forti di un canzoniere importante, distillato nel corso di una gloriosa carriera.

Non a caso la scaletta di questo Global Tour 2024 è una sorta di greatest hits che non ammette molte discussioni: si parte con “Waterfront” e si chiude con “Alive and Kicking”.

In mezzo troviamo titoli come “New Gold Dream”, “Sanctify Yourself” e “Don’t You”. E scusate se è poco. Un tuffo nel passato, nostalgia canaglia e dintorni, grandi pezzi e altrettanta energia.

Trionfo annunciato. E ritorno in Italia in estate. Viva!

Mercoledì all'Alcatraz unica data italiana per The Jesus and Mary Chain, gruppo di culto anni 80. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Il “pastiche” di De Gregori e Zalone

E' uscito "Pastiche", il disco della strana coppia De Gregori Zalone. Cover e divertissement a ruota libera. E due concerti a Roma. Siamo stati all'incontro stampa. E ci siamo divertiti.
De Gregori Zalone, foto di Daniele Barraco

La definizione viene facile facile: la strana coppia, come nella storica commedia con Jack Lemmon e Walter Matthau.

Perché, in effetti, fa strano vedere insieme, su disco e su palco, Francesco De Gregori e Checco Zalone. Il “principe” della canzone d’autore italiana e il comico irriverente campione d’incassi al cinema.

L’album, “Pastiche”, è appena uscito per Sony Music e mescola riletture del repertorio storico di De Gregori (“Pezzi di vetro”, “Rimmel”, “Buonanotte fiorellino”…) a cover assortite, da “Pittori della domenica” di Paolo Conte a “Le cose delle vita” di Antonello Venditti e “Putesse essere allero” di Pino Daniele.

Più l’inedito “Giusto o sbagliato”, ballata sul bilancio di una vita, che rimanda nel testo (e non solo) al classico “My Way”.

Gli arrangiamenti sono corretti, senza troppi azzardi, pianoforte e voce. Da camera. Con l’idea-guida del titolo di mescolare stili, generi, fonti. E altro ancora.

De Gregori canta con un piglio più da “crooner” del solito. E Zalone che fa? Suona il piano, stile jazz o piano bar: non sarà Bollani, ma se la cava bene.

In più c’infila uno scherzetto dei suoi, “Alejandro”, che ironizza su andropausa e dintorni. Più altre cosette che scoprirete all’ascolto. Che, diciamolo subito, si rivela piacevole e godibile pur senza far gridare al capolavoro (ma credo non fosse quello l’intento).

Un divertissement, insomma, ma non buttato lì, tutt’altro.

Il bello, semmai, è vederli e ascoltarli dal vivo, come ieri pomeriggio alla Santeria 31 di Milano in una mezz’oretta di musica, parole, battute e improvvisazioni da strappare l’applauso.

Il De Gregori sempre un po’ austero (tipo che un giornalista gli fa una domanda e lui passa oltre) si scioglie di fronte al cazzeggio genialoide di Zalone. Fino a uscire dal ruolino di marcia e intonare una “Generale” come se fosse Vasco o duettare con Checco sull’esilarante “I uomini sessuali”.

Amici nella vita, pur nelle grandi diversità artistiche (o, magari, proprio per questo), i due sembrano divertirsi e voler divertire il pubblico, senza farsi troppe menate.

E se lo spirito sarà quello intravisto ieri, c’è da pensare che i due concerti con band del 5 e 9 luglio alle Terme di Caracalla di Roma saranno a loro modo memorabili.

Anche perché pare non ci saranno repliche: “Ci piace la toccata e fuga, un tour non avrebbe senso” ha sentenziato il Principe. E, forse, è giusto così.

Cosmo sì, ma senza smartphone

Non è il primo e, sicuramente, non sarà l’ultimo (vedi, per esempio, il buon vecchio Dylan qualche tempo fa). Però l’idea di un concerto senza smartphone invadenti merita sempre un encomio.

Stavolta, inoltre, non si tratta di austeri recital teatrali ma di un live nei club, per di più da ballare e da scatenarsi come se non ci fosse un domani.

Protagonista è Cosmo, che ha deciso di sperimentare per il nuovo tour, in arrivo all’Alcatraz di Milano mercoledì 10 e giovedì 11 aprile (tutto esaurito), il divieto di utilizzare cellulari per fare foto e video.

Come? Coprendo all’ingresso le telecamere con dei bollini.

Il tutto per rendere ancora più selvaggia ed energica la reazione dei fan, creando “un’atmosfera magica di mani, occhi e corpi liberi”, come suggerisce il comunicato stampa.

Del resto gli spettacoli di Cosmo sono davvero un po’ così, come ho visto di persona anni fa al Forum di Assago.

Una festa, un inno all’aggregazione, alla socialità. Al lasciarsi andare, cantare, saltare. E ballare, naturalmente.

In scaletta, oltre ai classici del passato, ci saranno i pezzi del nuovo (e meritevole) album “Sulle ali del cavallo bianco”, in equilibrio fra pop, elettronica, canzone d’autore e psichedelia, restituiti con una band di quattro elementi.

Insomma, ci sarà da divertirsi.

Ma senza smartphone, please.

Il “Concertozzo” degli Elii

In arrivo all'U-Power Stadium di Monza, il 26 maggio, il "Concertozzo" di Elio e le Storie Tese.  Un evento dedicato ad autismo e disabilità.
Elio, foto di Francesco Prandoni

Musica e impegno sociale, si può fare. E funziona. In arrivo la terza edizione del “Concertozzo”, organizzato da Elio e le Storie Tese e Trio Medusa.

Un evento dedicato al mondo dell’autismo e alle disabilità con l’obiettivo di promuovere l’idea di una comunità più inclusiva e informata.

Elio e soci si esibiranno il 26 maggio all’U-Power Stadium di Monza col meglio del loro repertorio, fra musica, frizzi e lazzi, incursioni del Trio Medusa incluse.

Prima di loro, band emergenti dalle 15 protagoniste del “Concertozzino”. Ma non mancheranno momenti di riflessione e testimonianze sul tema della disabilità.

Le prevendite sono già attive su Vivaticket e TicketOne.

Il giorno prima, il 25, in piazza Roma, ai piedi dell’Arengario, ci saranno dibattiti con esperti del settore per fornire approfondimenti e promuovere una comprensione più profonda delle esigenze delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Seguiranno momenti di musica, street-food, incontri e divertimento.

E per chi proprio non ce la facesse ad aspettare, il 7 maggio al teatro Nazionale di Milano, gli Elii terranno un altro concerto speciale a scopo benefico, stavolta per Casa Sollievo Bimbi. Il ricavato della serata sosterrà l’hospice pediatrico in cui VIDAS offre cure e accoglienza ai bambini gravemente malati e alle loro famiglie.

Bentornati, La Crus

Bentornati, La Crus. E' uscito "Proteggimi da ciò che voglio", il nuovo disco del gruppo milanese. Il 10 maggio saranno alla Santeria 31. Articolo di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Photo credis: Gianluca Mingotto

Conosco i La Crus da molto tempo. Dal giorno in cui un amico/collega mi passò un’audiocassetta demo con l’anteprima del primo album, “La Crus”, appunto. Quello, per capirci, che conteneva gioiellini come “Nera signora”, “La giostra” e la preziosa cover di “Il vino” di Piero Ciampi.

L’ascoltavo spesso e volentieri, mi sembrava qualcosa di nuovo, che però al tempo stesso solleticava il mio mai sopito amore per la nostra canzone d’autore.
Dovrei averla ancora da qualche parte, assieme ai nastri dei Carnival of Fools (ma questa è un’altra storia).

Poi li intervistai e li vidi in concerto tante volte, capitava anche di beccarsi in giro da qualche parte, nella Milano frizzante degli anni 90. Ricordo che Giò aveva una graziosa fidanzata che lavorava al teatro Smeraldo e andava a prendere a fine serata. Io spesso gravitavo là per lavoro e finivamo sempre a scambiarci qualche chiacchiera notturna. Altri tempi.

Più di recente, anzi, molto più di recente li ho ascoltati nella reunion all’Elfo Puccini del gennaio 2020, giusto un mesetto prima dell’onda maligna Covid. Fu una bella serata, di ricordi e ottima musica, per nulla scalfita dal passare degli anni.

Mi fa piacere ritrovarli ora con un nuovo lavoro, “Proteggimi da ciò che voglio”, uscito da una settimana. Un piccolo disco, se non altro per la durata contenuta, una mezz’oretta, con otto inediti e un paio di ripescaggi dal passato (con ospiti).

Lo stile del gruppo è immediatamente riconoscibile, senza troppe deviazioni dalla via maestra. O, peggio, concessioni al (cattivo) gusto contemporaneo.

Cesare Malfatti è un architetto sonoro dal tocco inconfondibile e Giò, come sempre, canta benissimo, con quella voce profonda che sa come dare peso alle parole. Parole, scritte da Alessandro Cremonesi, che mescolano pubblico e privato, politico e poetico, in una serie di “canzoni polietiche”, come loro amano definirle.

I La Crus parlano del nostro mondo e ne denunciano le contraddizioni e le negatività, dalla follia dei social all’alienazione lavorativa che ci ruba il tempo e l’anima. Ma non c’è retorica, presunzione o faciloneria, semmai uno sguardo lieve e sofferto, con un barlume di speranza nella sempiterna forza dell’amore.

Ecco, allora, l’evocativa malinconia di “La pioggia”, uno dei nuovi migliori pezzi, accanto al blues moderno (un po’ alla Depeche Mode) di “Mangia dormi lavora ripeti” e alla melodia vincente della “title-track”.

“Shitstorm” è ballata lenta e ariosa, di bella suggestione, mentre “La rivoluzione” è più incalzante e declamatoria, con interventi parlati ad hoc. “Discronia” vanta un tiro orecchiabile e sfumature di tromba, “Stella” è un recitativo pensoso che guarda al cosmo intorno a noi.

Chiudono il cerchio due ricordi rivisitati: “io confesso” con Carmen Consoli e “Come ogni volta” (il loro capolavoro?) con Colapesce e Dimartino.

Bentornati, insomma. Anche in concerto: appuntamento il 10 maggio alla Santeria Toscana 31, Milano. Poi, si vedrà.

“Incontri” di Guido Harari, ultimi giorni della mostra. Fate presto!

Lo so, arrivo buon ultimo a parlare di “Incontri”, la mostra di Guido Harari alla Fabbrica del Vapore.

Me l’ero segnato fra gli appuntamenti da non perdere, ma poi tra una cosa e l’altra stavo rischiando di saltarla. Così mi sono precipitato sul filo di lana in un sabato pomeriggio meneghino.

Perché, ormai, siamo ai titoli di coda. Ancora una settimana e stop. E il primo aprile, giorno di chiusura (che quest’anno è pure Pasquetta) dalle 15 ci sarà proprio Guido in persona a salutare i visitatori e firmare cataloghi.

Per quei pochi che non lo sapessero, Harari è uno dei più grandi fotografi italiani (e non solo) e nella sua carriera ha ritratto decine e decine di big della scena rock internazionale.

Nomi assai famosi, che con lui si trovavano a proprio agio e rivelavano la loro essenza più vera.

Guidato da sana passione, ha girato il mondo e seguito gli artisti in tour, cogliendo i momenti più particolari della loro vita sul palco e on the road.

Oppure li ha ritratti in modo più pensato, sempre attento però a cogliere il dettaglio giusto, la posa originale, il tratto più intimo. Con l’obiettivo dichiarato di fermare l’attimo fuggente, renderlo a suo modo immortale.

La mostra ci racconta questo e tanto altro, attraverso una serie di sale ben allestite, con le foto in bella evidenza ma anche intriganti installazioni collaterali.

Dallo schermo con video live e musica a palla al documentario di Sky Arte, fino ai grandi pannelli dedicati alle eccellenze dell’arte, della cultura e della società milanese incontrate in 50 anni di carriera.

Il risultato è un suggestivo viaggio nel tempo, ancora di più se molti di quei momenti li hai vissuti anche tu. E confesso di essermi emozionato nel ricordo di concerti e incontri ai quali, per lavoro o passione, ho partecipato anch’io.

Molte delle foto esposte sono piccoli grandi oggetti di culto.

De André che dorme sfinito per terra vicino al calorifero durante il tour con la Pfm; il sorridente trio delle meraviglie Gaber, Jannacci, Fo; il tenero abbraccio fra Lou Reed e Laurie Anderson.

E, ancora, la sequenza di Peter Gabriel che si trucca (periodo “Shock the Monkey”) e il trasognato sguardo di David Bowie su uno sfondo di luci colorate.

Ci sono anche tanti scatti non legati alla musica, a ribadire l’approccio eclettico di Harari: da Francesco Totti a Nanni Moretti, da Rita Levi Montalcini a Giovanni Agnelli.

Insomma, inutile girarci tanto intorno.

E’ una mostra da vedere. Ancora per pochi giorni a Milano. Fate presto.

“The Song Remains the Same”, i Led Zeppelin di nuovo al cinema

Non ricordo bene la prima volta che ho visto “The Song Remains the Same”, il famoso film dei Led Zeppelin.

Credo verso la fine dei ‘70, da ragazzo, in un cinemino di periferia dalle scalcinate sedie in legno. Con audio approssimativo, tagli a go-go e via dicendo.

Rivederlo oggi, rimasterizzato e tirato a lucido, a così tanto tempo di distanza, fa la solita strana impressione, un misto di nostalgia e affetto.

Colpisce duro, soprattutto, ritrovare la forza di quella band stratosferica. Non che non la conoscessi o l’avessi dimenticata, ma vederli sul grande schermo e col volume a palla fa comunque un certo effetto.

Positivo, naturalmente. Anzi, direi salutare in questi tempi di musica plastificata.

Sono immagini tratte dai concerti al Madison Square Garden di New York, nel lontanissimo 1973.

Robert Plant presenza sexy coi jeans a pelle e gilerino su torso nudo. Jimmy Page con le sue chitarre e certi pantaloni neri a zampa larga con stelle e ghirigori assortiti. Dietro il baffuto Bonham a picchiare forte, col più tranquillo John Paul Jones a lato fra basso e tastiere.

Rock tosto, blues, ballate, psichedelia senza limiti e confini, coi suoni tirati e gli assoli pirotecnici, improvvisazioni e divagazioni, i brani che mutano strada facendo e sembrano non finire mai. Una botta pazzesca di energia.

“The Song Remains the Same”, di nuovo al cinema per soli tre giorni, 25, 26 e 27 marzo ( l’elenco delle sale coinvolte è su nexodigital), era e rimane un film imperfetto, dalla storia complicata e piena di ostacoli, come potete leggere qui.

Ci sono tanti classici live (con diverse dolorose esclusioni), inframezzati da scene dal backstage, momenti privati e bizzarri video onirici.

Il più divertente (e assurdo) è quello di Plant nei panni di un ardito cavaliere che deve salvare una giovane pulzella. Roba che fa un po’ sorridere.

Al contrario della musica, davvero tosta e superba, con un Page che a un certo punto prende il sopravvento e ti sorprende ancora una volta per genialità e creatività.

Le canzoni le conoscete tutti: “Rock and Roll”, “Whole Lotta Love”, “Stairway to Heaven”, la devastante “No Quarter”.

Dopo due ore abbondanti di felice bombardamento rock, si esce dal cinema confusi e felici, persino un po’ frastornati e increduli.

E’ l’effetto che fa la musica. Quella vera.

Weekend con l’Angolo del Cinefilo

Una scena di “Los colonos”

Una bella infornata di titoli per il nuovo appuntamento col mio Angolo del Cinefilo. C’è di tutto e di più. Dal celebrato “Perfect Days” di Wenders (per quei pochi che non l’hanno ancora visto) all’intrigante “American Fiction“, premiato con un Oscar. Ma anche opere più cult come il western cileno “Los colonos” e meno note come il belga “Il patto del silenzio“. Ci sono pure la fantascienza umanistica di “Spaceman” e altri titoli interessanti. A voi. Buona visione e buon weekend!

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