Si parla di Musica! (e non solo)

Tag: Cesare Malfatti

Bentornati, La Crus

Bentornati, La Crus. E' uscito "Proteggimi da ciò che voglio", il nuovo disco del gruppo milanese. Il 10 maggio saranno alla Santeria 31. Articolo di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Photo credis: Gianluca Mingotto

Conosco i La Crus da molto tempo. Dal giorno in cui un amico/collega mi passò un’audiocassetta demo con l’anteprima del primo album, “La Crus”, appunto. Quello, per capirci, che conteneva gioiellini come “Nera signora”, “La giostra” e la preziosa cover di “Il vino” di Piero Ciampi.

L’ascoltavo spesso e volentieri, mi sembrava qualcosa di nuovo, che però al tempo stesso solleticava il mio mai sopito amore per la nostra canzone d’autore.
Dovrei averla ancora da qualche parte, assieme ai nastri dei Carnival of Fools (ma questa è un’altra storia).

Poi li intervistai e li vidi in concerto tante volte, capitava anche di beccarsi in giro da qualche parte, nella Milano frizzante degli anni 90. Ricordo che Giò aveva una graziosa fidanzata che lavorava al teatro Smeraldo e andava a prendere a fine serata. Io spesso gravitavo là per lavoro e finivamo sempre a scambiarci qualche chiacchiera notturna. Altri tempi.

Più di recente, anzi, molto più di recente li ho ascoltati nella reunion all’Elfo Puccini del gennaio 2020, giusto un mesetto prima dell’onda maligna Covid. Fu una bella serata, di ricordi e ottima musica, per nulla scalfita dal passare degli anni.

Mi fa piacere ritrovarli ora con un nuovo lavoro, “Proteggimi da ciò che voglio”, uscito da una settimana. Un piccolo disco, se non altro per la durata contenuta, una mezz’oretta, con otto inediti e un paio di ripescaggi dal passato (con ospiti).

Lo stile del gruppo è immediatamente riconoscibile, senza troppe deviazioni dalla via maestra. O, peggio, concessioni al (cattivo) gusto contemporaneo.

Cesare Malfatti è un architetto sonoro dal tocco inconfondibile e Giò, come sempre, canta benissimo, con quella voce profonda che sa come dare peso alle parole. Parole, scritte da Alessandro Cremonesi, che mescolano pubblico e privato, politico e poetico, in una serie di “canzoni polietiche”, come loro amano definirle.

I La Crus parlano del nostro mondo e ne denunciano le contraddizioni e le negatività, dalla follia dei social all’alienazione lavorativa che ci ruba il tempo e l’anima. Ma non c’è retorica, presunzione o faciloneria, semmai uno sguardo lieve e sofferto, con un barlume di speranza nella sempiterna forza dell’amore.

Ecco, allora, l’evocativa malinconia di “La pioggia”, uno dei nuovi migliori pezzi, accanto al blues moderno (un po’ alla Depeche Mode) di “Mangia dormi lavora ripeti” e alla melodia vincente della “title-track”.

“Shitstorm” è ballata lenta e ariosa, di bella suggestione, mentre “La rivoluzione” è più incalzante e declamatoria, con interventi parlati ad hoc. “Discronia” vanta un tiro orecchiabile e sfumature di tromba, “Stella” è un recitativo pensoso che guarda al cosmo intorno a noi.

Chiudono il cerchio due ricordi rivisitati: “io confesso” con Carmen Consoli e “Come ogni volta” (il loro capolavoro?) con Colapesce e Dimartino.

Bentornati, insomma. Anche in concerto: appuntamento il 10 maggio alla Santeria Toscana 31, Milano. Poi, si vedrà.

“Mentre le ombre si allungano”, riecco i La Crus

I La Crus nello spettacolo “Mentre le ombre si allungano", l'altra sera al teatro Elfo Puccini di Milano. Foto di Elisa Magnoni
La Crus, foto di Elisa Magnoni

E’ stato un bel tuffo nella memoria della Milano anni 90. Ma non solo. Perché “Mentre le ombre si allungano – appunti scenici per voci, suoni e immagini” dei La Crus è uno spettacolo che, nonostante i vent’anni (e oltre) d’età, non ha perso un grammo del suo fascino ipnotico.

Ed è stato un piacere rivedere, l’altra sera all’Elfo Puccini, Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti nella loro performance più famosa, che stanno riportando in giro per l’Italia per poche date da non perdere. Palco spoglio, i due si stagliano ai lati: Giò in una sorta di scarno salotto di casa, con una sedia zebrata, un bicchiere, appunti sparsi. Cesare dietro la console fra dischi e marchingegni vari. Sullo sfondo uno schermo dove scorrono immagini in bianco e nero, spezzoni di film, frasi sovrapposte, immagini oniriche e squarci visionari.

Tutto molto teatrale, come gli interventi poetici di Ferdinando Bruni, che ogni tanto irrompe sulla scena. Lungo la strada ritroviamo citazioni di Pasolini, Bufalino, Salinas e del cinema sperimentale di Man Ray. Ma sono le canzoni a menare le danze, in quel crocevia fra tradizione d’autore e sperimentazione elettronica tipico dei La Crus.

Cesare suona la chitarra sopra il tappeto di effetti, archi e rumori metropolitani, Giò recita versi e, soprattutto, canta al solito benissimo, voce profonda e grande concentrazione. Ogni tanto, ospite speciale, arriva la tromba di Paolo Milanesi ad aggiungere suggestioni.

Il ritornello maliardo di “Come ogni volta”, la nevrotica “Correre”, la romantica “L’uomo che non hai”, l’immancabile “Nera Signora”. Ma anche “Dentro me”, “Natale a Milano”, “Le cose di ogni giorno”, un ricordo di Tenco e altri gioiellini sfilano in poco più di un’oretta di live. Intenso e concentrato. Fino al bis con la cover di “Il vino” di Piero Ciampi, altro loro cavallo di battaglia.

Una serata per palati fini, stanchi del solito pop. Una proposta diversa e coraggiosa, ancora attualissima. Ricordatevene ora che sta per arrivare Sanremo.

Prossime date:

22 gennaio Bologna – Freakout

24 gennaio Ascoli Piceno – Teatro dei Filarmonici