Per tre giorni al cinema, dal 17 al 19 febbraio "Fabrizio De André & PFM, il concerto ritrovato".
Fabrizio De André & PFM, il concerto ritrovato

Il mio primo incontro con Fabrizio De André fu proprio “quel” disco dal vivo con la Pfm. Perché da adolescente esterofilo, innamorato di Beatles, Elton John, Springsteen e via continuando, avevo sempre tenuto un po’ a distanza certo cantautorato italiano. Troppo pesante, impegnato, difficile. Poco rock, insomma. Poi arrivò una cassetta duplicata alla buona, e mi si aprì un altro mondo. Che bella voce, che belle parole. E che bella musica. I violini impazziti di “Zirichiltaggia”, la batteria incalzante di “Il pescatore”, lo struggente mandolino di “Andrea”. E, naturalmente, il fascino unico della poesia di Faber.

Quegli arrangiamenti (più o meno gli stessi, entrati di diritto nel “corpo” delle canzoni) me li sono ritrovati poi nel corso degli anni, seguendo per lavoro e per piacere i tanti tour di De André. Quindi non mi sono perso l’anteprima di “Fabrizio De André & Pfm – Il concerto ritrovato”, docufilm di Walter Veltroni, che sarà nei cinema per soli tre giorni, da oggi a mercoledì.

Vi si narra proprio quel tour insieme, fra il 1978 e il 1979, magico incontro fra canzone d’autore e rock: la prima parte vede i ricordi e le testimonianze di chi c’era e c’è ancora, dal presentatore David Riondino ai “ragazzi” della Pfm e a Dori Ghezzi. Si racconta la genesi dell’idea, lanciata da Di Cioccio e accettata da Faber, nonostante (anzi, proprio per questo) lo scetticismo generale.

Le prove, le critiche, le difficoltà, ma anche il clima di creatività e divertimento. In un periodo in cui suonare dal vivo poteva essere un problema: era la fine degli anni Settanta, epoca di fermenti politici e tensioni anche drammatiche. E ai concerti poteva capitare di tutto, dalle contestazioni degli autoriduttori alle cariche della polizia. Ricordo ancora la preoccupazione (giustificata) dei miei genitori ogni volta che parlavo di andare a un concerto.

Tutte cose che sembrano oggi distanti secoli fa, memorie di un mondo che non c’è più. La seconda parte del film è quella più “miracolosa”. Perché, dopo oltre 40 anni, riporta alla luce l’unico documento visivo del live in comune, ritrovato dopo una lunga e rocambolesca ricerca del cocciuto Di Cioccio. Si tratta dello spettacolo del 3 gennaio 1979 a Genova, registrato con pochi mezzi e poche luci da tal Piero Frattari e conservato nel suo archivio fino ad oggi.

Immagini di fortuna e un po’ carbonare, visto che Faber non voleva venisse ripreso alcunché, restaurate nel miglior modo possibile. E ora disponibili al mondo tutto. E’ un vero e proprio documento storico: immagini scure e imperfette (ma affascinanti), col Nostro sorridente al centro e quelli della Pfm dietro, visibili solo a tratti. Meglio ancora l’audio, che restituisce bene la magia sul palco, con De André cantare al suo meglio e la band a rivestire con preziosi arrangiamenti un pugno di classici immortali.

I titoli li sapete tutti (“Bocca di rosa”, “Il testamento di Tito”, “Amico fragile”…), dalla scaletta originale mancano solo tre pezzi, ma le immagini erano troppo rovinate. E, alla fine, si esce dal cinema col sorriso sulle labbra e tanti ritornelli nella testa. Quindi, andate al cinema, portatevi figli e nipoti, passate parola. Il modo migliore per ricordare De André che, fra l’altro, domani avrebbe compiuto 80 anni.