di Diego Perugini

Provo un certo affetto per i Cranberries. Non fosse altro perché su di loro ho scritto il mio primo e unico libro, tanti anni fa. Un volumetto commissionatomi intorno al 1996 dal buon Claudio Todesco, che allora lavorava per Arcana, da far uscire più o meno in contemporanea col terzo disco della band irlandese, “To The Faithful Departed”. Ci avevo messo impegno nel redarre quelle pagine, anche perché all’epoca non c’era Internet e si doveva sudare per trovare le fonti giuste. Ma tant’è.

Cranberries di Diego Perugini (Arcana editrice)
Cranberries di Diego Perugini (Arcana editrice)

Poi ho incrociato più volte la mia strada giornalistica col gruppo e Dolores, in particolare. Dei suoi problemi si leggeva un po’ ovunque, e ogni volta mi chiedevo come sarebbe andata l’intervista. Sarò stato anche fortunato, ma conservo bei ricordi. Tipo una volta, nel tardo pomeriggio in un hotel milanese, quando cartina d’Irlanda alla mano ho chiesto loro di farmi un itinerario esclusivo dei must da visitare sull’isola di Smeraldo. Oppure il mio ultimo incontro con Dolores, in una calda mattinata meneghina, tavolino all’aperto e chiacchiere in libertà. Era l’epoca di “No Baggage”, disco solista, a cui sarebbe seguita la reunion del gruppo. L’avevo trovata magra, come al solito, ma anche più serena, pacificata con sé e col mondo. Le cose, poi, sono andate come sapete. Dolores è scomparsa improvvisamente il 15 gennaio 2018, lasciandomi col classico amaro in bocca, come capita in casi assurdi come questi.

Tra qualche giorno, il 26 aprile, uscirà “In The End”, l’ultimo disco d’inediti dei Cranberries. Non ce ne sarà un altro, garantiscono i tre superstiti della band, che ho incontrato giorni fa a Milano (qui il mio breve report su Metro). Hanno lavorato sodo su provini realizzati a partire dal 2017 con l’obiettivo di rendere onore ai Cranberries e alla figura di Dolores. Diciamolo subito: ci sono riusciti. Perché ci si accorge subito che l’album non è la classica opera postuma raffazzonata e buttata fuori per racimolare un po’ di soldi.

"In The End", l'ultimo album dei Cranberries
“In The End”, l’ultimo album dei Cranberries

E’ un buon lavoro, che si ricollega agli inizi della band, al suono anni Novanta, alle chitarre un po’ alla Smiths. E c’è Dolores che canta alla grande, più matura e meno pirotecnica, senza troppi gorgheggi e arzigogoli vari. Canzoni semplici, lineari, alla vecchia maniera, mentre i testi (brevi e immediati) raccontano per lo più di amori malinconici, fra rimpianto e nostalgia, con rari raggi di sole all’orizzonte. Probabile specchio del periodo difficile di Dolores, fra divorzio e problemi assortiti.

Ci sono il rockeggiante singolo “All Over Now”, le drammatiche “Lost” e “Wake Me Up When It’s Over”, l’incalzante “Catch Me If You Can”, fra archi e controcanti. E, ancora, le orecchiabili “Got It” e “Crazy Heart”, la dolcezza di “Summer Song” e “Illusion”. Fino alla chiusura struggente di “In The End”, ballata folk-pop sulla stranezza della vita, di quello che vuoi e quello che “alla fine” invece ti dà.