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Elisa va in tour. E lotta per l’ambiente

A maggio partirà il "Back to the future live tour" di Elisa, all'insegna della sostenibilità ambientale. Si parte dall'Arena di Verona, poi in tutta Italia. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Da sempre Elisa è attenta alle tematiche ambientali. L’ha mostrato nei testi delle canzoni e nello stile di vita.

Per esempio in passato ha fatto stampare i dischi su carta riciclata ed eliminato le bottiglie di plastica dai tour per il suo team.

Ma stavolta tenta il salto di qualità. E con il “Back to the Future Live Tour” prova a dare un senso più concreto al termine sostenibilità per i concerti.

Ci riuscirà? Difficile dirlo, ma l’intento è lodevole.

In pratica saranno una trentina abbondante di appuntamenti in tutta Italia, in luoghi di particolare valore naturale e paesaggistico, pensati sulla base di un protocollo per un basso impatto ambientale.

Si cercherà, in poche parole, di inquinare il meno possibile. Per esempio, se prima per il tour si usavano anche sette Tir pieni di attrezzature, stavolta ne basterà uno solo, cercando di utilizzare il materiale locale. E via dicendo.

Parallelamente ci sarà un progetto per la messa a dimora di alberi in diverse aree e una forte campagna di sensibilizzazione del pubblico sull’argomento “green”.

Si parte il 28, 30 e 31 maggio dall’Arena di Verona per “Heroes Festival”, quest’anno incentrato sulla lotta al cambiamento climatico. Ospiti Marracash, Rkomi, Elodie e altri.

E da giugno via al tour vero e proprio, sino a fine settembre (qui le date).

“Come persona mi sento in dovere di fare questo, per il mondo e la natura – ha spiegato Elisa in conferenza stampa – Non mi fermerò qui. Credo sia solo l’inizio. Spero di essere una goccia che assieme ad altre formerà un mare”.
Come darle torto?

Sanremo 2022: è l’ora delle cover

Sanremo 2022: è l'ora delle cover. Stasera uno dei momenti più intriganti del festival, coi cantanti alle prese con classici di ogni tempo. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Dopo la maratona di ieri, conclusasi dicono intorno alle due di notte (scusate, ma io ero già sotto le coltri da un po’), è in arrivo la serata sanremese che, da sempre, m’intriga di più: quella delle cover.

Perché l’arte della cover (nel mio piccolo, tanti anni fa, mi ci sono cimentato pure io) è difficile e stimolante, con l’alta probabilità di sbattere il muso contro classici più o meno intoccabili e rimediare figure barbine.

Infatti c’è sempre il rischio di scimmiottare l’originale senza aggiungerci nulla o al contrario, per usare una fine metafora, farla fuori dal vaso, stravolgendo e rovinando un capolavoro.

Insomma, bisogna studiare e conoscere bene, in tutte le sue sfumature, la canzone che si vuole reinterpretare. Farla propria, darne una versione personale, ma senza eccessi. E’ un delicato gioco di equilibri. E di buon gusto.

Zucchero, uno che la sa lunga e ha pubblicato mesi fa un buon disco di cover, ha seguito una saggia regola: stare distanti dai superclassici, i pezzi intoccabili, resi immortali da interpretazioni storiche, con cui è facile rompersi (metaforicamente) le ossa.

Così dalla scaletta dell’album ha volutamente lasciato da parte titoli che ama alla follia, come “A Whiter Shade Of Pale” dei Procol Harum, perché impossibile far meglio.

Regola aurea che i sanremesi di quest’anno sembrano voler eludere in massa (o quasi). Scorrendo l’elenco dei brani in scaletta, noto autori da far tremare le vene e i polsi: Battisti, Paoli, Tenco, McCartney, De André, Daniele, Vasco.

E pezzi assai tosti come “(You Make Me Feel Like) A Natural Woman”, “Be My Baby”, “My way” e “Your Song”, che non sarà facile restituire in maniera anche solo dignitosa. Chi farà meno danni? Si accettano scommesse.

Insomma, ne vedremo delle belle. O, più probabilmente, delle brutte. Con l’effetto ciofeca pericolosamente in agguato, così come le inevitabili geremiadi dei puristi.

Ma anche questo, ça va sans dire, è Sanremo.

p. s. Intanto la classifica dopo la terza serata ha confermato il duello fra Mahmood/Blanco ed Elisa, con qualche sconvolgimento dal terzo posto in più.

Salgono le quotazioni del grande vecchio Morandi (a cui auguro sinceramente di finire sul podio), ma scalano posizioni anche i “giovinastri” Irama e Sangiovanni.

Il momento migliore, però, è stato il mini-show di Cesare Cremonini.

Ma lui, come si usa dire, gioca in un altro campionato.

Sanremo 2022: la seconda serata

Sanremo 2022, seconda serata. Spettacolo lungo e prolisso, ma colpiscono Truppi ed Elisa. Il commento di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Confesso di essermi appisolato. Dev’essere stato verso la fine, fra un Tananai e un Highsnob, che per fortuna (?) RaiPlay ti permette di recuperare subito, quantomeno per dovere di cronaca. Del resto, spero che comprenderete.

Ma di fronte a uno spettacolo prolisso, con tempi morti, ospiti inutili, lunghe pause fra un brano e l’altro, siparietti comici, promozioni assortite, pistolotti retorici e agghiaccianti momenti karaoke, è dura tenere gli occhi aperti.

Persino Checco Zalone, che di solito qualche risata me le strappa, m’è parso ripetitivo, un po’ in tono minore.

Alla fine, parlando di musica (argomento ormai quasi desueto in quel di Sanremo), mi sembra che la serata sia girata intorno a due momenti assai differenti.

Prima l’esibizione di Giovanni Truppi, alieno in tutto e per tutto, a partire dalla canotta d’ordinanza, che immagino abbia fatto sobbalzare i vari esperti di look.

L’artista napoletano è una mina vagante, oltre che un nome ben noto ai frequentatori dei circuiti alternativi (o “indie”, se vi piace di più).

Non è sceso a compromessi e ha presentato una canzone per niente facile, che racconta di amore maturo e legami familiari, con una costruzione complessa, fra momenti recitati, guizzi melodici e graffi d’autore.

Come diceva una vecchia pubblicità: per molti, ma non per tutti.


Poi è arrivata la super favorita Elisa, che ha confermato di avere una marcia in più, fatta di eleganza vocale, scrittura solida (seppur non originalissima) e talento innato. Sul palco non tradisce, anzi dà sempre il meglio di sé. E si candida di prepotenza alla vittoria finale.


Il resto? Mi aspettavo qualcosina in più dalla coppia Ditonellapiaga e Rettore, che non vanno oltre un orecchiabile ritornello dance dalle aspirazioni di tormentone.

Mentre mi hanno colpito l’energia e il coraggio di Iva Zanicchi, che a 82 anni canta di sesso con voce spessa e temprata dal tempo. La canzone, in realtà, non è niente di che, ma lei la nobilita con un’interpretazione potente.


Oggi serata fiume con tutte le canzoni in gara. Sarà dura.

Non bastasse, è previsto anche un intervento di Saviano. Aiuto!

I primi dischi del 2022

I primi dischi del 2022. In arrivo novità da Sick Luke, Mara Sattei e Ditonellapiaga. E dal grande Elvis Costello. Poi anche Elisa e Cremonini. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Elvis Costello, credit Diana Krall

Confesso che di riprendere non ho troppa voglia. Perché la situazione è quel che è. E le prospettive future non proprio rosee. Ma andare avanti si deve. E quindi… eccomi qui a riparlare di musica.

Il 2022 appena iniziato fra poco comincerà a sfornare nuovi dischi. Si parte il 7 gennaio con “X2”, il primo disco di Sick Luke, produttore di culto fra rap e urban, con vari ospiti in scaletta.

Mentre il 14 usciranno i dischi di debutto di due giovani promesse della scena romana: Mara Sattei con “Universo” (prodotta da tha Supreme), e Ditonellapiaga con “Camouflage”, di cui si riparlerà in zona Sanremo (ci andrà con Rettore).

Da X Factor arriva, invece, gIANMARIA con l’ep “Fallirò”: titolo menagramo o auspicabile, a seconda dei gusti.

Per fortuna lo stesso giorno, il 14, uscirà “The Boy Named If”, nuovo lavoro dell’infaticabile Elvis Costello coi suoi Imposters: i primi due singoli, la rockeggiante “Magnificent Hurt” e la romantica ballata “Paint The Red Rose Blue”, lasciano ben sperare. Si vedrà (pardon, ascolterà).

Il 21 gennaio in uscita Il Pagante, Tancredi e il più evocativo Ludovico Einaudi, mentre per febbraio sono attesi Elisa col doppio in italiano/inglese “Ritorno al futuro” (il 18); e Cesare Cremonini con “La ragazza del futuro” (il 25).


In febbraio arriveranno pure novità da Bastille e Tears For Fears, mentre per marzo sono attesi Tommaso Paradiso, Stromae e Bryan Adams. Senza dimenticare i tanti “sanremesi” pronti a invadere (si fa per dire) il mercato.


Ci sarebbero anche un po’ di concerti, ma con la situazione in (d)evoluzione non si sa bene come finirà. Purtroppo.

Il mio Calcutta, “Evergreen” e il nuovo tour

In occasione del nuovo tour, un ritratto del numero 1 dell’it-pop contemporaneo. Signori e signore, ecco a voi Calcutta e le sue canzoni. Perché mi (ci ) piace così tanto e altre riflessioni sparse.

di Diego Perugini

Calcutta concerto di Verona (Giuseppe Maffia)

Con Calcutta m’è capitata una cosa strana, inusuale, che non mi succedeva da tempo immemore: innamorarmi di una canzone. Un giorno, quasi per caso, sul web mi sono imbattuto in “Orgasmo”. Video di romanticismo quotidiano, situazione cinematografica, melodia struggente, parole non banali. “E’ un sacco che non te la prendi/è un sacco che non mi offendi/e che non sputi allo specchio per lavarti la faccia”. Non riuscivo a smettere d’ascoltarla, me la sono addirittura salvata sullo smartphone, neanche fossi un adolescente in fregola invece che un ultracinquantenne con alle spalle stagioni e stagioni di rock e dintorni. E mi sentivo un po’ rincoglionito, lo confesso.

Fino all’arrivo di “Pesto”, che ho atteso sin anche con un filo d’ansia. Sicuramente sarà una delusione, mi dicevo. E all’inizio, infatti, ci sono rimasto un po’ così. “Esco o non esco?/fuori è caldo ma è normale ad agosto” fino a quel “Ueee deficiente” del ritornello. No, non è all’altezza di “Orgasmo”, lo sapevo. Ma già al secondo ascolto vacillavo e cambiavo idea, complice un altro video semplice e ad effetto. Quindi, “Paracetamolo”, stesso discorso. Primo ascolto deludente, poi crescita costante e inarrestabile, con citazione di merito per l’“incipit” geniale (“Lo sai che la Tachipirina 500 se ne prendi due diventa 1000”) e quel “ponte” sospeso e poetico (“Canto di gabbiano dentro la mia mano…”).

Le canzoni di “Evergreen”, l’ultimo album

Infine, il disco completo, “Evergreen”, una mezz’oretta di pop d’autore del nuovo millennio. Mi è molto piaciuto. Non tutto al top, forse, ma ci sono alcuni pezzi memorabili. Come “Briciole”, uno dei miei favoriti, dove ci ritrovi la tradizione dei cantautori italiani anni 60 e arrangiamenti che rimandano alla lezione di Brian Wilson. O “Dario Hubner”, struggente riflessione sul tempo sottratto agli affetti veri. Ma anche la psichedelia circense di “Rai” e la vena più rock, quasi battistiana, di “Kiwi” con un altro intrigante passaggio nel ritornello (“Mondo cane, tu fatti gli affari tuoi”).

Il segreto di Calcutta. Ma perché mi (ci) piace così tanto?

Ma qual è il segreto di Calcutta e perché mi (ci) piace così tanto? Probabilmente perché sa mescolare mondi diversi con grande abilità e spontaneità. A spulciare i suoi brani senti il peso di tanti ascolti del passato, dai già citati Battisti e Brian Wilson, sino a Dalla, Carboni, Venditti e così via, una sensibilità rétro mediata col gusto indie contemporaneo. Il tutto con un linguaggio semplice e immediato, fra immagini, guizzi verbali e giochi di parole inattesi e spesso sorprendenti. Niente di costruito o paludato, storie d’amore quotidiano raccontate sul filo di una malinconia latente. E vincente. In più ha una voce particolare, non bella in senso classico, ma perfetta per raccontare il suo mondo.

Calcutta, “Evergreen”, Bazzano 
Quattro chiacchiere con Calcutta

Siccome m’era piaciuto così tanto, ho voluto incontrarlo. Su di lui ne avevo lette tante, che era scontroso, laconico, scostante. Chissà… Dopo un paio di settimane di mail col suo manager, fisso finalmente un’intervista per “Metro”, il free press con cui collaboro. E mi ritrovo davanti un ragazzo in calzoni corti e maglietta casual. E’ sulle difensive, ma si scioglie quando capisce di aver di fronte uno che del gossip se ne frega. E che, soprattutto, le sue canzoni le ha ascoltate per bene.

Gli chiedo del successo piombatogli addosso. Si schernisce, ma si capisce che è un po’ a disagio: “Mah, io cerco di fare le cose in maniera naturale, non rifletto molto su quel che accade. Non ci penso, ma vedo di tenere lontani i demoni dalla mia testa, a partire dalla pigrizia”.

Poi parla del disco: “In realtà doveva chiamarsi Classic, poi ho virato su Evergreen. Rappresenta il mio spirito rétro, amo gli anni 60, sono una fonte d’ispirazione. C’entra un po’ anche mio papà, che è musicista, suona cose napoletane classiche. A me piace la leggerezza, il gioco, ma in senso positivo, amo trovare un equilibrio di parole. Scrivo quando viene il momento giusto, ma ora sento di volere qualcosa di più. Vorrei parlare di cose meno contingenti, uscire dalle storie d’amore per affrontare argomenti più universali”.

Calcutta, “Evergreen”
Testi autobiografici. Tra romanticismo e malinconia

Nei testi tanta autobiografia, come in “Rai”, ispirata dal sofferto passaggio tv a “Quelli che il calcio”. Dove il nostro, a disagio nel clima goliardico della trasmissione, ha lasciato la scena in fretta, saltando a piè pari l’incombenza dell’intervista post-esibizione: “C’era un po’ di tensione, ma forse è anche un po’ colpa mia. Io non leggo i giornali, non guardo la tv, non so come ci si comporta in uno studio. E quella volta è andata così. Ma alla fine niente rancore, per me la Rai è come una nonna che ti vuole bene. Però, è vero, ho una paura fottuta dei giornalisti, non so mai bene come comportarmi. Per questo, a volte, dicono che sono scontroso, che non parlo. Dipende tutto dall’empatia che si crea con chi ho di fronte. Di te, per esempio, so che posso fidarmi. Sei venuto qui con una maglietta dei Beatles, si vede che lo fai per passione” dice indicando la mia t-shirt dedicata ai fab-four.

Sorrido e confermo. Gli dico che mi è piaciuta molto la sua “Dario Hubner”. E anche qui c’è della vita vissuta: “Ho letto un articolo su questo calciatore, che per star vicino alla moglie ha rinunciato a un ingaggio nella Premier inglese ed è rimasto a giocare in provincia. In un momento di malinconia mi ci sono rivisto: ero in giro per lavoro e stavo trascurando una persona importante. Per il futuro mi piacerebbe mettere un freno a questa vita vagabonda, magari sposarmi”.

Calcutta & Elisa

Alla fine mi confida persino di una storia d’amore a cui tiene molto, con tutti i dubbi, le paure e le speranze di quando sei all’inizio e non sai come andrà a finire. Glielo chiederò al nostro prossimo incontro, se mai accadrà. Intanto le cose gli vanno bene. I due live estivi negli stadi, il film “Tutti in piedi”, la canzone scritta per Elisa, “Se piovesse il tuo nome” (ora uscita anche in duetto, assai meglio). L’altra sera l’ho visto anche più disinvolto e ironico in tv nel programma di Fabio Fazio. E, da gennaio, il tour nei palazzetti. Ecco le date. Ci vediamo là?

Ed ecco il nuovo tour

17 gennaio 2019 – Ancona – PalaRossini (data zero)
19 gennaio 2019 – Padova – Kioene Arena
20 gennaio 2019 – Milano – Mediolanum Forum
21 gennaio 2019 – Milano – Mediolanum Forum
23 gennaio 2019 – Bologna – Unipol Arena
25 gennaio 2019 – Bari – Palaflorio
26 gennaio 2019 – Napoli – Palapartenope
5 febbraio 2019 – Roma – Palalottomatica
6 febbraio 2019 – Roma – Palalottomatica
9 febbraio 2019 – Acireale (Ct) – Palasport