Dove eravamo rimasti?
Ah sì. A un periodo in cui uscire e vedersi un concerto era una piacevole normalità, una dolce routine spazzata via da quel che sappiamo. Ma prima o poi si doveva riprendere. E l’ho fatto anch’io.
A piccoli passi, in un luogo amico e vicino casa, il vecchio Carroponte. E con un live senza fronzoli e senza troppe pretese, di un duo che mi è sempre stato simpatico, i Coma_Cose, in giro per l’Italia col “Nostralgia Tour” (qui date e biglietti).
Superato il primo imbarazzo, è stato come riprendere ad andare in bicicletta. Ti ci (ri)abitui subito. Senti il calore della gente, le risate, gli applausi. La musica che arriva forte (ma non troppo) dalle casse, quelli sul palco che si danno da fare, un clima di distensione, di voglia di non pensarci più su.
Roba che ti fa passare oltre anche ai soliti maleducati, tipo quelli che parlano a voce alta, che si muovono avanti e indietro a prendere le birre, che sfumazzano una sigaretta dietro l’altra. O quelli, che mai capirò, che vanno ai concerti e chiacchierano per tutto il tempo col compagno/a di sedia.
Certo, c’è qualcosa di diverso. Meno gente, perché di più non si può. I vuoti obbligatori fra una sedia e l’altra. E quelle mascherine un po’ su e un po’ giù, perché è dura tenersi una ffp2 per due ore. E, poi, come fai a cantare?
I Coma_Cose hanno fatto il loro dovere. Già erano un piccolo cult prima di Sanremo, ma dopo il festival i loro fan sono aumentati esponenzialmente.
Lo capisci perché quando fanno “Fiamme negli occhi”, arrivata nelle retrovie della classifica finale, la platea si incendia (scusate, non ho resistito al gioco di parole). Tanto da risuonarla voce e chitarra come ultimo bis.
Un’ora e un quarto di live, il loro, con band sullo sfondo e tanti piccoli grandi inni di vita quotidiana (e metropolitana). Milano al centro, le sue vie, i suoi bus e i suoi locali, graffi rap e carezze melodiche, le voci di Fausto Lama e California che si alternano e si amalgamano.
In mezzo tanto romanticismo (mai stucchevole), briciole di malinconia e tanta energia, i dubbi e le difficoltà di crescere, la voglia di vivere.
Le canzoni le conoscono tutti e tutti le vogliono cantare: “Granata”, “Mancarsi”, “Beach Boys distorti”, “Squali”, “Anima Lattina”. E via così.
Si esce col sorriso sulle labbra, più distesi e rilassati. Ed è già qualcosa.
Forse un nuovo inizio.