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“Dallamericaruso – Il concerto perduto”

Ancora pochi giorni e nei cinema uscirà "Dallamericaruso - Il concerto perduto", docu-film che immortala il live newyorchese di Dalla nel 1986. L'anteprima di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

E’ un bel viaggio nel tempo. Un tuffo dove l’acqua è più blu, tanto per citare un altro Lucio leggendario.

Fatto sta che vedere “Dallamericaruso – Il concerto perduto” è davvero una sorta di ritorno al futuro, anche solo per un paio d’ore passate al cinema.

Il film documentario in 4 k, diretto da Walter Veltroni e prodotto da Nexo Digital e Sony Music, sarà nelle sale dal 21 al 23 novembre , con una proiezione speciale il 19 alle 11 al Pop Up di Bologna con ospiti il regista e gli amici di Dalla.

Sul grande schermo ritroviamo le riprese integrali, curate da Ambrogio Lo Giudice, del concerto al Village Gate di New York nel 1986. Un concerto perduto e ritrovato in maniera fortuita da un collezionista presso un rigattiere, quindi tirato a lucido e rimasterizzato grazie ai miracoli della tecnologia moderna.

Il film è diviso in due parti.

La prima racconta la genesi di “Caruso”, l’inedito che mancava al disco originale. Un brano, forse il più noto di Dalla, nato per uno strano scherzo del destino, con la barca in panne nel golfo di Sorrento e l’artista costretto a fermarsi in un lussuoso hotel locale.

Per combinazione gli venne data proprio la stanza che fu del grande tenore e da lì il magico gioco dell’ispirazione fece il resto.

Veltroni torna sul “luogo del delitto” con i testimoni d’epoca (la cantante Angela Baraldi in primis) e rievoca in modo romantico/nostalgico la suggestiva vicenda.

Poi, col trait d’union di una scena emblematica di “La leggenda del pianista sull’oceano” di Tornatore, si passa al sogno americano, un live in un piccolo e nobile club, dove già s’erano esibiti jazzisti fuoriclasse. E comincia la festa.

Lucio e la band sono carichi, giovani e pimpanti. E il repertorio è di quelli immortali, incentrato per lo più sui due album best-seller di fine ‘70. I titoli sono storici: “L’ultima luna”, “La sera dei miracoli”, “Stella di mare”, “L’anno che verrà” e via così.

Il bello è vedere il divertimento sul palco: il gruppo ci dà dentro con vigore, mentre Lucio improvvisa, gioca con la voce, cambia o dimentica le parole.

Le canzoni sono quelle, ma gli arrangiamenti sono più liberi e selvaggi, il che è un valore aggiunto da non sottovalutare. Complice un audio sorprendentemente buono, se si pensa all’età non proprio verde delle registrazioni.

Insomma, sei lì sulla sedia e ti vien voglia di cantare.

Che, poi, è quello che Veltroni si augura: cinema pieni di fan, vecchi e nuovi, tutti insieme appassionatamente in un festoso karaoke.

A riscoprire, se ce n’era bisogno, un repertorio ancora maledettamente attuale, a cui negli anni in tanti (troppi?) si sono abbeverati in abbondanza.

Ma senza mai, naturalmente, eguagliare l’originale.

p.s. Il concerto sarà disponibile in un album, “Dallamericaruso – Live at Village Gate, New York 23/03/1986” (Sony Music), da lunedì 20 novembre in digitale e dall’1 dicembre in formato doppio cd, doppio vinile nero, lp in versione colorata (in esclusiva per il Sony Music Store) e in Dolby Atmos.

80 anni di Lucio? No, grazie

Le celebrazioni per gli ottant'anni (virtuali) di Lucio Battisti e Lucio Dalla? Grazie, ma anche no. Troppe banalità e déjà vu.

Stavolta ho detto no. E mi sono tirato indietro.
Non ho voluto aderire alle grandi celebrazioni per gli ottant’anni di Lucio Battisti e Lucio Dalla.

Ottant’anni per altro virtuali, non veri, visto che i due fuoriclasse ci hanno lasciato tempo fa.

Vedo in tv, sul web e sui social tutto un fiorire di ricordi, aneddoti, commenti e omaggi: tranne qualche felice eccezione, trattasi quasi sempre di cose già dette/viste fino allo sfinimento.

Ovvietà di cui si farebbe volentieri a meno sparse da chi millanta il solito “io lo conoscevo bene” e da chi ne sa nulla, ma finge il contrario.

D’accordo mantenere viva la memoria di due geniacci della nostra canzone, ma l’overdose di banalità non aiuta allo scopo.

Per questo mi taccio. E non aggiungo verbo alla già grande mole di “notizie” in merito. Passo all’ascolto dei loro capolavori, semmai.
Intimo e privato.

Senza disturbare oltre i miei venticinque lettori.

Ho visto “DallArenaLucio” in tv (e non m’è tanto piaciuto)

Ieri sera su Rai1 è andato in onda "DallArenaLucio" , l'omaggio a Lucio Dalla all'Arena di Verona. Piaciuto? Così così. E vi spiego perché. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Ci sono ricascato, colpa mia.

Perché non mi piacciono i concerti tributo: ho sempre da questionare sui cantanti scelti, le canzoni eseguite, gli arrangiamenti, le interpretazioni. Ancor più quando si omaggiano artisti a me cari.

Sono troppo esigente, lo so.


Eppure alla fine ho ceduto alla tentazione di vedere “DallArenaLucio“ su Rai1. Uscendone col solito amaro in bocca.

Uno spettacolone non privo di retorica, con la parola “emozione” ripetuta sino allo sfinimento, molti aneddoti raccontati (quasi tutti già editi) e video d’epoca già visti decine di volte, con in più l’escamotage un po’ triste della finta intervista.

Al centro, ovviamente, tante cover.


Alcuni dei presenti sembravano lì per caso, non si capisce bene per quale motivo convocati. Artisti che candidamente ammettevano di non aver mai incontrato Dalla in vita loro, ma (ovviamente) dicevano di amarlo tantissimo.

Non c’è da stupirsi, allora, delle esibizioni un po’ inopportune di Amoroso e Paradiso, per esempio. Mentre il meglio è arrivato da chi Dalla l’ha veramente conosciuto, frequentato e vissuto: Ron, Bersani, Tosca, Stadio.

Il resto è scivolato via spesso senza infamia e senza lode, con esibizioni anche corrette, ma lontane anni luce dall’intensità degli originali.


Perché Dalla è Dalla, lo sapevamo già. E certe canzoni sono irraggiungibili. Forse intoccabili.


Comunque, l’evento in tv pare sia andato bene con 3.781.000 spettatori e il 25.3% di share. A me però non è tanto piaciuto. Problema mio, certo.


Ma la prossima volta, vade retro tv. Qui lo dico (e qui lo nego).

“Lucio Dalla”, 40 anni dopo

di Diego Perugini

LUCIO DALLA - Copertina "Legacy Edition". Illustrazione Alessandro Baronciani
LUCIO DALLA – Illustrazione Alessandro Baronciani

Il 1979 fu un anno importante per la musica. Uscirono “London Calling” dei Clash, “The Wall” dei Pink Floyd, “Breakfast in America” dei Supertramp, “Reggatta de Blanc” dei Police e molti altri titoli memorabili. Insomma, c’era da dar fondo ai poveri portafogli di molti noi ragazzi del tempo. In quel marasma di uscite internazionali, trovò spazio anche uno straordinario album italiano, “Lucio Dalla”. Lo comprai anch’io, spinto da una sorta di passaparola collettivo e dalla forza di una serie di brani capaci di coniugare al meglio profondità d’autore e orecchiabilità pop.

E fu un clamoroso successo, il primo vero e grande del compianto artista bolognese. Quel disco ora viene ripubblicato in una versione rimasterizzata (“Legacy Edition”), con la miglior definizione possibile e un ricco libretto interno, dove i cantautori di oggi, da Dente a Colapesce, rendono omaggio al genio “dalliano”.

Curioso risentire i protagonisti dell’epoca, come il tecnico Maurizio Biancani, che trattò il disco originale e ora ha curato anche la nuova edizione: “L’ho fatto con religioso rispetto, perché era impossibile migliorare un disco nato all’insegna del divertimento e della spontaneità. Ho solo ridato un po’ di smalto a certi colori un po’ avvizziti, una sorta di restauro. Inutile attualizzare i suoni, perché sono già attualissimi”.

Lucio Dalla, Foto d'Archivio Sony _ Marva Marrow_m
Lucio Dalla, Foto d’Archivio Sony _ Marva Marrow_m

Lo storico produttore Alessio Colombini divaga e snocciola aneddoti, parlando di un Dalla artista geniale ma “disciplinato” e pronto ad accogliere i suggerimenti giusti: “Come quando sentii il primo abbozzo di ‘Anna e Marco’: s’intitolava ‘Sera’ e aveva un testo un po’ scarsino. Glielo dissi e lui cambiò tutto in una notte. E creò quel capolavoro di immagini cinematografiche che tutti conosciamo”.

Quelle canzoni fa impressione riascoltarle oggi in una forma ancora più bella e smagliante. L’apocalittica “L’ultima luna”, l’enigmatica “La signora”, la dedica di “Milano”, il duetto con De Gregori su “Cosa sarà” (e quel bellissimo finale di sax). E, soprattutto, la conclusiva “L’anno che verrà”, col suo splendido testo fra disillusione e speranza, diventata nel tempo un inno popolare (anche nei veglioni di Capodanno), ma che non ha perso un briciolo della sua visionaria poetica. Con quell’incalzante crescendo (“vedi caro amico cosa si deve inventare…”) che mette sempre i brividi. Ieri come oggi.

In più ci sono un tris di chicche, brani già noti ma in inedite versioni di studio: l’orecchiabile “Angeli”, agrodolce ritratto degli italiani emigrati in Svizzera (bello il nuovo video girato a Lugano con le immagini di Alessandro Baronciani), e la classica “Ma come fanno i marinai” con De Gregori. Ma, forse, il “ritrovamento” più curioso è il provino di “Stella di mare” in inglese maccheronico, con Dalla che incita e guida i musicisti e canta in maniera libera e selvaggia, fra rock e prog.

E non finisce qui. Dalla Sony garantiscono che gli archivi sono ricchi di altro materiale inedito da pubblicare strada facendo. Non ci resta che aspettare. E sperare.