Si parla di Musica! (e non solo)

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Ricominciamo…

Il violinista Fulvio Luciani nella chiesa di San Giacomo a Craveggia per la rassegna Craveggia in Musica.
Il violinista Fulvio Luciani nella chiesa di San Giacomo a Craveggia

Torno a rimpolpare il mio piccolo blog dopo una lunga sosta di vacanza. Periodo di stacco necessario per ricaricare le pile dopo un periodo difficile.

In tutto questo tempo ho avuto la ventura di fuggire la solita ridda di tormentoni usa e getta e le snervanti polemiche social da due soldi, ma di guardare altrove.

 Da qualche anno, per esempio, passo qualche settimana in valle Vigezzo, in alto Piemonte. Bel posto. Ma non è di trekking montani che voglio parlarvi, davvero non è la mia cup of tea. 

Bene, in un paesino nei dintorni, Craveggia, da anni organizzano una rassegna musicale di qualità (Craveggia in musica, appunto). In chiesa, a ingresso libero. Niente rock, niente pop. Ma altri suoni. E interpreti molto bravi. 

Così ho potuto ascoltare delle ballate di Chopin, alcune arie di opera buffa, delle partite di Bach per violino solo, un inusuale concerto per tromba e organo con composizioni di Purcell e Händel. 

Tutto molto interessante. E a suo modo coinvolgente ed emozionante.

La morale del discorso? 

Beh, che c’è vita anche oltre i soliti accordi. A volte basta sapere cercare, vincere la propria pigrizia intellettuale. 

E guardare oltre il proprio naso. Pardon, orecchio. Se non l’avete già fatto, provateci. Potreste prenderci gusto. 

E d’un tratto le sfuriate di Morgan, il successo di “Italodisco” o il nuovo singolo dei Måneskin vi sembreranno cose risibili. 

“StraMorgan”, buona la prima

"StraMorgan" su RaiDue. Ha debuttato ieri sera il programma di Morgan con PIno Strabioli. Le impressioni di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Per lo meno non si potrà dire che non è un programma coraggioso.

Perché a “StraMorgan” si parla e si suona musica non convenzionale con un’orchestra di rango a valorizzare il tutto. Ed è già un bel risultato.

Poi si potrà obiettare che il protagonista, Morgan, sia egocentrico, strabordante, dispersivo. Col co-conduttore Pino Strabioli spesso in disparte. Però, almeno, lui ci mette passione e conoscenza.

E, comunque, ieri in tarda serata su RaiDue s’è raccontato di Modugno, dei collegamenti fra “Vecchio Frack” e “Meraviglioso”, e di un disco di culto come “Con l’affetto della memoria”. Ospiti-complici Paolo Rossi e Vinicio Capossela.

Quest’ultimo ha anche proposto un pezzo tirato e polemico come “Divano occidentale”, ospiti Bunna e Sir Oliver Skardy, antipasto dell’imminente “Tredici canzoni urgenti”.

Sino al finalone megalomane con Morgan nei panni di Elvis a cantare “Suspicious Minds”.

Troppo? Sì, forse. Poteva essere meglio? Sì, magari.
Ma, per intanto, va bene va bene così.

Altrimenti beccatevi “Amici” e siate felici.

Ciao, David

Un altro grande lutto per la musica che più amiamo. Se n'è andato David Crosby, il ricordo di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

E’ un altro di quei periodi difficili, in cui le cose prendono direzioni imprevedibili e notizie brutte s’affacciano con ritmo quotidiano. Il mondo della musica coi suoi vecchi eroi non ne è esente, anzi.

La morte di David Crosby è un altro colpo al cuore per chi ha amato (e continuerà ad amare) certi dischi e certe canzoni, così lontani da quel che passa il triste convento contemporaneo.

E’ un lutto che mi colpisce più di altri perché sono molto legato, come immagino tanti di voi, a Croz.

L’ho scoperto da ragazzino con “Déja vù” e “Four Way Street”, ancor prima col mitico “Crosby Stills & Nash”, che mio cugino Antonio, di qualche anno più grande, un giorno fortunato mi regalò.

Mi innamorai perdutamente di quei suoni, di quelle voci, di quei pezzi, che spesso mi trovai a cantare con gli amici, cercando di replicare un briciolo della magia originale.

Nel corso del tempo ho avuto la fortuna di vederlo diverse volte in concerto: coi colleghi/amici Stills e Nash e da solo, l’ultima volta al Dal Verme nel settembre 2018, grande serata.

E l’ho intervistato in più occasioni. Di persona e al telefono.

La più emozionante quasi una ventina d’anni fa (la potete leggere qui sotto).

Avevo fissato una telefonica serale per “L’Unità”, mi aspettavo di sentire l’ufficio stampa che mi collegava all’artista e, invece, alzata la cornetta sentii subito la voce di Crosby che storpiava il mio cognome.

Dopo il primo imbarazzo, con annesso batticuore, cominciò una lunga chiacchierata a largo respiro. Su musica, industria, politica, amicizia, guerra e altro ancora.

Eravamo sotto Natale e, in ultimo, gli chiesi quindi che cosa si augurasse: mi rispose senza esitazioni, “la pace”.

Qui siamo ancora indietro, spero che David possa trovarla almeno lassù.

In ogni caso, per me, quell’intervista fu uno dei regali di Natale più belli mai ricevuti. Uno di quei momenti, ahimè sempre più rari, in cui vale la pena di fare questo dannato lavoro.

“Whitney – Una voce diventata leggenda”

Nelle sale da oggi "Whitney - Una voce diventata leggenda", il biopic sulla famosa cantante americana. La recensione di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Esce oggi, ma non è un film natalizio. Perché non racconta una storia a lieto fine. Purtroppo.
Whitney – Una voce diventata leggenda” è l’ennesimo biopic su una stella caduta del pop, con la recondita speranza di ripetere il clamoroso successo di “Bohemian Raphsody”. Ci riuscirà? Come cantava quel tale, lo scopriremo solo vivendo.

E’ un film lungo due ore e mezza, convenzionale nella struttura e un po’ melodrammatico, che racconta gli alti e bassi della vita e della carriera di Whitney Houston.

Un fenomeno della voce e una diva dai numeri da record, ma anche una donna tormentata, che ha vissuto di rapporti contrastanti. Con se stessa, con la propria identità sessuale, con un padre-padrone, con un marito sbagliato. Ma anche col mondo del music-biz, col successo e, persino, con la sua amata musica.

Il film di Kasi Lemmons prova a dipingere un ritratto credibile, ma si perde fra i mille rivoli di un’esistenza complessa, rimanendo in superficie, senza mai graffiare più di tanto.

Tanto che alla fine, al di là della buona prova di Naomi Ackie e delle scene con Stanley Tucci nei panni del produttore discografico Clive Davis, quel che restano in mente sono la pregevole ricostruzione di concerti e performance, la voce inarrivabile di Whitney e quel pugno di canzoni entrate nella storia.

Pardon, nella leggenda.

Buon compleanno, Paul!

Paul McCartney compie oggi ottant'anni. Gli auguri (molto personali) di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

A conti fatti credo che Paul McCartney, da oggi splendido ottantenne, sia il mio artista preferito. Una questione di gusti, affinità, cuore. Nella mia vita è entrato che ero ancora bambino e non ne è più uscito.

Ancora oggi mi ritrovo spesso ad ascoltare le sue canzoni. Non solo i capolavori coi Beatles, ma pure certi titoli minori da solista o con gli Wings. So che, magari, non sono granché, ma li amo lo stesso.

Coincidenze: la mia prima audiocassetta è stata “The Beatles 67-70”, quella blu, il secondo volume, con “Let It Be” e “Ob-la-dì Ob-la-da”, per capirci. E il mio primo Lp fu “Red Rose Speedway” degli Wings, anche se prima avevo già comprato il 45 giri di lancio, la dolcissima “My Love”.

Cimeli che, ovviamente, ancora oggi conservo gelosamente, seppur usurati dai tanti, troppi ascolti.

Poi ci sono gli incroci magici della vita, in cui la musica diventa qualcosa di più, ti accompagna, ti aiuta, ti consola.

Paul non lo sa, ma mi è stato vicino in uno dei miei momenti più difficili. A settembre ‘89 venni operato per una malattia rara e debilitante: stetti in ospedale per circa un mese e ne uscii malmesso, sottopeso e dolente, con un necessario periodo di riabilitazione da seguire.

Qualche giorno dopo le mie dimissioni, però, McCartney arrivava al Palatrussardi e non ne volli sapere di rinunciarvi, anche se i medici erano fortemente contrari. Non potevo guidare e né andare in metropolitana, così mi accompagnò il mio povero papà e, all’interno della sala, un volenteroso amico.

Restai seduto per tutto il tempo, cercando di evitare urti e scossoni, mentre gli altri in tribuna stampa si dimenavano come ossessi. Ricordo, per esempio, un più giovane Marco Mangiarotti ballare senza ritegno su “Can’t Buy Me Love”. Io ero lì, fermo e commosso a godermi il live, che segnava in qualche modo anche il mio ritorno alla vita.

Non me lo dimenticherò mai.

Poi ho rivisto Macca più volte in concerto, per fortuna in circostanze più normali. L’ultima, strepitosa, nel 2013, all’Arena di Verona. Altra stupenda serata che porterò sempre nel cuore.

Resta sempre il piccolo grande rammarico di non averlo mai potuto incontrare da vicino, di intervistarlo come si deve o anche solo fare due chiacchiere da fan. E strappargli l’autografo che il mio caro amico Claudio, quasi suo coetaneo, attende da sempre. Sarà dura, ma chissà. Come si usa dire: mai dire mai.

Nell’attesa, buon compleanno, Paul!

Un weekend con Piano City Milano

Un weekend con Piano City Milano. Da domani a domenica torna la manifestazione milanese. Oltre 200 concerti sparsi per la citta. Gratis. Tra le star Abdullah Ibrahim, leggenda vivente del jazz.
Abdullah Ibrahim, foto di Peter Rauch

Sarà un fine settimana caldissimo. Fra meteo impazzito, concerti vari e scudetto conteso dalle milanesi.

Se non partite per mari o monti, può essere un’idea farsi un giro fra le tante iniziative di Piano City Milano, meritoria manifestazione del Comune meneghino.

Nel giro di tre giorni, da venerdì a domenica, si terranno oltre 200 live in tutta la città con un mare di artisti coinvolti in luoghi di ogni genere, dalle sale più prestigiose ai piccoli club, dagli spazi all’aperto alle periferie.

Partenza in grande stile, domani alle 21 nel parco della Galleria d’Arte Moderna, con Abdullah Ibrahim, leggenda vivente del jazz.

Ma il programma presenta molti altri appuntamenti, dall’esecuzione delle nove sinfonie di Beethoven per due pianoforti e otto mani alla Rotonda della Besana a omaggi sparsi al pop di Battisti, Beatles e Coldplay, dalle piano lesson ai concerti all’alba.

Di tutto e di più, insomma. E pure gratis.

Qui il programma completo.

Alice canta Battiato

Alice canta Battiato. Ieri sera agli Arcimboldi il recital dedicato dalla cantante al compianto artista siciliano. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Si fa presto a dire Battiato. E pure a parlarne, scriverne, cantarne. C’è chi lo fa per mero opportunismo, chi invece animato da sincere affinità elettive.

A questa seconda categoria appartiene Alice, che col compianto artista siciliano ha diviso tante stagioni di amicizia e collaborazione artistica.

Incluso un bel tour in comune, nel 2016, che a Milano fece tappa agli Arcimboldi, lo stesso teatro che ieri sera l’ha vista protagonista di un recital dal titolo emblematico, “Alice canta Battiato”.

Uno spettacolo senza trucchi e senza orpelli, con al centro la sua voce calda ed espressiva, accompagnata dal pianoforte di Carlo Guaitoli e gli archi dei Solisti Filarmonici Italiani.

Niente video, niente schermi, niente effetti speciali, se non qualche raffinato gioco di luce.

E niente retorica nemmeno nel ricordo di un artista immenso, come se a parlare fossero già le canzoni, dispiegate in un paio d’ore che passano veloci.

Alice parte con qualche brano meno noto, “Eri con me” e “Veleni”, scritti per lei da Battiato in tempi più recenti, e si concede qualche incursione nel repertorio “mistico” come “Lode all’Inviolato” o la suggestiva “È stato molto bello”.

Passo passo si avvicina alla produzione più celebre e popolare, nel senso nobile del termine, per esempio nei classici più ariosi e meditativi di “La voce del padrone”: “Gli uccelli”, “Segnali di vita” e “Summer On A Solitary Beach”.

Arrivano gioielli come “L’animale”, che riflette sul sempiterno dualismo fra carne e spirito. O “Un’altra vita”, efficace disanima dei nostri tempi stressati. Scritta una vita fa, eppure dolorosamente attualissima.

Così come “Povera patria”, tra i momenti più toccanti.

Non mancano i successi pop da solista, “Messaggio”, “Chanson egocentrique” e la sanremese “Per Elisa”, che spiazzano in positivo in questa versione acustico/orchestrale.

Alice canta benissimo (e non è una novità), conosce alla perfezione il repertorio e lo interpreta alla sua maniera, sempre misurata, elegante e rispettosa. Così, del resto, come gli arrangiamenti.

E’ ispirata ed emozionata, e il pubblico con lei, con applausi a scena aperta e ovazioni. Ancora di più quando arrivano pezzi da novanta come “La stagione dell’amore”, “E ti vengo a cercare”, “La cura” e “Prospettiva Nevski”, fino al bis di “L’era del cinghiale bianco”, fra battimani a tempo e coretti collettivi.

Battiato, lassù da qualche parte, avrà di certo apprezzato.

p.s. A proposito di Battiato, è uscito il libro “Incontri” di Giordano Casiraghi, giornalista che ha seguito e conosciuto l’artista in tempi non sospetti. Non l’ho ancora letto, ma mi fido sulla parola. E ci tornerò sopra quanto prima.

“Sulle nuvole”, il film di Tommaso Paradiso

Per tre giorni al cinema, dal 26 al 28 aprile, "Sulle nuvole", il debutto alla regia di Tommaso Paradiso. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

“Che ci fai qui?” mi chiede sorpreso un vecchio collega, che conosce un po’ i miei gusti. Rispondo: “Ero curioso”.

Ed è proprio la curiosità che mi ha spinto a presentarmi di buon mattino all’anteprima di “Sulle nuvole”, il debutto da regista di Tommaso Paradiso.

Quella curiosità giornalistica che ti spinge a cercare di capire come va il mondo coi suoi nuovi miti e i suoi nuovi eroi. Anche nel pop leggero.

E, allora, sotto con Paradiso, e pazienza se le sue canzoni non mi piacciono granché, così derivative, così già sentite.

Ma, stavolta, c’è un film di mezzo, nelle sale per tre giorni, dal 26 al 28 aprile. E vediamo com’è. Già, com’è?

E’ una storia d’amore, di musica e di dipendenze.

Il protagonista (fisicamente somigliante a Paradiso) è una ex popstar in crisi nera. Un tipo così egocentrico e stronzo che vorresti subito prenderlo a calci.

Un artista un tempo famoso, che s’è fatto fregare dallo stress da successo, ha mollato tutto e ora conduce un’esistenza sul filo dell’autodistruzione.

All’apice della sfiga, cerca e trova un’ancora di salvezza presso l’ex fidanzata, sorta di musa portafortuna che però ha trattato da schifo e, giustamente, s’è rifatta una vita con tanto di marito e figli.

Il resto ve lo risparmio, per evitare spoiler agli interessati.

Funziona? Dipende. Se siete fan dell’universo “paradisiaco”, allora forse sì. Se siete alla ricerca di qualcosa di più, meglio girare al largo.

Perché lo stile è da fiction tv, così come i contenuti: un’irritante storiella da fotoromanzo, senza troppe pretese, immagino con qualche vago spunto autobiografico.

In più, troviamo un po’ di musica ad hoc, qualche slancio romantico, camei sparsi di cantanti veri (Mannoia, Morandi, Gazzelle, Pezzali…) e un finale che più ruffiano non si può.

Insomma, sono uscito dalla sala un po’ così, col classico amaro in bocca.

Te la sei andata a cercare, cosa ti aspettavi?, mi sono detto.

Giusto. E accidenti alla curiosità giornalistica.

“La prima estate”, un festival diverso

Debutterà a fine giugno a Lido di Camaiore "La prima estate". Un festival diverso e ambizioso, meno mainstream e più di culto. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Tempo di ripartenze e nuove avventure, anche nei live.

S’appresta al debutto “La prima estate”, un festival diverso in quel di Lido di Camaiore, dal 21 al 26 giugno.

Diverso perché il cartellone non ospiterà nomi eclatanti in fatto di popolarità, né idoli giovanili, ma per lo più artisti di nicchia, con particolare attenzione alle pulsioni della multiforme scena elettronica.

Il tutto in un luogo, il “parco BussolaDomani”, dove un tempo sorgeva lo storico teatro tenda, in cui in passato si sono esibiti Mina e tanti altri big.

Ma non solo. Gli spettatori potranno vivere il territorio grazie a esperienze legate a sport, natura ed enogastronomia organizzate dal festival.

L’ambizione degli organizzatori, D’Alessandro & Galli, è quella di far diventare la cittadina toscana un grande villaggio in cui il pubblico potrà abbandonare l’auto e avere hotel, ombrellone e concerti a pochi metri di distanza.

Non a caso il motto della rassegna è “Più che un Festival, una Vacanza”. Funzionerà? Vedremo.

Il cast è eclettico: si spazierà dall’alternative rock dei The National all’electro dance di Jamie xx e Bonobo, dall’hip hop di Anderson .Paak & The Free National a proposte italiane di tendenza come Cosmo, LRDL, Giorgio Poi e Frah Quintale.

Unica concessione al mainstream è la presenza dei Duran Duran, in una serata che li vedrà preceduti dai BluVertigo (ci scapperà anche una jam insieme?).

E, dopo i concerti, la notte proseguirà con vari dj set nei club della zona.

Qui trovate info, aggiornamenti e biglietti.

Il programma:

Martedì 21 giugno: The National, Courntey Barnett, Giorgio Poi, Él Mató a un Policía Motorizado.

Mercoledì 22 giugno: Bonobo, La Rappresentante di Lista, Beadadoobee, L’Impératrice.

Giovedì 23 giugno: Duran Duran, BluVertigo, Easy Life, Sophie and the Giants, Corasan ft. Niccolò Cesaneli.

Venerdì 24 giugno: Anderson .Paak & the Free Nationals, Frah Quintale, Joan Thiele, LNDFK.

Sabato 25 giugno: Jamie xx, Cosmo, MACE, Ginevra.

Domenica 26 giugno: Kaytranada, Jungle, Badbadnotgood, Selton.

Caterina Caselli – Una vita, 100 vite

"Caterina Caselli - Una vita 100 vite". Ecco in tv il documentario sulla vita del "casco d'oro", fra grandi successi e fiuto da talent-scout. Su RaiPlay. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Me l’ero perso al cinema, l’ho recuperato ieri sera in tv. Ed è stata una buona visione.

“Caterina Caselli – Una vita, cento vite” racconta la storia (in prima persona, dalla voce e dalle emozioni della protagonista) di una donna tosta e determinata, dallo spirito libero e indipendente, che ha lottato per diventare cantante prima e imprenditrice musicale poi.

Sempre con grande successo. E passione.

In 100 minuti di documentario (firmato da Renato De Maria) vediamo lo scorrere di un’esistenza frenetica e dagli alti e bassi, fra materiale d’archivio e testimonianze attuali.

Dagli esordi un po’ osteggiati dalla famiglia alla popolarità crescente in epoca “beat”, quando il suo “casco d’oro” divenne un must per le teenager. Una vita anche dolorosa, segnata dal suicidio del padre quand’era appena quattordicenne.

E da quello del collega Tenco in un Sanremo maledetto. Ricordi toccanti per cui sgorgano ancora lacrime e singhiozzi a tanti anni di distanza.

Sfilano canzoni iconiche, da “Nessuno mi può giudicare” a “Perdono” sino a “Insieme a te non ci sto più”, restituite con quella voce un po’ così, che gioca sui toni bassi e poi vola più in alto, mentre lei si agita sul palco con mosse e balletti inconfondibili.

Fino al ritiro prematuro dalle scene dopo il matrimonio e l’abbraccio di una carriera manageriale come talent-scout dal fiuto sopraffino che lancerà fra gli altri Bocelli, Elisa, Negramaro e Ayane.

In mezzo tante storie e tanti incontri, Celentano, Morricone, Conte, Guccini, Moroder e altri ancora.

Molta carne al fuoco condensata in poco tempo, tanto che alla fine si avrebbe voglia di saperne un po’ di più, approfondire cose appena accennate, rimediare alle inevitabili omissioni, proseguire il viaggio.

L’avete perso anche stavolta? Poco male, ora lo trovate nell’archivio di RaiPlay.

Merita.

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