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Angelina e il Sanremo che vorrei

Ha vinto Angelina Mango. E si chiude il ciclo di festival targati Amadeus. Qualche umile idea per un Sanremo migliore. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Alla fine ha vinto Angelina Mango, come da pronostico iniziale.

Un trionfo segnato da una polemica al foto finish (e mi pareva strano non arrivasse…) per i soliti complessi e un po’ oscuri meccanismi delle votazioni.

Per dirla in due parole: al televoto aveva vinto nettamente Geolier, poi stampa e radio hanno ribaltato il verdetto. Qui trovate una spiegazione più esaustiva.

Giusto? Sbagliato? Si apra l’ozioso dibattito.

Ma non è la prima volta che capita. Anzi. Qualcosa del genere accadde, tanti anni fa, con gli Avion Travel ai danni di Grandi e Morandi. E, molto più di recente, con Mahmood ai danni di Ultimo. Che, per la cronaca, si incazzò parecchio.

Verdetto giusto, comunque?

Boh. Non sono tipo da stilare classifiche e vergare pagelle, mica siamo più a scuola. E, poi, quelle le fanno già tutti, regalando spesso e volentieri voti altissimi. E, per quanto mi riguarda, assai discutibili.

Comunque, non appartengo al fan club della Mango, non ancora per lo meno. E, dirò un’eresia, ma la cumbia di “La noia” non mi entusiasma.

Neanche il tempo di andare in un negozio a Milano a provarmi un paio di jeans, che eccola arrivare in sottofondo a tormentarmi.

E temo siamo solo all’inizio. Ma la giovane Angelina ha grinta, entusiasmo, bella voce e acerbo talento. Potrà crescere. E, si spera, cantare anche cose migliori.

In quanto a tormentone non scherza nemmeno la terza arrivata Annalisa con la sua “Sinceramente”, parecchio orecchiabile e parecchio derivativa.

Il rischio di cadere già nel cliché è dietro l’angolo. Ma ha successo ed è il suo momento: come darle torto?

Geolier, secondo arrivato e grande sconfitto (si fa per dire), potrà consolarsi allargando ancora di più il suo già ampio bacino di pubblico.

Il suo pezzo non mi ha detto granché, forse perché sono un “boomer”. Ma è moderno, attuale, contemporaneo. Piace e piacerà.

Il resto, come sempre, lo diranno le questioni di streaming e passaggi radio. E i club, i palazzetti e gli stadi più o meno pieni. Lì si capirà il vero vincitore.

Ultime considerazioni.

Pare sia stato l’ultimo Sanremo targato Amadeus, giusto così. Come Pioli al Milan, pure Ama ha finito il suo ciclo all’Ariston.

Gli va riconosciuto il merito di aver riportato il festival ai fasti di un tempo. E di averlo svecchiato, negli artisti e nell’audience.

Ora non ci vanno più solo glorie d’antan o chi deve rilanciarsi, ma anche chi ha successo o, come si dice oggi, è di tendenza.

Perché Sanremo porta bene e regala popolarità in grande stile a chi lo sa sfruttare come si deve. E’ il palco più importante d’Italia, diretta espressione di quanto va forte fra streaming, radio e dintorni, e si fa di tutto per salirci e giocarsi le proprie carte.

E, cosa niente affatto trascurabile, gli ascolti e le classifiche premiano questa scelta. Ma non è tutto oro quel che luccica. Almeno per me.

Da qualche anno fatico a guardarlo e non riesco ad affezionarmi a un brano in particolare. Problema mio?

Forse. Ma mi sembra che la qualità media sia in fase calante. Meno “ciofeche”, ma anche meno pezzi memorabili. Tutto un po’ omologato nel nome di una bulimia di proposte quasi mai entusiasmanti.

Anche stavolta non ho trovato la mia canzone del cuore. Non mi sono dispiaciuti Ghali, Mahmood, Diodato.

La Bertè più che altro per la sua storia, un po’ Gazzelle e Rose Villain. Ma nessuna voglia di andare a riascoltarli. Sono troppo esigente? Mah.

Insomma, sarebbe ora di cambiare passo. Vedremo se davvero Ama mollerà il colpo e chi sarà il suo successore e quali scelte farà. Quanto a me, da umile spettatore e addetto ai lavori di lunga data, butto lì qualche idea.

Qual è il Sanremo che vorrei?

Beh, innanzitutto vorrei un festival più breve, tipo che si chiude ogni sera intorno a mezzanotte. E senza troppe divagazioni, siparietti, pubblicità più o meno occulte e ospitate che allungano il brodo e spezzano il ritmo della serata. O ti portano nei territori del kitsch più imbarazzante come nell’affaire Travolta.

E, poi, che senso ha fare cantare uno alle due di notte?

Il che significherebbe ridurre drasticamente il numero delle canzoni in gara. Quest’anno erano 30, molte delle quali prescindibili.

Troppe. Ne sceglierei una quindicina, ma con cura e attenzione alla qualità. Pescherei fra vari generi, senza badare solo a radio e streaming, limitando quei suoni urban, rap, trap e dintorni (uso dell’autotune incluso) che fanno sembrare tutto così uguale, tutto così omologato.

Amplierei la platea degli autori, perché se fai scrivere tutto o quasi ai soliti noti, ovvio che poi fatichi a distinguere le canzoni una dall’altra.

Sui meccanismi delle votazioni, invece, mollo il colpo. La partita rimane aperta e forse non si chiuderà mai. Anche perché la formula perfetta non esiste e ci sarà sempre qualcuno che prenderà male i verdetti.

E i cantanti in gara? Chi porterei all’Ariston?

Eh, no. Un po’ di pazienza. Prima fatemi diventare il nuovo direttore artistico.

E, poi, ne riparliamo.

Noi non ci Sa(n)remo

Sanremo 2024, si comincia. Domani parte l'ennesima edizione del festival. Le riflessioni di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Come ben si sa, domani inizia l’ennesima maratona di Sanremo. L’edizione numero 74. E anche quest’anno, come ormai da parecchio tempo, non ci andrò.

Perché non ho un editore che mi paghi le spese di trasferta e accollarmi tutto sul groppone, non mi pare una saggia idea. Anche visto i prezzi non proprio economici che girano in riviera.

So che in tanti, tantissimi, addetti ai lavori saranno lì comunque. Li vedo posare sorridenti sui social lungo il tragitto che li porta in città o, direttamente, davanti all’Ariston mostrando con orgoglio l’agognato pass, felici di stare laggiù.

Anzi sospetto pure che in parecchi si sobbarchino vitto, alloggio e trasporto pur di fare parte del grande circo. Mah. Contenti loro.

E non pensate che stia “rosicando”, parlando per invidia. Perché a me andare a Sanremo non è mai piaciuto. Se v’interessa sapere perché basta leggere un mio editorialino di qualche anno fa. Proprio qui.

In ogni caso, non sono fatti miei, quindi a ognuno il suo.

E non sarò nemmeno così snob da dire che non lo guarderò. In un modo o nell’altro ho visto il festival sin da bambino, quindi lo farò anche quest’anno.

Magari a spizzichi e bocconi, perché trenta canzoni in gara sono troppe e non ho voglia di fare le ore piccole ogni sera. C’è altro, converrete, da fare nella vita.

Anche solo alzarsi presto la mattina per lavoro o incombenze varie.

Ma veniamo alle canzoni: beh, non le ho ancora sentite.

Ho, però, letto i commenti della stampa e visto i voti alti, se non altissimi, generosamente dispensati. Sono curioso di vedere se collimano col mio (modesto) parere.

In tanti hanno parlato di “cassa dritta”, che per chi non è del mestiere significa molto ritmo, molta ballabilità. E meno, molte meno, canzoni “sanremesi”, cioè quelle ballate d’amore romantico che un tempo andavano forte al festival.

I bene informati dicono pure che, per questo, i brani si somiglino un po’ tutti. E, del resto, c’è poco da stupirsi visto che il giro degli autori è ristretto e alcuni di loro li troviamo firmare diversi dei pezzi in gara.

Insomma, pare che Amadeus abbia cambiato le regole del gioco e punti a un festival che sia diretta espressione di quanto oggi va forte fra streaming, radio e dintorni.

Ascolteremo e vedremo. Ma non ho aspettative altissime.

Confesso che in gara non c’è nessuno che mi scaldi veramente il cuore. L’unico è forse Gazzelle, che da sempre mi piace per la sua vena malinconico/romantica e che, da introverso quale è, immagino avrà delle difficoltà nel marasma di questi giorni.

Noto pure la mancanza delle classiche polemiche che da sempre animano il festival. Magari mi sono perso qualcosa, ma non ne trovo traccia.

I soliti idioti hanno provato a costruirne una su Angelina Mango e la sua scelta di cantare un pezzo del padre nella serata delle cover. Ma era talmente risibile da sciogliersi come neve al sole.

A proposito della giovane Angelina, in molti la danno come favorita assieme ad Alessandra Amoroso e Annalisa. E, chissà, dopo tanto tempo il festival potrebbe di nuovo tingersi di rosa.

In ogni caso, in bocca al lupo a tutti!

Sanremo 2022, ecco i Big

Ieri sera al Tg1 Amadeus ha svelato i big di Sanremo 2022. Un cast eclettico, anzi schizofrenico. Di tutto e di più. Pure troppo. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Ormai lo sanno anche i sassi. Ieri sera al Tg1 Amadeus, per evitare altre “soffiate”, ha snocciolato i “magnifici” 22 Big del Sanremo 2022. A cui se ne aggiungerà un altro paio pescato dal concorso Sanremo Giovani.

La prima impressione è quella di un cast eclettico, se non apertamente schizofrenico. Nel senso che c’è di tutto e di più. Pure troppo. Forse per acchiappare un pubblico quanto più trasversale e multigenerazionale.

Ed è, quindi, facile immaginare le solite serate-fiume con cui fare le ore piccole, difetto che il festival temo si tirerà dietro anche stavolta.

Ci sono le cosiddette vecchie glorie del bel canto che fu: Morandi (pare con un pezzo di Jovanotti), Ranieri e Zanicchi, trio per cui viene voglia di tifare a priori.

Ci sono un po’ di nomi di pop-rock adulto, capitanati da Elisa, che torna in gara dopo la lontana vittoria del 2001. Inoltre, Emma, Giusy Ferreri, Noemi, Fabrizio Moro, Michele Bravi, Le Vibrazioni (tutti artisti che, a dir la verità, non mi scaldano il cuore).

C’è qualche outsider di nicchia, dal rapper acculturato Dargen D’Amico al cantautore stile anni Settanta Giovanni Truppi.

Ma, soprattutto, ci sono tanti di quelli che piacciono ai ggggiovani, fra talent, record di streaming e popolarità sul web. Da Rkomi ad Aka7even, da Irama a Sangiovanni, la coppia “urban” Mahmood e Blanco sino ad arrivare ai “perfetti sconosciuti” per il grande pubblico Ditonellapiaga (però con la ben nota Rettore), Highsnob e HU.

Giusto il bis per La Rappresentante di Lista, dopo la bella prova dello scorso anno, più di un dubbio per l’ennesima prova del sovraesposto Achille Lauro (in due parole: ha stufato).

Chiude il cerchio la spagnola Ana Mena, regina dei tormentoni latini, che farà pure una musica detestabile, però è la fidanzata di Brahim Diaz, il funambolico numero 10 del Milan. E, perciò, merita il mio supporto sempre e comunque (si scherza, ovviamente).

Ma queste sono solo le prime impressioni di dicembre, la marcia di avvicinamento a Sanremo è appena iniziata. Seguiranno polemiche, discussioni, riflessioni, dibattiti, gossip e altro ancora. E, ah sì, anche le canzoni.

Ore piccole a Sanremo. E intanto Gabbani è primo

di Diego Perugini

In passato mi vedevo il festival dall’inizio alla fine, a volte riuscivo a sbirciare persino qualche passaggio del “Dopofestival”. E senza per forza arrivare all’alba. Stavolta no. Ho mollato il colpo dopo l’1 e mi sono buttato fra le amate coltri. Perché la mattina c’è da fare, mica esiste solo Sanremo.

Troppa carne al fuoco in questa edizione. Troppi ospiti, siparietti, monologhi, divagazioni e via perdendo tempo. Coi cantanti in gara che si esibiscono a ore improbabili, con lunghe pause fra l’uno e l’altro.

Così non va. Come se le canzoni, il concorso, la sfida, fossero semplici accessori (non i più importanti) di un monumentale carrozzone di spettacolo. Fosse per me, ridimensionerei tutto e metterei al centro le canzoni in gara, belle o brutte poco importa. Così che senso ha?

Però gli ascolti vanno bene, molto bene (ma il gradimento?), quindi facile intuire che si andrà avanti così, anche se Amadeus ha promesso che stasera si finirà prima. Amen.

A proposito, la classifica provvisoria vede Francesco Gabbani in testa. E, stavolta, senza filastrocche giocose e scimmie sul palco, ma con un brano più riflessivo, quasi filosofico. Evidentemente il cantautore toscano ha un feeling speciale con le giurie. Sa arrivare subito alla gente, merito non da poco. Salirà sul podio anche quest’anno?

Ultimo, invece, il tanto vituperato Junior Cally. Ma non l’ho visto. A quell’ora dormivo, sognando (forse) un Sanremo diverso.