Lo so, arrivo buon ultimo a parlare di “Incontri”, la mostra di Guido Harari alla Fabbrica del Vapore.
Me l’ero segnato fra gli appuntamenti da non perdere, ma poi tra una cosa e l’altra stavo rischiando di saltarla. Così mi sono precipitato sul filo di lana in un sabato pomeriggio meneghino.
Perché, ormai, siamo ai titoli di coda. Ancora una settimana e stop. E il primo aprile, giorno di chiusura (che quest’anno è pure Pasquetta) dalle 15 ci sarà proprio Guido in persona a salutare i visitatori e firmare cataloghi.
Per quei pochi che non lo sapessero, Harari è uno dei più grandi fotografi italiani (e non solo) e nella sua carriera ha ritratto decine e decine di big della scena rock internazionale.
Nomi assai famosi, che con lui si trovavano a proprio agio e rivelavano la loro essenza più vera.
Guidato da sana passione, ha girato il mondo e seguito gli artisti in tour, cogliendo i momenti più particolari della loro vita sul palco e on the road.
Oppure li ha ritratti in modo più pensato, sempre attento però a cogliere il dettaglio giusto, la posa originale, il tratto più intimo. Con l’obiettivo dichiarato di fermare l’attimo fuggente, renderlo a suo modo immortale.
La mostra ci racconta questo e tanto altro, attraverso una serie di sale ben allestite, con le foto in bella evidenza ma anche intriganti installazioni collaterali.
Dallo schermo con video live e musica a palla al documentario di Sky Arte, fino ai grandi pannelli dedicati alle eccellenze dell’arte, della cultura e della società milanese incontrate in 50 anni di carriera.
Il risultato è un suggestivo viaggio nel tempo, ancora di più se molti di quei momenti li hai vissuti anche tu. E confesso di essermi emozionato nel ricordo di concerti e incontri ai quali, per lavoro o passione, ho partecipato anch’io.
Molte delle foto esposte sono piccoli grandi oggetti di culto.
De André che dorme sfinito per terra vicino al calorifero durante il tour con la Pfm; il sorridente trio delle meraviglie Gaber, Jannacci, Fo; il tenero abbraccio fra Lou Reed e Laurie Anderson.
E, ancora, la sequenza di Peter Gabriel che si trucca (periodo “Shock the Monkey”) e il trasognato sguardo di David Bowie su uno sfondo di luci colorate.
Ci sono anche tanti scatti non legati alla musica, a ribadire l’approccio eclettico di Harari: da Francesco Totti a Nanni Moretti, da Rita Levi Montalcini a Giovanni Agnelli.
Insomma, inutile girarci tanto intorno.
E’ una mostra da vedere. Ancora per pochi giorni a Milano. Fate presto.