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Tag: cartoon

Coco

"Coco", recensione del cartoon Pixar su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

USA, 2017. Animazione, 109′. Regia di Lee Unkrich, Adrian Molina.

Colpevolmente trascurato (da me), ho visto per la prima volta su RaiTre questo splendido cartoon Pixar d’atmosfera messicana, uscito oltre quattro anni fa. Racconta di vita e di morte, amore per la musica, legami di famiglia e avventure ultraterrene. Visionario, psichedelico, divertente e commovente. Non solo per bambini, anzi. Un gioiellino.

Adrian, il Molleggiato fa flop

Rimandato a settembre “Adrian”, il cartoon di Adriano Celentano. Il flop di un programma vecchio in partenza

Adrian, il cartoon di Adriano Celentano
Adrian, il cartoon di Adriano Celentano

Leggo di un rinvio a dopo l’estate di “Adrian”, il cartone animato di Adriano Celentano in onda su Canale 5. Motivazione ufficiale: esigenze di salute e convalescenza del Molleggiato. Diciamola tutta: sembra una scusa per chiudere e ripensare un’esperienza a dir poco fallimentare. O, quanto meno, me lo auspico, augurando lunga vita a uno dei nostri personaggi più cult.

Di certo “Adrian” è stato un flop. Io, da lontano estimatore, ho provato a dargli una (anzi più di una) chance, mettendomi pazientemente davanti al piccolo schermo. Ma resistere allo zapping e ai colpi di sonno è stata una “mission impossible”. Il siparietto pre-cartoon cercava di rinverdire antichi fasti, ma l’assenza o i silenzi del Nostro non colpiscono più. Il cartoon, poi: cui prodest? Una storia logora, già vista, animazioni vetuste, messaggio scontato. Persino i disegni del maestro Manara (che s’è dissociato dall’operazione) avevano un che di stucchevole. In una parola, anzi aggettivo: vecchio.

Durante la visione mi sono chiesto spesso a chi poteva interessare una roba del genere. Non ai giovani d’oggi, intrigati da ben altre situazioni, ma nemmeno ai coetanei di Celentano, che preferiscono ricordarselo ai tempi dei duetti con Mina. La generazione di mezzo? Anche qui, feedback non pervenuto. A pensarci bene, gli unici momenti decenti di “Adrian” sono stati i pochi squarci musicali. Quando, per esempio, a un certo punto è partita in sottofondo la melodia di “Viola”, non ho potuto fare a meno di cantarci sopra. E credo siano in molti a pensarla così. Mi domando, quindi, con che criterio siano stati investiti milioni di euro (dicono 20) per una simile operazione. Davvero non era possibile spenderli in un modo migliore?

Il problema, credo, stia a monte. Nell’ambizione smisurata del “re degli ignoranti” (e nel credito altrettanto smisurato concessogli), che quando canta è un semidio ma quando predica fa cadere le braccia. E crolla miserevolmente quando s’alza l’asticella. Ricordo al proposito l’imbarazzante siparietto dell’intervista a David Bowie nel 1999 a “Francamente me ne infischio”, quando il Molleggiato, imbarcatosi in una delle sue confuse tirate pacifiste, cercò inutilmente di coinvolgere nella discussione la sempre più perplessa rockstar inglese. Una situazione simile accadde pure coi R.E.M., qualche anno dopo.

La morale, insomma, è la solita. E mi piace riassumerla con un vecchio detto meneghino: “Ofelè fa el to mesté”. Letteralmente significa “Pasticciere, fai il tuo mestiere” e si rivolge a chi si avventura in altri campi senza averne la necessaria competenza. Diteglielo al ragazzo della via Gluck.