Muse a San Siro (Milano) col Simulation Theory World Tour
Muse a San Siro

Certi artisti su disco magari non ti fanno impazzire, ma dal vivo hanno una marcia in più. E allora fai in modo di non perderteli quando capitano dalle tue parti. Anzi, li consigli caldamente ad amici, parenti e conoscenti.

In Italia penso, per esempio, a Jovanotti, una vera macchina da guerra live. Fra i big stranieri ci metto i Muse, autori dei kolossal rock più forti in circolazione. Roba da fare strabuzzare gli occhi e stordire i sensi. Come nel loro precedente tour nei palazzetti, “Drones”, una botta di adrenalina pura ed effetti speciali, col palco al centro e i fan adoranti sotto, me compreso.

L’altra sera ho fatto il bis a San Siro, dove Matt Bellamy e soci hanno portato il Simulation Theory World Tour. E anche stavolta ci hanno dato dentro, con uno show nel vero senso della parola. Tutto sopra le righe, eccessivo, frastornante. Sempre sul filo del kitsch, eppure maledettamente coinvolgente.

Non c’è sosta, non c’è requie, a parte dei brevi intermezzi di raccordo, in questo circo rock ipertecnologico, che racconta di un futuro distopico e di una tecnologia sempre più invadente. Una vena apocalittica e fantascientifica assai cara alla band inglese.

Sono due ore ad alta tensione, con i suoni sparati al massimo, marziali coreografie di ballerini, botti, stelle filanti e il megaschermo protagonista fra suggestive immagini in 3D e riprese in diretta di artisti e pubblico. Matt e soci picchiano duro su quel palco gigante con passerella in mezzo alla gente, dove alla fine si palesa addirittura un mostro gigante che sembra voler inghiottire tutto e tutti.

E la musica? Ottima e abbondante. Perfettamente in linea col tono esagerato dello show: hard-rock, prog, electro, pop e altro ancora, con la voce che s’inerpica drammatica o gioca di falsetto. E la chitarra tagliente, la batteria incessante, il volume impazzito.

Insomma, roba forte. Con titoli che mandano in visibilio i fan: “Pressure”, “Mercy”, “Madness”, “Supermassive Black Hole” fino all’accelerazione finale con le superhit “Time Is Running Out” e “Starlight”, cantata all’unisono dal pubblico.

Si esce confusi e felici, frastornati e un po’ rincoglioniti, come al ritorno da una serata vigliacca con gli amici. Se vi piace il genere, se amate le emozioni forti e quell’inebriante piacere del lasciarsi un po’ andare, è il concerto che fa per voi. In fondo, diceva un saggio, l’importante è esagerare.

p.s. si replica il 20 all’Olimpico di Roma. Qui i biglietti.