Si parla di Musica! (e non solo)

Tag: punk

La ragazza del punk innamorato

"La ragazza del punk innamorato", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2017. Commedia, 102′. Regia di John Cameron Mitchell. Con Elle Fanning, Alex Sharp, Nicole Kidman. Su RaiPlay.

Titolo italiano insulso per una strana operina che mescola commedia, fantascienza e filosofia (e musica) punk. Fine anni ’70: un ragazzo dei sobborghi londinesi si innamora a una festa di una tipa fascinosa, che si rivelerà un’aliena in visita alla Terra. Seguiranno sviluppi fra comico, romantico e fantasy. Film originale, fra memorie d’epoca e visioni psichedeliche, ma pure un po’ confuso e confusionario. Comunque gradevole. E con un finale carino.

We Are The Best!

"We Are The Best!", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Svezia, 2013. Commedia, 102′. Regia di Lukas Moodysson. Con Mira Barkhammar, Mira Grosin, Liv LeMoyne. Su RaiPlay.

Svezia, 1982. Tre ragazzine un po’ ribelli, refrattarie alle regole e con genitori poco presenti, decidono di mettere in piedi una punk-band. Si divertiranno e cominceranno a capire se stesse. Racconto di formazione adolescenziale in salsa nordica, con protagoniste simpatiche e dalle improbabili acconciature di capelli. Piacevole, realistico, divertente. Con qualche spunto di riflessione qua e là. E tanta musica.

“Margini”, un film punk (e non solo)

Un film punk. O sul cercare di vivere alla punk. E' già un cult "Margini" di Niccolo Falsettì, presentato all'ultima mostra di Venezia. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

E’ un film punk. O, meglio, sul cercare di vivere alla punk. Anche se sei di Grosseto ed è il 2008, assai lontano quindi dall’epopea di Sex Pistols e compagni.

Vivere alla punk, quindi in maniera diversa, anarchica, fuori dalle regole. Ai “Margini”, appunto, come recita il titolo di questo curioso debutto cinematografico di Niccolò Falsetti, col sostegno di quelli vecchie volpi dei Manetti Bros.

Presentato all’ultima mostra cinematografica di Venezia (Settimana Internazionale della Critica), ha già vinto il Premio Del Pubblico The Film Club. E si candida a diventare un piccolo cult.

La storia. Ci sono tre strani tipi che suonano un punk caciarone e incazzato. Molto diversi fra loro.

Uno è un musicista classico che aspetta la chiamata del maestro Barenboim.

Un altro è un ragazzo che vive ancora in casa con mamma e patrigno (e lavora da lui).

Un terzo è più vecchio, più che punk sembra un mod (con basettoni e polo Fred Perry), ed è un tipo iracondo ma di buon cuore, con una figlia piccola e una moglie paziente che lo asseconda (e paga i conti) nelle sue velleità artistiche.

Tre personaggi un po’ allo sbando, insoddisfatti di una vita di provincia in cui accade poco o nulla. E che nel punk riversano tutta la loro voglia di ribellione.

Dopo un concerto mancato, si mettono in testa di portare a Grosseto una nota band americana hardcore-punk, i Defense: per suonare, smuovere le acque, svoltare una vita uggiosa.

Quasi inutile dire che la cosa sarà molto complicata e irta di casini, spese folli, guai, pastoie burocratiche e ostacoli di ogni tipo.

Il tutto raccontato in forma di commedia, minimale e punk (appunto), con un occhio al Virzì di “Ovosodo” e un sottofondo di amara malinconia.

Perché il mondo non sempre va come vorremmo e spesso soffoca ambizioni e aspirazioni, artistiche ed esistenziali.

Quindi si ride e ci si ambascia per le traversie di questi tre amabili cialtroni, che ascoltano e suonano musica tosta e rumorosa, girano su una macchina scassata, combattono un sistema che non li comprende.

Non diremo come va a finire, anticiperemo però di una scena finale in macchina assai carina, che ti lascia col sorriso sulla labbra grazie a un’inattesa rivelazione musicale.

Perché puoi anche essere punk fino al midollo, però…

p.s. Unico difetto, un sonoro davvero scarso, tanto da rendere poco comprensibili diversi dialoghi. Peccato.

30 anni di Punkreas

di Diego Perugini

Trent’anni di Punkreas. La band di Parabiago celebra il traguardo con una grande festa, sabato 25 gennaio all’Alcatraz di Milano (ore 21, euro 17.25; in apertura Il Corpo Docenti), con ospiti ‘O Zulù dei 99 Posse, Modena City Ramblers, I Ministri, Seby dei Derozer, Auroro Borealo, Rezophonic, Ketty Passa ed Eva Poles.
Punkreas

Non solo Sanremo (per fortuna). In giro si parla anche d’altro. Come dei 30 anni dei Punkreas. La band di Parabiago celebra il traguardo con una grande festa, sabato 25 gennaio all’Alcatraz di Milano (ore 21, euro 17.25; in apertura Il Corpo Docenti), con ospiti ‘O Zulù dei 99 Posse, Modena City Ramblers, I Ministri, Seby dei Derozer, Auroro Borealo, Rezophonic, Ketty Passa ed Eva Poles. Ce ne parla Noyse, storico chitarrista del gruppo.

Come sarà il live?

Si snoderà su due momenti: prima “Paranoia Domestica”, ovvero la parte pre 2000, e poi “Pelle Ruvida”, quella post 2000. E sarà un concerto lungo e corposo con tanti amici coi quali abbiamo condiviso palchi e battaglie.

Un bel traguardo: inevitabile chiedervi un piccolo bilancio.

Ne abbiamo passate tante, ma la costante resta lo stupore di essere ancora qui a 30 anni di distanza. Abbiamo iniziato nel 1989, quando il punk non se lo filava nessuno e l’ondata dei Green Day era ancora da venire. Ma il punk si adattava bene al nostro sentire. Eravamo spinti da un’urgenza, non avevamo una progettualità, avevamo voglia solo di divertirci e raccontare delle cose.

In tutto questo tempo, però, sarete un po’ cambiati…

Sì, siamo diventati un po’ “bipolari”. Nel senso che siamo cresciuti, abbiamo messo su famiglia, quasi tutti abbiamo dei figli. C’è l’ordinaria quotidianità, ma poi quando saliamo sul furgone si ricrea il “miracolo” di 30 anni fa. E, comunque, il modo di pensare punk ci accompagna nella vita di tutti i giorni: e per reggere certi consigli di classe a scuola ce ne vuole!

Ha senso essere punk nel 2020?

Ora più che mai. Penso, soprattutto, ai giovani di oggi, che stanno anche peggio di noi al tempo. Gli hanno tolto tutto, anche la speranza, e vivono nel precariato. Avrebbero tutto il diritto di prendere il microfono e urlare la propria rabbia.

E voi?

Andiamo avanti per la nostra strada. Nel nostro best c’è un singolo, “Sono vivo”, che parla di come sia importante restare umani. E’ il primo indizio della nostra nuova direzione, abbiamo già tanti pezzi pronti. Anche se per tutto il 2020 festeggeremo live.