Come tanti, addetti ai lavori e non, sono andato all’incontro con Francesco Guccini all’Università Statale di Milano, che molti anni addietro mi ha visto timido protagonista di numerosi esami di Lettere Moderne.
E ogni qual volta ci metto piede, insomma, un pizzico d’emozione e nostalgia ritorna.
Il Maestrone Guccini, sollecitato da un paio di giovani professori, ha parlato a lungo in un’aula magna gremita di giornalisti e studenti. Strappando spesso e volentieri applausi a scena aperta, neanche fosse su un palco a cantar canzoni.
Complice l’uscita di un nuovo disco di cover sui generis, “Canzoni da Osteria”, ci ha riportato indietro nel tempo, agli anni Sessanta di Bologna, raccontando di giovani studenti di nazioni diverse che si trovavano a far baldoria e musica allietando “posti tristi frequentati da vecchietti avvinazzati” (parole sue).
Una città davvero che non dormiva mai, roba da far impallidire la celebre New York.
Il Maestrone, un po’ malfermo sulle gambe e con tanti acciacchi addosso, non ha perso la sua ironia e con voce affaticata dall’età e dai mali di stagione ha rievocato i tempi suoi e di altre generazioni. La nascita della canzone d’autore e il disinteresse verso la musica di oggi. Ma anche la passione per la letteratura e la sua parallela carriera di scrittore.
Come sempre, tutto molto interessante, citazioni di improbabili classici del pop leggero del dopoguerra inclusi, una sorta di divertente gag già sentita in altre occasioni.
Ma siccome l’attualità stringe, non si può far finta di niente.
Così sulla guerra fra Gaza e dintorni il Nostro stigmatizza la divisione in due tifoserie quando di mezzo ci sono le vittime. Rilancia la (ahimè) sempiterna lezione pacifista della sua “Auschwitz” e una toccante vignetta del compianto Staino ispirata al suo “Il vecchio e il bambino”.
Una presenza così carismatica, la sua, da far quasi passare in secondo piano la realtà dell’album in promozione, che come il precedente capitolo (“Canzoni da Intorto”, un piccolo grande successo anche a livello di vendite), sarà disponibile solo su supporto fisico.
Già, ma com’è questo “Canzoni da Osteria”?
Come detto, è un disco di cover, una raccolta di canti popolari che hanno accompagnato la vita di Guccini, fra ricordi di amici, amori, notti di musica, vino e chitarre. Tutte cose che Francesco racconta nel dettaglio nel bel libretto interno del cd.
C’è di tutto e di più. Canzoni di sentimento e canzoni politiche, canzoni di lotta e canzoni di speranza.
A partire da un classico come “Bella ciao”, restituita con un ritmo dettato da un crescendo di fiati e batteria. Con la parola “invasor” sostituita da “oppressor” e una parte in “farsi” come dedica alla lotta delle donne iraniane (ma chi vuole può coglierci altri riferimenti più a portata di mano).
E, poi, via verso altri lidi, paesi, lingue e continenti: il country-folk di “Cotton Fields”, la milonga di “Jacinto Chiclana” (firmata Piazzolla-Borges), la canzone popolare ebraica “Hava nagila”, ma anche il dialetto bolognese di “Maria la guerza”, valzer su un episodio di gelosia finito in tragedia.
E molto altro ancora, con gli arrangiamenti rinnovati ma senza eccessi di Fabio Ilacqua, suoni puliti e la voce “sfatta” (parole sue) ma sempre suggestiva del Maestrone.
Un lavoro fuori dal tempo e dalle mode, popolare e culturale al tempo stesso. E può bastare così.
p.s. Dopo la presentazione milanese, Guccini incontrerà il pubblico venerdì 1 dicembre al cinema Modernissimo di Bologna, ore 18. Info su: www.feltrinelli.it/eventi.
In più, fino a domenica 26 novembre, nell’ambito della Milano Music Week, a Milano lungo via Dante sarà possibile vedere la mostra fotografica a cielo aperto “Ma ho fatto anche il cantautore – Francesco Guccini: oltre il palco”.