Si parla di Musica! (e non solo)

Tag: festival (Pagina 1 di 2)

Angelina e il Sanremo che vorrei

Ha vinto Angelina Mango. E si chiude il ciclo di festival targati Amadeus. Qualche umile idea per un Sanremo migliore. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Alla fine ha vinto Angelina Mango, come da pronostico iniziale.

Un trionfo segnato da una polemica al foto finish (e mi pareva strano non arrivasse…) per i soliti complessi e un po’ oscuri meccanismi delle votazioni.

Per dirla in due parole: al televoto aveva vinto nettamente Geolier, poi stampa e radio hanno ribaltato il verdetto. Qui trovate una spiegazione più esaustiva.

Giusto? Sbagliato? Si apra l’ozioso dibattito.

Ma non è la prima volta che capita. Anzi. Qualcosa del genere accadde, tanti anni fa, con gli Avion Travel ai danni di Grandi e Morandi. E, molto più di recente, con Mahmood ai danni di Ultimo. Che, per la cronaca, si incazzò parecchio.

Verdetto giusto, comunque?

Boh. Non sono tipo da stilare classifiche e vergare pagelle, mica siamo più a scuola. E, poi, quelle le fanno già tutti, regalando spesso e volentieri voti altissimi. E, per quanto mi riguarda, assai discutibili.

Comunque, non appartengo al fan club della Mango, non ancora per lo meno. E, dirò un’eresia, ma la cumbia di “La noia” non mi entusiasma.

Neanche il tempo di andare in un negozio a Milano a provarmi un paio di jeans, che eccola arrivare in sottofondo a tormentarmi.

E temo siamo solo all’inizio. Ma la giovane Angelina ha grinta, entusiasmo, bella voce e acerbo talento. Potrà crescere. E, si spera, cantare anche cose migliori.

In quanto a tormentone non scherza nemmeno la terza arrivata Annalisa con la sua “Sinceramente”, parecchio orecchiabile e parecchio derivativa.

Il rischio di cadere già nel cliché è dietro l’angolo. Ma ha successo ed è il suo momento: come darle torto?

Geolier, secondo arrivato e grande sconfitto (si fa per dire), potrà consolarsi allargando ancora di più il suo già ampio bacino di pubblico.

Il suo pezzo non mi ha detto granché, forse perché sono un “boomer”. Ma è moderno, attuale, contemporaneo. Piace e piacerà.

Il resto, come sempre, lo diranno le questioni di streaming e passaggi radio. E i club, i palazzetti e gli stadi più o meno pieni. Lì si capirà il vero vincitore.

Ultime considerazioni.

Pare sia stato l’ultimo Sanremo targato Amadeus, giusto così. Come Pioli al Milan, pure Ama ha finito il suo ciclo all’Ariston.

Gli va riconosciuto il merito di aver riportato il festival ai fasti di un tempo. E di averlo svecchiato, negli artisti e nell’audience.

Ora non ci vanno più solo glorie d’antan o chi deve rilanciarsi, ma anche chi ha successo o, come si dice oggi, è di tendenza.

Perché Sanremo porta bene e regala popolarità in grande stile a chi lo sa sfruttare come si deve. E’ il palco più importante d’Italia, diretta espressione di quanto va forte fra streaming, radio e dintorni, e si fa di tutto per salirci e giocarsi le proprie carte.

E, cosa niente affatto trascurabile, gli ascolti e le classifiche premiano questa scelta. Ma non è tutto oro quel che luccica. Almeno per me.

Da qualche anno fatico a guardarlo e non riesco ad affezionarmi a un brano in particolare. Problema mio?

Forse. Ma mi sembra che la qualità media sia in fase calante. Meno “ciofeche”, ma anche meno pezzi memorabili. Tutto un po’ omologato nel nome di una bulimia di proposte quasi mai entusiasmanti.

Anche stavolta non ho trovato la mia canzone del cuore. Non mi sono dispiaciuti Ghali, Mahmood, Diodato.

La Bertè più che altro per la sua storia, un po’ Gazzelle e Rose Villain. Ma nessuna voglia di andare a riascoltarli. Sono troppo esigente? Mah.

Insomma, sarebbe ora di cambiare passo. Vedremo se davvero Ama mollerà il colpo e chi sarà il suo successore e quali scelte farà. Quanto a me, da umile spettatore e addetto ai lavori di lunga data, butto lì qualche idea.

Qual è il Sanremo che vorrei?

Beh, innanzitutto vorrei un festival più breve, tipo che si chiude ogni sera intorno a mezzanotte. E senza troppe divagazioni, siparietti, pubblicità più o meno occulte e ospitate che allungano il brodo e spezzano il ritmo della serata. O ti portano nei territori del kitsch più imbarazzante come nell’affaire Travolta.

E, poi, che senso ha fare cantare uno alle due di notte?

Il che significherebbe ridurre drasticamente il numero delle canzoni in gara. Quest’anno erano 30, molte delle quali prescindibili.

Troppe. Ne sceglierei una quindicina, ma con cura e attenzione alla qualità. Pescherei fra vari generi, senza badare solo a radio e streaming, limitando quei suoni urban, rap, trap e dintorni (uso dell’autotune incluso) che fanno sembrare tutto così uguale, tutto così omologato.

Amplierei la platea degli autori, perché se fai scrivere tutto o quasi ai soliti noti, ovvio che poi fatichi a distinguere le canzoni una dall’altra.

Sui meccanismi delle votazioni, invece, mollo il colpo. La partita rimane aperta e forse non si chiuderà mai. Anche perché la formula perfetta non esiste e ci sarà sempre qualcuno che prenderà male i verdetti.

E i cantanti in gara? Chi porterei all’Ariston?

Eh, no. Un po’ di pazienza. Prima fatemi diventare il nuovo direttore artistico.

E, poi, ne riparliamo.

Noi non ci Sa(n)remo

Sanremo 2024, si comincia. Domani parte l'ennesima edizione del festival. Le riflessioni di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Come ben si sa, domani inizia l’ennesima maratona di Sanremo. L’edizione numero 74. E anche quest’anno, come ormai da parecchio tempo, non ci andrò.

Perché non ho un editore che mi paghi le spese di trasferta e accollarmi tutto sul groppone, non mi pare una saggia idea. Anche visto i prezzi non proprio economici che girano in riviera.

So che in tanti, tantissimi, addetti ai lavori saranno lì comunque. Li vedo posare sorridenti sui social lungo il tragitto che li porta in città o, direttamente, davanti all’Ariston mostrando con orgoglio l’agognato pass, felici di stare laggiù.

Anzi sospetto pure che in parecchi si sobbarchino vitto, alloggio e trasporto pur di fare parte del grande circo. Mah. Contenti loro.

E non pensate che stia “rosicando”, parlando per invidia. Perché a me andare a Sanremo non è mai piaciuto. Se v’interessa sapere perché basta leggere un mio editorialino di qualche anno fa. Proprio qui.

In ogni caso, non sono fatti miei, quindi a ognuno il suo.

E non sarò nemmeno così snob da dire che non lo guarderò. In un modo o nell’altro ho visto il festival sin da bambino, quindi lo farò anche quest’anno.

Magari a spizzichi e bocconi, perché trenta canzoni in gara sono troppe e non ho voglia di fare le ore piccole ogni sera. C’è altro, converrete, da fare nella vita.

Anche solo alzarsi presto la mattina per lavoro o incombenze varie.

Ma veniamo alle canzoni: beh, non le ho ancora sentite.

Ho, però, letto i commenti della stampa e visto i voti alti, se non altissimi, generosamente dispensati. Sono curioso di vedere se collimano col mio (modesto) parere.

In tanti hanno parlato di “cassa dritta”, che per chi non è del mestiere significa molto ritmo, molta ballabilità. E meno, molte meno, canzoni “sanremesi”, cioè quelle ballate d’amore romantico che un tempo andavano forte al festival.

I bene informati dicono pure che, per questo, i brani si somiglino un po’ tutti. E, del resto, c’è poco da stupirsi visto che il giro degli autori è ristretto e alcuni di loro li troviamo firmare diversi dei pezzi in gara.

Insomma, pare che Amadeus abbia cambiato le regole del gioco e punti a un festival che sia diretta espressione di quanto oggi va forte fra streaming, radio e dintorni.

Ascolteremo e vedremo. Ma non ho aspettative altissime.

Confesso che in gara non c’è nessuno che mi scaldi veramente il cuore. L’unico è forse Gazzelle, che da sempre mi piace per la sua vena malinconico/romantica e che, da introverso quale è, immagino avrà delle difficoltà nel marasma di questi giorni.

Noto pure la mancanza delle classiche polemiche che da sempre animano il festival. Magari mi sono perso qualcosa, ma non ne trovo traccia.

I soliti idioti hanno provato a costruirne una su Angelina Mango e la sua scelta di cantare un pezzo del padre nella serata delle cover. Ma era talmente risibile da sciogliersi come neve al sole.

A proposito della giovane Angelina, in molti la danno come favorita assieme ad Alessandra Amoroso e Annalisa. E, chissà, dopo tanto tempo il festival potrebbe di nuovo tingersi di rosa.

In ogni caso, in bocca al lupo a tutti!

Villa Arconati. E sono 35!

Suzanne Vega sarà al festival di Villa Arconati il 12 luglio. La rassegna ospiterà anche Andrea Pennacchi. Elio, Natalie Imbruglia e altri.
Suzanne Vega, in concerto il 12 luglio al Festival di Villa Arconati

Non solo mega-raduni rock e concerti negli stadi. Tra Milano e dintorni esistono (per fortuna) anche realtà più piccole e a misura d’uomo (anche nei prezzi).

E’ il caso del festival di Villa Arconati, che esiste (e resiste) da lungo tempo, e quest’anno raggiunge l’edizione numero 35.

Lo scenario è di quelli suggestivi, una magione d’altri tempi immersa nel verde, poco lontano dalla grande città eppure foriera di pace e tranquillità.

Ed è già questo un bel plus. Il calendario di quest’anno gioca su vari campi, con la musica protagonista ma con qualche variazione sul tema.

Per esempio, proprio la serata inaugurale, mercoledì 28, dove sarà di scena Andrea Pennacchi con “Poiana e i suoi fratelli”, più volte visto sul piccolo schermo a “Propaganda Live”.

Seguirà, domenica 2 luglio, un concerto per “solo” piano all’alba di Fabrizio Grecchi alle prese col repertorio immortale dei Beatles.

Altro pianista, altro regalo: il 4 luglio arriva Raphael Gualazzi col suo pimpante stile fra jazz e pop.

A seguire, il 5, una diva pop anni ‘90 come Natalie Imbruglia, che ricordiamo per hit come “Torn”.

Il 10 arriverà Elio con “Ci vuole Orecchio”, ovvero Elio canta e recita Jannacci, un omaggio sentito e ispirato.

Il 12, forse il momento più alto, il ritorno di una cantautrice doc come la newyorchese Suzanne Vega, fra folk, pop e sperimentazioni assortite.

Chiusura il 13 con i Too Many Zooz, anche loro da NY, un trio dal suono contaminato e trascinante, fra jazz, afro, funk, latin e house.

E’ tempo di I-Days!

Liam Gallagher è uno dei protagonisti degli I-Day Milano Coca-Cola, che iniziano oggi. Nel cast anche Florence + The Machine, Rosalìa, Travis Scott, Paolo Nutini, RHCP e altri.

E’ probabilmente il festival più importante dell’area milanese, quanto meno a livello di numeri e di nomi. E non a caso si parla di oltre 300mila biglietti venduti.

Cominciano oggi gli I-Days Milano Coca-Cola, con un cast abbondante e molto virato sul rock, ma non solo.

Il primo weekend ospiterà stasera all’Ippodromo Snai San Siro il concerto già “tutto esaurito” di Florence + The Machine, guidati dalla suggestiva voce di Florence Welch, preceduti da Foals e Sudan Archives.

Domani sarà il turno di un’altra stella al femminile, più giovane e contemporanea, la spagnola Rosalìa, per un evento che mescolerà musica, moda e costume. Prima di lei altre signorine: Tinashe, Yendry e Clara.

Sabato vedrà come headliner il bravo Paolo Nutini, cantautore scozzese fra rock, blues, soul e folk. In apertura i campioni dell’alternative newyorchese Interpol e i baldi perugini Fast Animals and Slow Kids.

Da venerdì 30 giugno il palco degli I-Days si sposterà all’Ippodromo Snai La Maura per una notte rap con la superstar Travis Scott, preceduto da Capo Plaza e Ava. Ed è già tutto esaurito (80mila biglietti finiti in poco tempo).

Sabato si torna al rock con due headliner di rango: l’ex Oasis Liam Gallagher e gli americani The Black Keys (in apertura Nothing but Thieves).

Domenica bella tosta con l’unica data italiana dei RHCP, preceduti da Skunk Anansie, Primal Scream e Studio Murena.

A chiudere l’edizione 2023 degli I-Days Milano Coca-Cola, sabato 15 luglio, saranno gli inglesi Arctic Monkeys, che divideranno il palco con The Hives, Willie J Healey e Omini.

“La prima estate”, secondo atto

Unica data italiana dei Jamiroquai, il 24 giugno al festival "La bella estate" a Lido di Camaiore. Nel cast anche Bon Iver, Nas, Dardust, Alt-J e tanti altri.

Coi primi caldi in avvicinamento, ecco tornare la lieta macchina da guerra dei festival. Tanti e per tutti i gusti sparsi per la penisola.

Dopodomani, 16 giugno, torna “La prima estate”, dopo il fortunato debutto dello scorso anno. E’ una rassegna un po’ diversa, che non rincorre i nomi da stadio né gli idoli giovanili, ma ospita un cast selezionato ed eclettico.

Lo scenario è quello della Versilia, Lido di Camaiore, storico luogo di relax e divertimento, con l’idea di far diventare la cittadina toscana un grande villaggio in cui il pubblico potrà abbandonare l’auto e avere hotel, ombrellone e concerti a pochi metri di distanza.

Non a caso il motto è “Più che un Festival, una Vacanza”.

Per chi potrà allontanarsi da città, lavoro e impegni familiari saranno, quindi, due weekend pieni di musica e iniziative collaterali (yoga, lezioni di surf, bicicletta, incontri con gli artisti, enogastronomia…) all’interno del parco BussolaDomani e nelle zone adiacenti, spiaggia inclusa.

Ma veniamo alla ciccia, cioè il cartellone.

Si comincia venerdì con rap e hip hop, un piccolo festival nel festival: quattro stili e voci diverse, passando da New York a Napoli in una manciata di ore. Protagonisti Nas, Bassi Maestro, Noyz Narcos e Geolier.

Sabato 17 serata indie con i (giustamente) celebrati Bon Iver di Justin Vernon, preceduti dai morbidi norvegesi Kings of Convenience, Japanese Breakfast e Guinevere.

Domenica chiusura all’insegna dell’elettronica con Dardust e il suo Electronic Set – Left Hemisphere, assieme a Nation of Language ed Elasi.

Il secondo weekend si apre venerdì 23 giugno con l’alternative rock degli Alt-J e le contaminazioni stilistiche di Chet Faker, Just Mustard, di DOMi e JD Beck.

Funk e soul saranno al centro della serata di sabato 24 giugno con l’unica data italiana dei Jamiroquai. Ma in scaletta ci saranno anche Nu Genea, Studio Murena e Bruno Belissimo.

Gran finale, domenica 25 giugno, col set in esclusiva per l’Italia di Metro Boomin, famoso producer e beatmaker della nuova musica urban. Sul palco anche la giovane rapper BigMama, l’elvetica Ele A e la cantante, cantautrice e produttrice italo-messicana Bu Cuaron.

Sanremo, l’importante è esagerare

Sanremo, l'importante è esagerare. Da sempre il festival vive come in un'altra dimensione. Dove l'eccesso è la regola. Intanto il super-favorito Mengoni guida la classifica.

Una delle cose che mi ha sempre colpito di Sanremo è l’eccesso.

In quella settimana tutto è esagerato: in città si respira un delirante clima di divismo d’altri tempi, con la gente che si accalca sulle transenne e va a caccia di autografi (una volta) e selfie (ora).

Per non dire delle mille e una iniziative collaterali, fra feste, presentazioni, concertini. Quest’anno c’è pure la nave ormeggiata e un palco esterno per i live.

Lo spettacolo televisivo, poi, è infarcito come un kebab di quelli tosti: c’è di tutto e di più. Ma non sempre è gustoso, soprattutto quando vai per le lunghissime e ci piazzi dentro un mare infinito di pubblicità.

I media, poi, ci danno dentro.

La sala stampa aumenta ogni anno di nuovi cronisti o presunti tali. Lo spazio sui giornali è sempre ampio, così come il numero degli inviati. Anche se ora credo siano web e social a fare la parte del leone.

Tutti (si fa per dire) si sentono in dovere di stilare le proprie pagelle, fornire la propria versione, farsi vedere, distinguersi dalla massa.

Dare il resoconto minuto per minuto più figo, originale, controcorrente e, ca va sans dire, senza filtri.

Il risultato è un’overdose autoreferenziale di notizie, video, interviste, foto e arzigogoli vari.

Uno sforzo imponente, un impiego (uno spreco?) di soldi, tempo ed energie che, per forza di cose, lascerà il tempo che trova.

Assieme alle polemiche che da sempre montano e poi si sgonfiano in un attimo. Spesso risibili.

Come il gossip sul fantomatico litigio fra Oxa e Madame, che ha mandato in agitazione organizzatori, entourage e sala stampa (sic!).

Da qui alla fine, sabato, ci sarà tempo per altri exploit.

Intanto il super-favorito Mengoni guida la classifica davanti a Ultimo e al sorprendente Mr. Rain.

E stasera tocca a cover e duetti. Speriamo bene.

Sanremo 2023: Blanco superstar

Partito Sanremo 2023. Serata un po' moscetta, con Blanco che spariglia le carte. Le canzoni? Così così. Però bene Mengoni ed Elodie. Il commento di mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Spiace dirlo, ma l’unica cosa che mi ha svegliato dal torpore sanremese è stata la follia di Blanco. Che ha rovinato l’idillio di fiori e canzoni con un gesto dirompente. Anzi, di rottura nel vero senso della parola.

Una mossa punk, una deriva situazionista o, per dirla più terra terra, una solenne cazzata. Condannata all’unanimità dalla sala dell’Ariston come dai salotti delle case degli italiani (inclusa mia zia Mirella, 81 anni, scandalizzata). E, naturalmente, dai social impazziti.

Non so se, come azzardano i soliti meglio informati, fosse davvero tutto preparato. Ovvero soltanto un furbo e bieco siparietto per far parlare ancora di più di questo Sanremo 2023. Come se tutto quel che leggiamo/vediamo non fosse già abbastanza. Mah.

Intanto il video è diventato subito virale candidandosi a successore del “Dov’è Bugo?” di morganiana memoria. Così è, se vi pare.

E le canzoni? Poca roba da mandare a memoria.

Anna Oxa pretenziosa, Ultimo e Mr. Rain citazionisti di se stessi, Grignani sopra le righe (ma il testo non è male). Coma_Cose più seriosi del solito, Colla Zio simpaticamente casinari, Ariete ha fatto di meglio.

I Cugini di Campagna sono trash solo nel look, un po’ impacciati in un pezzo a loro poco congeniale.

Spicca Mengoni, non tanto per il brano (niente di che), ma per voce e interpretazione superiore una spanna agli altri.

Brilla pure Elodie, che sa tenere il palco e anima una canzoncina leggera già in odore di tormentone. Ma sì, quasi quasi ora tifo per lei.

E il resto? I super-ospiti Pooh ci possono anche stare, però quel Facchinetti lì sempre e comunque a sparare con l’ugola non si può proprio sentire.

Come non si possono sentire i monologhi. Non so a voi, ma a me hanno fatto venire venire l’orchite.

E ho detto tutto.

Sanremo sì, Sanremo no

Ci siamo. O quasi. Martedì parte Sanremo 2023. Piccole riflessioni della vigilia di un (quasi ex) addetto ai lavori. Su mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Come tutti sapete, martedì comincia Sanremo 2023.
“E chi se ne frega”, potrebbe essere una buona risposta, rimembrando la storica rubrica del settimanale satirico “Cuore”, una vita fa.

Del resto il festival rimane divisivo: da una parte gli entusiasti a priori, dall’altra gli instancabili detrattori. Io, come spesso capita, sto nel mezzo.
Non mi piace, ma lo vedo lo stesso. Per curiosità, affetto, come fenomeno di costume.

Lo seguo, ancora bambino, da fine anni Sessanta, più avanti anche da addetto ai lavori, ora come spettatore disincantato. Che non commenta sui social né si perde dietro le inevitabili polemiche. E, anzi, si prende la libertà anche di schiacciare un pisolino, staccare la spina quando si fa troppo tardi, seguire a spizzichi e bocconi. E non pensarci più di tanto se su un altro canale c’è un bel film o una partita del Milan.

Farò così anche quest’anno.
Sanremo 2023 s’annuncia come l’ennesimo calderone pieno zeppo di cose, che fa presagire trasmissioni tirate fino a notte fonda. Ecco, fosse per me asciugherei tutto.

Basta siparietti, intrattenitori, sportivi, comici, attori, politici, ospiti di qui e ospiti di là. Cioè quei momenti che mi fanno subito scattare la corsa al telecomando. Lascerei solo qualche super-ospite musicale (ma che lo sia davvero) e stop.

Ma so che la mia è una pia illusione e si proseguirà con le solite micidiali maratone alla “Non si uccidono così anche i cavalli?” per questioni economiche, di sponsor e via dicendo.

E le canzoni? Non le ho ancora ascoltate, lo farò strada facendo come i comuni mortali. Non mi aspetto capolavori, spero in qualche brano sopra la media.

Il cast, come ho spiegato in altro post, è un mix per accontentare un po’ tutti, ragazzini, adulti e nonni. Con una serata cover con una marea di nomi illustri per un gigantesco karaoke collettivo.

Piaccia o meno, c’è da ammettere che Amadeus (e qualcun altro prima di lui) ha riportato il festival ai fasti di un tempo. Ora non ci vanno più solo vecchie glorie o chi deve rilanciarsi, ma anche chi ha successo o, come si dice oggi, è di tendenza.

Perché Sanremo porta bene, basti pensare alla popolarità in grande stile regalata a Dimartino e Colapesce, Coma Cose, La Rappresentante di Lista, Pinguini Tattici Nucleari e, ca va sans dire, Maneskin.

Vedremo cosa capiterà quest’anno.
E se proprio non ce la fate, buttate un occhio al mio Angolo del Cinefilo: ci sono tanti consigli per godersi un buon film.

Alla faccia di Sanremo.

“La prima estate”, un festival diverso

Debutterà a fine giugno a Lido di Camaiore "La prima estate". Un festival diverso e ambizioso, meno mainstream e più di culto. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Tempo di ripartenze e nuove avventure, anche nei live.

S’appresta al debutto “La prima estate”, un festival diverso in quel di Lido di Camaiore, dal 21 al 26 giugno.

Diverso perché il cartellone non ospiterà nomi eclatanti in fatto di popolarità, né idoli giovanili, ma per lo più artisti di nicchia, con particolare attenzione alle pulsioni della multiforme scena elettronica.

Il tutto in un luogo, il “parco BussolaDomani”, dove un tempo sorgeva lo storico teatro tenda, in cui in passato si sono esibiti Mina e tanti altri big.

Ma non solo. Gli spettatori potranno vivere il territorio grazie a esperienze legate a sport, natura ed enogastronomia organizzate dal festival.

L’ambizione degli organizzatori, D’Alessandro & Galli, è quella di far diventare la cittadina toscana un grande villaggio in cui il pubblico potrà abbandonare l’auto e avere hotel, ombrellone e concerti a pochi metri di distanza.

Non a caso il motto della rassegna è “Più che un Festival, una Vacanza”. Funzionerà? Vedremo.

Il cast è eclettico: si spazierà dall’alternative rock dei The National all’electro dance di Jamie xx e Bonobo, dall’hip hop di Anderson .Paak & The Free National a proposte italiane di tendenza come Cosmo, LRDL, Giorgio Poi e Frah Quintale.

Unica concessione al mainstream è la presenza dei Duran Duran, in una serata che li vedrà preceduti dai BluVertigo (ci scapperà anche una jam insieme?).

E, dopo i concerti, la notte proseguirà con vari dj set nei club della zona.

Qui trovate info, aggiornamenti e biglietti.

Il programma:

Martedì 21 giugno: The National, Courntey Barnett, Giorgio Poi, Él Mató a un Policía Motorizado.

Mercoledì 22 giugno: Bonobo, La Rappresentante di Lista, Beadadoobee, L’Impératrice.

Giovedì 23 giugno: Duran Duran, BluVertigo, Easy Life, Sophie and the Giants, Corasan ft. Niccolò Cesaneli.

Venerdì 24 giugno: Anderson .Paak & the Free Nationals, Frah Quintale, Joan Thiele, LNDFK.

Sabato 25 giugno: Jamie xx, Cosmo, MACE, Ginevra.

Domenica 26 giugno: Kaytranada, Jungle, Badbadnotgood, Selton.

Ciao ciao, Sanremo 2022

Ciao ciao, Sanremo 2022. Finisce il festival e vincono, come da pronostico, Mahmood & Blanco. Il commento di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Alla fine il pronostico viene rispettato: vincono Mahmood & Blanco, seconda Elisa e terzo Morandi. Un verdetto salomonico, che come ha detto scherzosamente il Gianni nazionale mette in fila tre generazioni diverse: i giovani, quelli di mezzo e i vecchi. Dove i giovani sono, ovviamente, rappresentati da lui.

Battute a parte, un verdetto che, tutto sommato, ci sta. E riporta Sanremo in un solco più tradizionale dopo l’edizione “di rottura” (in ogni senso) coi Maneskin. Vincono due ballate abbastanza classiche, ben scritte e ben eseguite, semmai un po’ a rischio leziosità. E, infatti, confesso che, dopo qualche ascolto, mi hanno già stufato.

Mahmood & Blanco (soprattutto quest’ultimo) hanno goduto del favore del pubblico più giovane che non ha mancato di sostenerli. In più ben si inseriscono nel filone “gender fluid” oggi tanto in voga, che anche quest’anno sul palco dell’Ariston ha portato vari artisti.


Elisa ha fatto il suo, non è arrivata prima ma ha dimostrato ancora una volta di avere classe e talento. Morandi, complice l’amico Jovanotti, vola sul podio col pezzo più allegro dei tre, una positiva ventata di buone vibrazioni. E un ritornello che ti resta in testa. Chissà, forse è davvero lui il più giovane del lotto (per lo meno nell’animo).


Per il resto non è stato un Sanremo di quelli memorabili. Ma qualcosa che sta nel mezzo. E, mirabile dictu, per una volta senza polemiche e incazzature assortite.


Non ho trovato canzoni da mandare alla storia, ma nemmeno enormi ciofeche (sì, forse un paio, giustamente relegate a fondo classifica). Mi hanno divertito Dargen D’Amico e LRDL, che sotto la scorza danzerina raccontano il nostro tempo di libertà sacrificate. E mi ha divertito pure la strana coppia Ditonellapiaga e Rettore, edonista e caciarona.

Cresce col tempo e gli ascolti la canzone di Giovanni Truppi, tipo coerente e alieno ai compromessi (anche nel vezzo di non rinunciare alla canotta d’ordinanza). I grandi vecchi Zanicchi e Ranieri alla fine ne escono bene, forti di carisma e statura ineccepibili.

Ridimensionati, invece, Rkomi, campione di classifiche e streaming, che qui non sfonda; e, soprattutto, Lauro, troppo autoreferenziale e ripetitivo.

Matteo Romano è un talentino da tenere d’occhio, mentre Sangiovanni si conferma idolo per le teenager e Irama pure (ma con qualche velleità in più).

Ho dimenticato qualcuno? Probabilmente sì. Vuol dire che non mi è arrivato o non mi è proprio piaciuto. Spiace.


Come sempre, adesso toccherà a vendite, streaming, visualizzazioni e live (si spera) dire l’ultima parola. Al prossimo festival, insomma.

Sanremo 2022, ciao ciao.

« Articoli meno recenti