Si parla di Musica! (e non solo)

Tag: cinema (Pagina 1 di 2)

Weekend con l’Angolo del Cinefilo

Kirsten Dunst in “Civil War”

E’ il weekend del Salone del Mobile e del Fuorisalone, almeno qui a Milano. Ma se non avete voglia di fare code e bagni di folla, eccovi un po’ di titoli da vedere sul mio Angolo del Cinefilo.

Precedenza al discusso “Civil War” (che a me, per altro, molto è piaciuto), da ieri al cinema. Ma ci trovate anche il cult argentino “I delinquenti“, qualche film d’azione e commediola d’intrattenimento. 

E, per chi cerca qualcosa in più, l’agghiacciante “La zona d’interesse“, giustamente premiato agli ultimi Oscar. Più tutto il resto (ed è parecchio) in archivio.

Buona lettura e buona visione! 

“The Song Remains the Same”, i Led Zeppelin di nuovo al cinema

Non ricordo bene la prima volta che ho visto “The Song Remains the Same”, il famoso film dei Led Zeppelin.

Credo verso la fine dei ‘70, da ragazzo, in un cinemino di periferia dalle scalcinate sedie in legno. Con audio approssimativo, tagli a go-go e via dicendo.

Rivederlo oggi, rimasterizzato e tirato a lucido, a così tanto tempo di distanza, fa la solita strana impressione, un misto di nostalgia e affetto.

Colpisce duro, soprattutto, ritrovare la forza di quella band stratosferica. Non che non la conoscessi o l’avessi dimenticata, ma vederli sul grande schermo e col volume a palla fa comunque un certo effetto.

Positivo, naturalmente. Anzi, direi salutare in questi tempi di musica plastificata.

Sono immagini tratte dai concerti al Madison Square Garden di New York, nel lontanissimo 1973.

Robert Plant presenza sexy coi jeans a pelle e gilerino su torso nudo. Jimmy Page con le sue chitarre e certi pantaloni neri a zampa larga con stelle e ghirigori assortiti. Dietro il baffuto Bonham a picchiare forte, col più tranquillo John Paul Jones a lato fra basso e tastiere.

Rock tosto, blues, ballate, psichedelia senza limiti e confini, coi suoni tirati e gli assoli pirotecnici, improvvisazioni e divagazioni, i brani che mutano strada facendo e sembrano non finire mai. Una botta pazzesca di energia.

“The Song Remains the Same”, di nuovo al cinema per soli tre giorni, 25, 26 e 27 marzo ( l’elenco delle sale coinvolte è su nexodigital), era e rimane un film imperfetto, dalla storia complicata e piena di ostacoli, come potete leggere qui.

Ci sono tanti classici live (con diverse dolorose esclusioni), inframezzati da scene dal backstage, momenti privati e bizzarri video onirici.

Il più divertente (e assurdo) è quello di Plant nei panni di un ardito cavaliere che deve salvare una giovane pulzella. Roba che fa un po’ sorridere.

Al contrario della musica, davvero tosta e superba, con un Page che a un certo punto prende il sopravvento e ti sorprende ancora una volta per genialità e creatività.

Le canzoni le conoscete tutti: “Rock and Roll”, “Whole Lotta Love”, “Stairway to Heaven”, la devastante “No Quarter”.

Dopo due ore abbondanti di felice bombardamento rock, si esce dal cinema confusi e felici, persino un po’ frastornati e increduli.

E’ l’effetto che fa la musica. Quella vera.

Califano e Bob Marley, quando il biopic non convince

"Bob Marley - One Love", il biopic sulla leggenda del reggae, dal 22 nei cinema. Un commento di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Per combinazione ho visto negli stessi giorni “Califano” e “Bob Marley – One Love”. Due prodotti diversi, il primo per la tv (lo trovate su RaiPlay) e il secondo per il cinema (sarà nelle sale dal 22).

Due film biografici ovviamente differenti, vista la peculiarità dei protagonisti, accomunati però dalla stessa sensazione finale. La delusione.
O, per dirla con l’ultima vincitrice di Sanremo, la noia.

Il biopic (brutta parola, ma tant’è) sul “Califfo” mostra i tratti inequivocabili della fiction, nel bene e nel male. Ha quel ritmo lì, inutile cercare guizzi di genialità.

E, come capita spesso, resta in superficie, non approfondisce, restituisce un ritratto parziale di quell’uomo controverso e contraddittorio che era l’artista romano.

I più esperti vi hanno poi trovato errori grossolani, che gli autori hanno giustificato nelle note sui titoli di coda come la classica licenza poetica. Vabbè.

Ciò non toglie che la visione, tutto sommato, risulti comunque gradevole, se non si è troppo esigenti. E Leo Gassman nei panni del “Califfo” se la cava. Forse troppo bellino e poco stropicciato per essere veramente credibile, però bravo e volenteroso.

Leo Gasman interpreta il "Califfo" nella fiction tv Rai "Califano". Il commento di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Il film su Bob Marley (una produzione di famiglia col figlio Ziggy in prima fila), forse per lo sforzo di essersi alzati dal divano di casa per andare al cinema, delude persino di più.

Si parte dal tentativo di omicidio nel dicembre 1976 a Kingston, per poi soffermarsi sul soggiorno in Inghilterra e chiudere il cerchio col ritorno in Giamaica per il One Love Peace Concert nell’aprile 1978.

In un’ora e tre quarti si prova a raccontarne la vicenda mescolando un po’ di tutto. Dalla religione (il rastafarianesimo) al messaggio di amore e unità, dalla creazione musicale alla politica giamaicana, dai rapporti coi discografici a quelli, più intimi, con la moglie Rita, dai ricordi visionari di un drammatico passato all’uso quotidiano del “fumo”. E molto altro ancora.

Come si usa dire, troppa carne al fuoco. Così si finisce con fare confusione o, peggio, scivolare nell’agiografia e nello stereotipo.

La regia è scolastica e lo stesso protagonista, il pur bravo Kingsley Ben-Adir, risulta un Marley ingentilito e mai veramente partecipato. Il meglio, come capita in questi casi, sono le canzoni. Quelle sì, immortali.

Più in generale, non è la prima volta che i biopic lasciano con l’amaro in bocca. Perché, oggettivamente, non è facile mettere in scena la vita, spesso complessa, di personaggi straordinari. E perché, il più delle volte, si sceglie una via parziale e sommaria, operando scelte discutibili.

La mia idea è che bisogna prenderli per quel che sono.

Cioè, salvo rare eccezioni, dei prodotti commerciali creati per un pubblico più vasto possibile, interessato più al lato umano che a quello artistico.

Una platea che del protagonista ha spesso solo un’infarinatura e non sta a menarsela troppo con dettagli, approfondimenti e verità storica, come facciamo noi addetti ai lavori.

Chi cerca qualcosa in più, insomma, dovrebbe semmai rivolgersi ai documentari. Sempre che siano fatti bene. E anche qui, soprattutto in casa nostra, non mancano le delusioni. Ma questo è un altro discorso ancora. Che, prima o poi, affronteremo.

“Dallamericaruso – Il concerto perduto”

Ancora pochi giorni e nei cinema uscirà "Dallamericaruso - Il concerto perduto", docu-film che immortala il live newyorchese di Dalla nel 1986. L'anteprima di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

E’ un bel viaggio nel tempo. Un tuffo dove l’acqua è più blu, tanto per citare un altro Lucio leggendario.

Fatto sta che vedere “Dallamericaruso – Il concerto perduto” è davvero una sorta di ritorno al futuro, anche solo per un paio d’ore passate al cinema.

Il film documentario in 4 k, diretto da Walter Veltroni e prodotto da Nexo Digital e Sony Music, sarà nelle sale dal 21 al 23 novembre , con una proiezione speciale il 19 alle 11 al Pop Up di Bologna con ospiti il regista e gli amici di Dalla.

Sul grande schermo ritroviamo le riprese integrali, curate da Ambrogio Lo Giudice, del concerto al Village Gate di New York nel 1986. Un concerto perduto e ritrovato in maniera fortuita da un collezionista presso un rigattiere, quindi tirato a lucido e rimasterizzato grazie ai miracoli della tecnologia moderna.

Il film è diviso in due parti.

La prima racconta la genesi di “Caruso”, l’inedito che mancava al disco originale. Un brano, forse il più noto di Dalla, nato per uno strano scherzo del destino, con la barca in panne nel golfo di Sorrento e l’artista costretto a fermarsi in un lussuoso hotel locale.

Per combinazione gli venne data proprio la stanza che fu del grande tenore e da lì il magico gioco dell’ispirazione fece il resto.

Veltroni torna sul “luogo del delitto” con i testimoni d’epoca (la cantante Angela Baraldi in primis) e rievoca in modo romantico/nostalgico la suggestiva vicenda.

Poi, col trait d’union di una scena emblematica di “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore, si passa al sogno americano, un live in un piccolo e nobile club, dove già s’erano esibiti jazzisti fuoriclasse. E comincia la festa.

Lucio e la band sono carichi, giovani e pimpanti. E il repertorio è di quelli immortali, incentrato per lo più sui due album best-seller di fine ‘70. I titoli sono storici: “L’ultima luna”, “La sera dei miracoli”, “Stella di mare”, “L’anno che verrà” e via così.

Il bello è vedere il divertimento sul palco: il gruppo ci dà dentro con vigore, mentre Lucio improvvisa, gioca con la voce, cambia o dimentica le parole.

Le canzoni sono quelle, ma gli arrangiamenti sono più liberi e selvaggi, il che è un valore aggiunto da non sottovalutare. Complice un audio sorprendentemente buono, se si pensa all’età non proprio verde delle registrazioni.

Insomma, sei lì sulla sedia e ti vien voglia di cantare.

Che, poi, è quello che Veltroni si augura: cinema pieni di fan, vecchi e nuovi, tutti insieme appassionatamente in un festoso karaoke.

A riscoprire, se ce n’era bisogno, un repertorio ancora maledettamente attuale, a cui negli anni in tanti (troppi?) si sono abbeverati in abbondanza.

Ma senza mai, naturalmente, eguagliare l’originale.

p.s. Il concerto sarà disponibile in un album, “Dallamericaruso – Live at Village Gate, New York 23/03/1986” (Sony Music), da lunedì 20 novembre in digitale e dall’1 dicembre in formato doppio cd, doppio vinile nero, lp in versione colorata (in esclusiva per il Sony Music Store) e in Dolby Atmos.

Al cinema con gli ABBA

Al cinema con gli ABBA. Dal 18 al 20 settembre verrà proiettato “ABBA: The Movie - Fan Event”. L'apice del successo della band svedese.

Della mia insana passione per gli ABBA (del resto, chi non ha qualche scheletro nell’armadio?) ho già scritto e spiegato su questo piccolo blog (vedi qui).

Perciò non ho resistito alla visione in anteprima di “ABBA: The Movie – Fan Event” che andrà nelle sale per tre giorni, dal 18 al 20 settembre (qui l’elenco delle sale).

L’idea è di richiamare al cinema gli appassionati del gruppo svedese per una serata di nostalgia canaglia e festoso karaoke con tanto di “dress code” a tema. Funzionerà? Vedremo.

Non si tratta, diciamolo subito, di una novità, ma della versione restaurata della pellicola che uscì nel lontano 1977, apice del successo della band.

La trama è esilissima: un improbabile dj radiofonico deve realizzare un’intervista esclusiva ai quattro e, quindi, li insegue in modo rocambolesco per tutto il tour australiano.

Chiaro che trattasi di pretesto per un omaggio, quasi agiografico, alla band scandinava, alla sua colorita immagine e alla sua musica leggera, anzi leggerissima.

Dove sfilano trascinanti versioni live di classici come “Waterloo”, “Mamma mia” e “The Name of the Game”.

Ma anche pezzi minori come “I’m a Marionette”, che potrebbe venire interpretata come una cupa riflessione sul lato oscuro del successo.

Rivederlo oggi mette in moto il classico effetto “macchina del tempo”, in cui si viene catapultati in un mondo che non c’è più.

Senza telefonini né internet e con vecchi registratori a bobine, dove anche recapitare una tessera stampa (a proposito, oggi c’è ancora qualcuno che la usa?) diventa un problema.

L’arrivo degli ABBA in Australia ricorda la “beatlemania” con scene di delirio dei fan.

E si indugia a lungo sul volto pulito del gruppo, uno dei motivi del loro successo multigenerazionale (piacciono a bambini, genitori e nonni), in contrasto coi brutti, sporchi e cattivi del punk del tempo.

C’è pure, en passant, qualche spigolatura contro i giornalisti, sempre dietro alle più effimere questioni di gossip o a sottolineare la bellezza (peraltro indiscutibile) del “lato b” di Agnetha.

E’ una sorta di documento d’epoca che farà sorridere chi quei momenti li ha vissuti e (forse) insinuerà qualche curiosità nelle nuove generazioni.

Poi, chiaro, gli Abba ti devono piacere almeno un po’, altrimenti la visione rischia di essere un calvario di noia.

Per la cronaca, il film viene accompagnato da alcuni contenuti extra, come un dietro le quinte del recente e ipertecnologico spettacolo “ABBA Voyage”, una visita al Museo degli Abba di Stoccolma e alcuni video sottotitolati delle canzoni più famose.

Weekend con l’Angolo del Cinefilo

Pierfrancesco Favino in "L'ultima notte di Amore". Recensione su L'angolo del Cinefilo di mannaggiallamusica.it, il blod di Diego Perugini

Nuovo appuntamento col mio Angolo del Cinefilo.

Stavolta al centro c’è L’ultima notte di Amore, riuscito thriller con Favino, appena uscito nelle sale. Merita! Ma ci trovate anche la segnalazione di un paio di ottimi titoli di Phillipe Garrel, disponibili “a gratis” ancora per qualche giorno su RaiPlay. Più l’ottima commedia horror The Voices, il suggestivo Lazzaro Felice della Rohrwacher e molto altro ancora.

Buona lettura e buona visione!

La casa delle stelle

"La casa delle stelle", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

Argentina, Spagna, 2019. Commedia, 123′. Regia di Juan Josè Campanella.
Con Clara Lago, Oscar Martínez, Luis Brandoni, Graciela Borges, Marcos Mundstock, Nicolás Francella. Su RaiPlay.

In una grande dimora di campagna vivono una star del cinema che fu, suo marito (su sedia a rotelle), più lo sceneggiatore e il regista di quei vecchi film. Tutto fila liscio sul filo di un routinario tran tran, fin quando una giovane coppia irromperà nelle loro esistenze. Da lì una serie di complicazioni, rivelazioni e sorprese in un clima teatrale fra black comedy e dramma. Storia di avidità, cinismo, rimpianto, gelosia. Ma anche di imperituro amore. Un film ben fatto e ottimamente interpretato, con colpo di scena finale. Un po’ lunghetto, forse. 

Nel bagno delle donne

"Nel Bagno delle donne",  recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

Italia, 2020. Commedia, 94′. Regia di Marco Castaldi. Con Luca Vecchi, Daphne Scoccia, Stella Egitto. Su RaiPlay.

Simpatica commedia dal piglio surreale, con un uomo stressato dalla vita che si chiude nel bagno delle donne di un cinema per una pausa di riflessione. Con lui anche un cagnolino inappetente. Suo malgrado, diventa un eroe, portavoce delle istanze dei lavoratori precari. Meglio la prima parte, ma il film ha comunque il suo perché. Fa sorridere (anche amaro) e fa riflettere sui nostri tempi scalcagnati. Non è poco.

“Zappa”, un film da vedere (e qui vi spiego perché)

In arrivo nei cinema, dal 15 al 17 novembre, "Zappa", il documentario che racconta la storia di uno dei più grandi artisti del nostro tempo. Un film da vedere. Il commento di Diego Perugini

Il mio unico incontro con Frank Zappa risale al luglio 1988. All’epoca ero un giovane critico rampante (si fa per dire) e riuscii a farmi accreditare (per il mitico “Buscadero”) alla conferenza stampa del Nostro. C’era una quarantina di giornalisti ammassati in una saletta del Palatrussardi milanese, poco prima del suo atteso concerto.

Zappa non deluse, né nell’incontro né nel live. Ironico e beffardo, rispose a tono a un forsennato ping pong di botta e risposta, spaziando dalla politica al sociale e alla musica. Verso la fine qualcuno osò chiedergli cosa avrebbe fatto una volta vecchio e senza ispirazione. Fu l’assist per una risposta bruciante: “Il critico musicale”. E ce ne andammo in sala confusi e felici di essere stati perculati.

Lo spettacolo, poi, fu d’alta qualità: un concentrato di stili e e generi alla sua maniera, fra citazioni colte e divagazioni assortite. Ricordo una lunghissima “The Torture Never Stops” e una chiusura in grande stile con una bizzarra versione del “Bolero” di Ravel e la cover della allmaniana “Whippin’ Post”. Sul palco, a un certo punto, arrivò anche il nostro Puma di Lambrate, un emozionatissimo Fabio Treves con la sua armonica.

Tutto questo m’è ritornato in mentre l’altro giorno durante la visione in anteprima di “Zappa”, il documentario firmato da Alex Winter che sarà nei cinema dal 15 al 17 novembre (qui l’elenco delle sale).

Un film lungo e, talvolta, anche non facile. Come non facile, del resto, è seguire la storia di un genio onnivoro e stakanovista, che nel corso della sua breve vita (è scomparso a 52 anni per un cancro alla prostata) ha pubblicato un mare di dischi (e molti altri sono usciti postumi).

“Zappa” ricostruisce la sua vicenda attraverso tante interviste realizzate nel corso del tempo, contributi di chi ha suonato o vissuto con lui, spezzoni di live e altro ancora, con un montaggio serrato e movimentato.

Ne emerge il ritratto di un gigante della musica, certo, ma anche di una persona complessa, dalle mille sfaccettature, anticonformista, scomoda e poco accomodante. Un perfezionista incontentabile, dedito anima e corpo alla sua arte, alieno ai compromessi e nemico del “mainstream”.

Ma anche strenuo difensore della libertà d’espressione, pensatore arguto e provocatorio, feroce critico del suo tempo (e sarebbe curioso sapere cosa penserebbe del nostro), in aperta polemica coi discografici e, quindi, fra i pionieri di un modo indipendente di produrre e distribuire i suoi lavori.

C’è di tutto e di più in queste due ore abbondanti e frastornanti, finanche commoventi nella parte finale, con Zappa sofferente per la malattia e costretto suo malgrado a darsi delle priorità, a scegliere cosa concludere e cosa lasciare nel cassetto (e, infatti, i suoi archivi sono stracolmi di materiale).

Un film da vedere, insomma.

Ancor più in questi tempi così effimeri, fuggevoli e superficiali.

“Paolo Conte, Via con me” arriva al cinema

Arriva al cinema dal 28 al 30 settembre "Paolo Conte, Via con me", il docufilm di Giorgio Verdelli. Nella foto un curioso ritratto del cantautore astigiano ad opera di Guido Harari.
Paolo Conte, foto di Guido Harari

Se siete fan dell’avvocato astigiano (ma se anche non lo siete, va benissimo lo stesso) non perdetevi “Paolo Conte, Via con me”, che arriva al cinema per tre soli giorni, dal 28 al 30 settembre, dopo essere stato presentato alla mostra di Venezia. E’ quel che si dice un docufilm, che tratteggia la vita e le opere del grande cantautore mescolando ingredienti diversi.

Alla base c’è una lunga intervista del regista Giorgio Verdelli, in cui Conte racconta e si racconta, spaziando dagli inizi come trombonista “sotto le stelle del jazz” ai tanti pezzi composti per gli altri, dall’arte di scrivere canzoni al rapporto col successo, fino alle passioni private come pittura ed enigmistica.

Il tutto mescolato a varie testimonianze assortite, vecchie interviste, commenti, riflessioni. E, soprattutto, tanta musica. Con spezzoni di concerti di varie epoche, dal passato remoto ai giorni nostri, con titoli come “Sparring Partner”, “Bartali”, “Gli impermeabili” e l’immancabile “Via con me”.

PAOLO CONTE, VIA CON ME: Al cinema solo il 28, 29 e 30 settembre. Trailer

E’ una gran bella storia da ripercorrere, che il film racconta con la voce narrante di Luca Zingaretti e una vecchia Topolino amaranto che gira per campagne e città. E’ vero: per chi (come me) conosce abbastanza bene le vicende del Maestro, non ci sono particolari novità.

Ma è assai piacevole lasciarsi andare ai ricordi sul filo di melodie splendide e parole evocative di mondi lontani. E ritrovare episodi e concerti di cui sei stato testimone in prima persona.

Il film, del resto, è ben “cucito”, agiografico ma non troppo, e leggibile a più livelli, ricco di tanti momenti memorabili: dalle incursioni di Benigni al Premio Tenco al rapporto con Enzo Jannacci (che Conte riteneva e ritiene “il più grande”). Ne esce il ritratto di un genio bonariamente burbero, di poche parole e tanta sostanza, misterioso e affascinante. Le chic et le charme. Appunto.

Esce venerdì 2 ottobre la ristampa in edizione limitata “Crytal Clear Vinyl” del primo famoso album dal vivo di Paolo Conte: “CONCERTI”. Due LP, 12’’ 180 gr., per la prima volta pubblicati in vinile “cristallo”, per valorizzare ancora di più la qualità sonora originale.
Paolo Conte, ristampa in vinile di “Concerti”

p.s. Per i superfan segnalo l’uscita, venerdì 2 ottobre, della ristampa in edizione limitata “Crytal Clear Vinyl” del primo famoso album dal vivo di Paolo Conte: “Concerti”. Due LP, 12’’ 180 gr., per la prima volta pubblicati in vinile “cristallo”, per valorizzare ancora di più la qualità sonora originale.

« Articoli meno recenti