Sono tornato a vedere Gazzelle, uno dei pochi nuovi artisti pop che mi piacciono. Se volete sapere perché, trovate tutto qui.
E al Forum di Assago, una delle prime date del “Dentro x sempre” tour, ho trovato un tutto esaurito vero, col traffico incasinato, code lentissime e un sacco di gente fra parterre e gradinate.
Evidentemente questo antidivo, perennemente nascosto dagli occhiali scuri, ha colto nel segno con le sue canzoni agrodolci, cantate a squarciagola da un pubblico giovane e a forte prevalenza femminile.
Ragazze e ragazzine così scatenate da starsene in piedi per tutto il tempo e sovrastare la voce già non tonitruante del piccolo Flavio.
Uno spettacolo nello spettacolo, come si usa dire. O, scomodando parole grosse, una sorta di rito collettivo a forti tinte emozionali.
Gazzelle se la gode chiuso nel suo giubbotto firmato, senza fare tanta scena. Ogni tanto chiede applausi e il pubblico non si lascia pregare.
Dialoga di cose semplici e, a un certo punto, chiede agli spettatori se sono felici. Momento di quasi imbarazzo: cosa rispondere di questi tempi strani e brutti?
Una tipa nel pit gli dice che domani si laurea. Forse lei è felice per questo.
Lui è perplesso e, dopo un po’, la chiude con una battuta, “potrei star qui tutta la sera a dire stronzate”. E riprende la musica.
Ma sì, che poi alla fine lì dentro, almeno per un paio di orette, son tutti felici a cantare e ballare, e a fermare l’attimo fuggente coi telefonini.
Gazzelle porta a casa il trionfo annunciato col supporto di una band efficace e di qualche timido effetto speciale, come il solito grande schermo dove scorrono immagini in diretta e altre preparate ad hoc, molto carine quelle stile cartoon e pure i giochini grafici.
Sfila così il classico repertorio del Nostro, diviso fra ballate romantiche, briciole malinconiche e botte di ritmo.
Si racconta di amori allo sbando, palpiti del cuore e inquietudini esistenziali, con stile semplice e linguaggio del quotidiano. Che tutti possono capire. E in cui tutti possono identificarsi. E, infatti, strofe e ritornelli vengono puntualmente scanditi all’unisono dai fan.
Ecco l’introspezione personale di “Qualcosa che non va”, la dolcezza di “Coprimi le spalle”, il delicato medley solitario in acustico e, subito dopo, l’incalzante e liberatoria “Meglio così”.
Tutti in coro per l’auto-esortazione di “Flavio”, vincente inno da stadio (o palasport), per arrivare ai pezzi da novanta del passato: “Una canzone che non so”, “Punk”, “Tutta la vita”. Quindi la sanremese “Tutto qui” e la rabbiosa “Destri”.
Per chiudere con “Non sei tu”, tanti coriandoli dal cielo e l’inevitabile “Grazie regà!”. Mentre fuori le macchine sono già in doppia fila, il traffico torna una bolgia e si corre forte per non restare imbottigliati.
Si replica stasera al Forum. Poi tanti altri concerti sparsi per l’Italia. Tutti esauriti, naturalmente. E il live speciale del 16 maggio all’Arena di Verona.
Daje, Fla.