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Tag: jazz

Torna JazzMi!

Non solo Sfera Ebbasta, Alvaro Soler e i Negramaro. La settimana musicale milanese vede anche (e per fortuna) il ritorno di una delle rassegne più amate e frequentate, “JazzMi”, giunta alla settima edizione.

Dal 29 settembre al 9 ottobre andrà in scena una grande festa nel nome del jazz, dal centro alle periferie fino ai Comuni fuori città, con oltre 200 eventi diffusi e circa 500 artisti coinvolti, fra concerti, incontri, mostre, film, libri, arte, progetti speciali, laboratori e altro ancora.


L’idea alla base rimane quella di offrire occasioni di incontro, condivisione e arricchimento, ancor più necessarie di questi tempi difficili, attraverso una musica, il jazz, da sempre simbolo di integrazione tra culture e di armonia tra musicisti e appassionati di tutto il mondo.

L’intento, ancora una volta, è quello di trasformare Milano in “capitale del jazz”, almeno per una decina di giorni.

Il cartellone è molto ampio (trovate tutto qui) e propone un’ottantina di spettacoli gratuiti e tanti altri a pagamento, cercando di restituire un’idea delle tante sfaccettature e contaminazioni del jazz contemporaneo.


Due saranno i due poli principali, La Triennale e il Blue Note, ma saranno coinvolti quaranta spazi cittadini e altri luoghi.


Qualche nome? Dalla coppia creativa Uri Caine & Theo Bleckmann al cult anni ’80 Matt Bianco fino allo strano incontro fra il maestro Enrico Rava e il paladino dell’elettronica Christian Fennesz.

Ma ci saranno anche Venerus, Raphael Gualazzi, The Cinematic Orchestra, Paolo Fresu con un tributo a Bowie, Paolo Tomelleri, Avishai Cohen, Artchipel Orchestra e molti altri.


Come si usa dire, c’è solo l’imbarazzo della scelta. A voi!

Artchipel Orchestra & Jonathan Coe in concerto

Artchipel Orchestra & Jonathan Coe in concerto. Una collaborazione intrigante al teatro Fontana nella giornata internazionale del jazz
Jonathan_Coe e Artchipel Orchestra © Roberto Priolo

Ogni tanto è bello uscire dalla propria comfort zone e cercare altre sensazioni. Diverse.

Così l’altra sera, complice la giornata internazionale del jazz, sono andato al teatro Fontana, in pieno quartiere Isola, per ascoltare un concerto particolare prodotto da AHUM.


Sulla scena un ensemble meneghino folto e affiatato, l’Artchipel Orchestra, diretto da Ferdinando Faraò, alle prese con alcune composizioni di Jonathan Coe.


No, non è un caso di omonimia: si tratta proprio dello scrittore di “La famiglia Winshaw” e “La banda dei brocchi”, brillanti libri che all’epoca lessi con piacere.

Ma forse non tutti sanno che Coe è pure un appassionato di musica, ha suonato in alcuni gruppi, ha studiato piano jazz e composto una buona collezione di di brani.

“E fino adesso nessuno ha mai voluto suonarli”, ironizza lui con classico humour inglese.


L’incontro con Faraò e soci, avvenuto qualche anno fa per una serie di fortunate coincidenze, ha dato vita a una collaborazione intrigante e gradevole anche per un pubblico di non addetti ai lavori.

Perché gli strumentali di Coe (arricchiti in concerto da un paio di efficaci voci femminili), sono piacevoli e non troppo contorti, con uno spiccato gusto melodico e un suono che mescola jazz, rock, funk, progressive e altro ancora.

Il resto lo fanno i componenti del gruppo, con una ricca sezione fiati, un forte impianto percussivo, assoli e improvvisazioni in libertà.

Pochi i brani in scaletta, ma lunghi e ben sviluppati, abilmente riletti in chiave orchestrale.

E il famoso scrittore?

Se ne sta su un lato del palco, pantaloni scuri e camicia bianca, chino, concentrato e soddisfatto sulla sua tastiera.

E, alla fine, si gode l’ultimo bis in platea, mentre la cantante Serena Ferrara coinvolge il pubblico con controcanti vocali e l’orchestra, lentamente, esce di scena.

Bella serata.

“Sylvie’s Love”, una storia d’amore sotto le stelle del jazz

Se avete voglia di una bella botta di romanticismo, condita da un’innaffiata di buon vecchio jazz, allora mettetevi tranquilli davanti al piccolo (ahimè) schermo e godetevi le due orette di “Sylvie’s Love”, disponibile su Amazon Prime Video.

Una storia d’amore, innanzitutto, appassionato e contrastato, con toni anche da melodramma, ma assolutamente coinvolgente, a patto di stare al gioco. Una storia di emancipazione, femminile e non solo, con protagonisti quasi tutti di colore.

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“Paolo Conte, Via con me” arriva al cinema

Arriva al cinema dal 28 al 30 settembre "Paolo Conte, Via con me", il docufilm di Giorgio Verdelli. Nella foto un curioso ritratto del cantautore astigiano ad opera di Guido Harari.
Paolo Conte, foto di Guido Harari

Se siete fan dell’avvocato astigiano (ma se anche non lo siete, va benissimo lo stesso) non perdetevi “Paolo Conte, Via con me”, che arriva al cinema per tre soli giorni, dal 28 al 30 settembre, dopo essere stato presentato alla mostra di Venezia. E’ quel che si dice un docufilm, che tratteggia la vita e le opere del grande cantautore mescolando ingredienti diversi.

Alla base c’è una lunga intervista del regista Giorgio Verdelli, in cui Conte racconta e si racconta, spaziando dagli inizi come trombonista “sotto le stelle del jazz” ai tanti pezzi composti per gli altri, dall’arte di scrivere canzoni al rapporto col successo, fino alle passioni private come pittura ed enigmistica.

Il tutto mescolato a varie testimonianze assortite, vecchie interviste, commenti, riflessioni. E, soprattutto, tanta musica. Con spezzoni di concerti di varie epoche, dal passato remoto ai giorni nostri, con titoli come “Sparring Partner”, “Bartali”, “Gli impermeabili” e l’immancabile “Via con me”.

PAOLO CONTE, VIA CON ME: Al cinema solo il 28, 29 e 30 settembre. Trailer

E’ una gran bella storia da ripercorrere, che il film racconta con la voce narrante di Luca Zingaretti e una vecchia Topolino amaranto che gira per campagne e città. E’ vero: per chi (come me) conosce abbastanza bene le vicende del Maestro, non ci sono particolari novità.

Ma è assai piacevole lasciarsi andare ai ricordi sul filo di melodie splendide e parole evocative di mondi lontani. E ritrovare episodi e concerti di cui sei stato testimone in prima persona.

Il film, del resto, è ben “cucito”, agiografico ma non troppo, e leggibile a più livelli, ricco di tanti momenti memorabili: dalle incursioni di Benigni al Premio Tenco al rapporto con Enzo Jannacci (che Conte riteneva e ritiene “il più grande”). Ne esce il ritratto di un genio bonariamente burbero, di poche parole e tanta sostanza, misterioso e affascinante. Le chic et le charme. Appunto.

Esce venerdì 2 ottobre la ristampa in edizione limitata “Crytal Clear Vinyl” del primo famoso album dal vivo di Paolo Conte: “CONCERTI”. Due LP, 12’’ 180 gr., per la prima volta pubblicati in vinile “cristallo”, per valorizzare ancora di più la qualità sonora originale.
Paolo Conte, ristampa in vinile di “Concerti”

p.s. Per i superfan segnalo l’uscita, venerdì 2 ottobre, della ristampa in edizione limitata “Crytal Clear Vinyl” del primo famoso album dal vivo di Paolo Conte: “Concerti”. Due LP, 12’’ 180 gr., per la prima volta pubblicati in vinile “cristallo”, per valorizzare ancora di più la qualità sonora originale.

Bryan Ferry, “Bitter-Sweet”

Un gioiellino jazzato dalla voce di velluto dei Roxy Music. Fuori dal tempo e dalle mode. Per un ascolto piacevolissimo.

di Diego Perugini

Il nuovo album di Bryan Ferry, “Bitter-Sweet”

 In questo tempo di Mengoni, Ramazzotti, Pausini, Antonacci, X Factor e compagnia poppante, passa praticamente inosservato “Bitter-Sweet”, il nuovo album di Bryan Ferry.  Sì, proprio l’ex leader dei Roxy Music, il dandy per eccellenza, la voce di velluto di tanti classici di rock e dintorni. Nonché uno dei massimi interpreti di cover, uno dei pochi capaci di rileggere con classe sopraffina successi di ieri e di oggi.

A dirla tutta, una qualche scusante per questo totale disinteresse dei media (almeno in Italia) c’è. Perché non si tratta di un vero e proprio nuovo disco. Innanzitutto è attribuito a Bryan Ferry and his Orchestra, ensemble con cui il nostro aveva inciso nel 2012 “The Jazz Age”, un lavoro strumentale con curiose riletture delle sue hit in chiave jazz anni ’20 con tanto di suoni gracchianti e tripudio di fiati. “Bitter-Sweet” torna su quelle atmosfere, con l’aggiunta però (in otto brani su 13) della sua sempre magica voce, un po’ arrochita dal tempo e dall’usura.

Ispirato dalla serie tv “Babylon Berlin”, a cui ha collaborato, Bryan rilegge famosi titoli dei Roxy e dei suoi lavori solisti saltabeccando fra ragtime, blues e jazz. Archeologia musicale? Niente affatto.  Di certo qualcosa di diverso, straniante. Un gusto rétro, che però non è bieca nostalgia o banale riproposizione di antichi stilemi, ma ricerca di altre dimensioni. E’ chiaro che Ferry adora quei suoni e quell’epoca, ma sa darne una personale visione applicata alla sua musica. E così i brani acquistano un altro vestito, elegante ed evocativo, così old fashion da risultare per certi versi attualissimo.

Ecco “Zamba”, per esempio, da “Bête Noire”, lenta e sussurata, con archi in evidenza e un mood malinconico,mentre “Reason Or Rhyme”, uno dei suoi recenti gioielli, è più incalzante, con una tromba d’antan in evidenza. “New Town” ha un godibile sviluppo charleston con la voce di Ferry sdoppiata, mentre “Chance Meeting”, da un lontano disco solista del ’76, è uno dei momenti migliori, con una bella coda swingante finale. Qualcosa di diverso, ripeto. Fuori dagli schemi, dal tempo e dalle mode. E, cosa non trascurabile, un ascolto piacevolissimo.