Gianna Nannini in streaming da casa sua

“Strani giorni, viviamo strani giorni” cantava Franco Battiato. E mi piacerebbe sapere quel che ne pensa il Maestro di quanto ci sta capitando. Una situazione assurda, anzi surreale (l’aggettivo più usato/abusato dai cronisti tv), degna dei tanti b-movie di fantascienza distopica che ci siamo sparati in tutti questi anni.

Stavolta, invece, ci siamo in mezzo. E si fatica a credere stia accadendo davvero, soprattutto quando fuori ci sono delle belle giornate di sole, come giustamente da inizio primavera. Invece no, si sta in casa. Si deve stare in casa. E si fa fatica. L’umore barcolla, il morale tracolla, si procede fra alti e bassi, sperando in qualche buona notizia. Che non arriva.

E la musica? Non si ferma, dicono con un po’ di retorica. I dischi però escono col contagocce, i tour sono annullati o rimandati. Ma non ci si arrende. Sui balconi si cantano gli inni della nostra storia, ognuno come meglio può: quelli del Mei si sono addirittura inventati la Balcony Music, speciale classifica della settimana coi brani più graditi dai Balconi d’Italia. Gli artisti tengono botta con dirette su Instagram e dintorni sotto l’egida di #iosuonodacasa, iniziativa lanciata da Zanetti di Rockol, con tanti concerti “casalinghi” da diffondere via social.

E per il 31 marzo in prima serata su Ra1 è in arrivo “Musica che unisce”, una “staffetta” per raccogliere fondi a favore della Protezione Civile con tanti inediti video set dal vivo realizzati dagli artisti nelle loro abitazioni. Un modo per stare, comunque, insieme in un momento pesante. “Così mi distraggo un po’”, canterebbe Dalla.

Anche lavorare è difficile. C’è chi, come l’editore di Metro, free press con cui collaboro da anni, ha deciso di chiudere baracca, mi auguro solo temporaneamente. E così, in questo clima di quarantena forzata, si finisce per rimpiangere cose che prima ti davano quasi noia, come il rito consunto delle conferenze stampa. Si va avanti, insomma, fra spizzichi e bocconi, sperando in tempi migliori.

Ma non mi è facile immaginare un ritorno alle dinamiche di solo qualche mese fa. Penso, soprattutto, ai concerti, alle adunate rock, ai live negli stadi, ai raduni di gente sudata e felice. Davvero il vento caldo dell’estate rimetterà tutto a posto? Davvero fra qualche settimana si tornerà ad accalcarsi per un posto in prima fila per uno show di Vasco o dei Pearl Jam? Ho qualche dubbio.

Al proposito ho letto giorni fa un articolo interessante (e inquietante) sulla “shut in economy”, che prevede non torneremo più alla normalità e alle nostre abitudini di interazione sociale. M’è venuto subito di pensare agli eventi live, la cui fruizione verrebbe radicalmente trasformata. Se non definitivamente cancellata.

Un’ipotesi spero troppo pessimistica, sarebbe un punto di non ritorno troppo doloroso. Ma intanto il mercato della musica dal vivo lamenta perdite ingenti, a rischio default. Un interessante punto di vista sul tema è quello di Claudio Trotta, storico promoter della Barley Arts (quello che ha portato Springsteen a San Siro, tanto per capirci), che vede una lenta ripresa a partire da fine agosto e un ripensamento di tutta la filiera del live, abbandonando la logica delle mega produzioni e riscoprendo la magia della musica in sé e per sé.

Lo scopriremo solo vivendo, come cantava Battisti. Nel frattempo la musica resta un valido supporto morale e spirituale, una piccola luce nei momenti bui. Perché ascoltare un bel disco ti tira su, ti fa pensare positivo, ti trasporta in altre dimensioni. E ora abbiamo anche l’occasione per approfondire e, magari, scoprire artisti che prima per mancanza di tempo non avremmo nemmeno avvicinato.

Ma è ancora più bello “fare” musica. Da un po’ di tempo, per esempio, ho iniziato a strimpellare la mia pianola e qualche risultato già si vede. E’ una gioia quando azzecchi gli accordi giusti e riesci a suonare le tue canzoni preferite. Ma tranquilli, non farò dirette social né balcony. Per ora.