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Le canzoni di Natale 2021

Ecco le canzoni di Natale 2021. Da Elton John con Ed Sheeran agli Abba, da Lamborghini a Il Pagante. Ma il meglio ce lo regala Norah Jones. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Diciamola tutta: le canzoni di Natale spesso non sono granché. Sdolcinate, già sentite, un po’ false. Alcune entrate nell’immaginario collettivo (la sempiterna “All I Want from Christmas” di Mariah Carey), altre finite subito nel dimenticatoio.

Per l’anno di grazia 2021 in prima fila ci sono due assi del pop come Elton John ed Ed Sheeran con “Merry Christmas”, titolo che non brilla certo per originalità. Il pezzo, poi, è leggero, ritmato e melodico, con un allegro video sul tema e un testo che rilancia un messaggio di speranza per questi tempi bui. Gradevole, seppur non entusiasmante.

Gli Abba rispondono con “Little Things”, uno dei pezzi più deboli del loro ultimo disco: una ballata assai mielosa sulle piccole gioie della vita, come il calore familiare la mattina di Natale. Più interessante (e furbo) il video, che in qualche modo tiene desta l’attenzione sul tour cibernetico a venire del gruppo svedese.

Canzone a rischio diabete per il troppo zucchero, insomma, che salviamo per l’intento benefico: i proventi derivanti dalla vendita del singolo saranno infatti destinati all’Unicef.

In Italia siamo messi peggio. Elettra Lamborghini se n’è uscita con “A mezzanotte”, una canzoncina tutta ammiccamenti sexy e innocui doppi sensi su una melodia che ricorda “Non succederà più” di Claudia Mori. Il video è un tripudio di color rosso, scenografie natalizie e sponsorizzazioni assortite. Così è, se vi pare.

La buttano apertamente sul trash quelli di Il Pagante con Lorella Cuccarini: “Un pacco per te” gioca con le ambiguità del titolo e i luoghi comuni di stagione su una base disco tipo “unz unz” che si apre a un ritornello molto orecchiabile (e già sentito). Almeno il video è simpatico, diviso fra l’allegra frenesia di New York e la nostra malinconica Milano, due facce dei diversi umori natalizi.

Meglio la tenue delicatezza, con coloriture brasiliane, di Gaia nella sua versione di “What Christmas Means to Me”, in esclusiva per Amazon Music: l’originale di Stevie Wonder è inarrivabile, ma la cover della cantante italo-brasiliana si lascia apprezzare.

Ma se volete alzare l’asticella (e di molto), uscite dai confini tricolori e puntate su una fuoriclasse come Norah Jones e il suo “I Dream Of Christmas”, collezione di classici e inediti nel suo stile morbido e suadente fra canzone d’autore, jazz, blues, gospel e soul.

Siamo su un altro livello. E si sente. Se, poi, avete una mezz’oretta di tempo, godetevi il suo live natalizio in vetta all’Empire State Building (qui sotto il link).

Da brividi. E non solo per il freddo in alta quota.

Un disco per l’estate (vol. 1): Norah Jones e Neil Young

Il titolo e la foto non traggano in inganno. In questa rubrichetta che vado a inaugurare, non parlerò di pezzi estivi, tormentoni reggaeton et similia. Ma segnalerò qualche album a mio parere meritevole, interessante, intrigante. Bello, insomma. Da ascoltare con calma nella lunga estate calda che ci attende. Poche righe a disco, perché la gente si stufa a leggere fiumi di parole (così, almeno, dicono) e perché così si lascia integro il piacere della scoperta. Dai, cominciamo.

Il nuovo album di Norah Jones, "Pick Me Up Off The Floor". Recensione

Norah Jones, Pick Me Up The Floor.

Anni fa, durante un’intervista, Pat Metheny mi disse che fra le nuove leve apprezzava soprattutto Norah Jones, un talento autentico. Ci rimasi un po’ così, perplesso. Perché non l’avevo mai considerata più di tanto. Bravina, carina e chiusa lì. Col tempo ho imparato a conoscerla meglio e a seguire la sua carriera ondivaga, non priva di divagazioni sperimentali. In questo nuovo cd Norah torna al piano e a quel miscuglio di jazz, blues, gospel e folk che l’ha resa famosa nel lontano 2002. Ora è più matura e adulta, meglio a fuoco. E sforna un lavoro notturno, raffinato e agrodolce, morbido ma non privo di inquietudini. Musicisti doc, sonorità vecchio stile e una voce ispirata. Anche nei testi, in equilibrio fra pubblico e privato, tristezza e speranza. Chissà, forse il ricciuto Pat non aveva tutti i torti.

Il nuovo album di Neil Young, "Homegrown". Recensione

Neil Young, Homegrown.

Ecco un disco di culto, registrato fra il ‘74 e ‘75 e mai pubblicato dal grande canadese. Perché all’epoca lo riteneva troppo triste, doloroso, personale. Vi si narrava la fine di un amore, lo strappo, il cuore infranto. Doveva essere il successore di “Harvest” (per la cronaca, uno dei miei LP preferiti di sempre), invece è rimasto nel cassetto fino a oggi. Ma, come dice il proverbio, il tempo guarisce le ferite e alla fine il Nostro ha fatto pace col passato e pure con quelle canzoni. Ascoltarle ora, anno di grazia 2020, fa un po’ effetto, una specie di ritorno al futuro. Brani dolcemente scarni, sonorità spesso acustiche, malinconia soffusa (ma non così devastante, almeno per chi ascolta) e, sopratutto, “quella” voce. Roba d’altri tempi, nostalgia canaglia. Però, che bello.