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Lyle Lovett, dieci anni dopo

Lyle Lovett, photo credit: Michael Wilson

La musica di Lyle Lovett mi riporta indietro nel tempo. A quando, da universitario fuori corso, scrivevo sul Buscadero.

Era la seconda metà degli anni Ottanta, epoca di John Hiatt, Los Lobos, Lloyd Cole, Elvis Costello e tanti altri, che divoravo avidamente.

Nel gruppone c’era pure Lovett, col suo volto aguzzo e un po’ strano, il look sempre elegante e il ciuffo ardito, cantautore di rango che il grande pubblico conobbe per lo più perché marito della diva Julia Roberts.

Mi ha sempre incuriosito il suo stile eclettico, capace di accogliere generi diversi, che ha impreziosito dischi memorabili come “Joshua Judges Ruth”, del lontano 1992.

Lo si è visto anche in diversi film d’autore, tipo Robert Altman. Perché Lyle, come si usa dire, aveva (ha) il phisique du rôle.

Mi fa piacere ritrovarlo ora, dopo tanto tempo.

Ha da poco pubblicato un singolo, “12h of June”, che farà da apripista a un nuovo album con lo stesso titolo, in uscita il 13 maggio.

E’ il suo primo lavoro dopo 10 anni: in questo lungo intervallo Lovett si è sposato, ha avuto due figli gemelli e ha firmato per la prima volta con Verve Records.

Proprio l’esperienza di padre e marito sono al centro di questa delicata ballata country, molto classica, in cui Lovett racconta con parole semplici ma sincere la gioia per la nascita dei due piccoli.

Un quadretto intimista di grande dolcezza, in cui l’artista giura amore smisurato alla famiglia fino alla fine dei suoi giorni.

L’album, prodotto da Chuck Ainlay e lo stesso Lovett, conterrà dieci pezzi fra inediti, standard firmati Nat “King” Cole e Dave Frishberg e uno strumentale del pianista jazz Horace Silver. Attendiamo.

“No Flag”, il ritorno di Elvis Costello

di Diego Perugini

A volte ritornano. Per fortuna. Da qualche giorno gira sul web un nuovo singolo di Elvis Costello, “No Flag”, corredato da un essenziale lyric-video. La prima volta che l’ho ascoltato m’è sembrato di andare indietro nel tempo, all’epoca in cui ho scoperto la grinta rabbiosa di quel ragazzo con gli occhialoni neri, capace però anche di deliziose carezze melodiche. Divenne subito uno dei miei artisti preferiti. E lo rimane anche ora.

Il Costello di “No Flag” è un pugno ben assestato al sistema socio-politico di oggi: la musica è scarna, tirata, parte con un po’ di elettronica e poi gira intorno a un ipnotico riff di chitarra. Roba semplice, ai confini del punk, registrata in pochi giorni solitari in Finlandia, con al centro la voce arrabbiata del nostro, stavolta per niente “crooner”.

Il testo è diretto e potente, e descrive in termini crudi e quasi da slogan il disgusto per il mondo attuale (nostri governanti inclusi). “Non ho religione, non ho filosofia/ Ho la testa piena di idee e di parole che non mi appartengono” sono le prime frasi di una “protest song” quanto mai condivisibile. Sono tempi duri, insomma, e il vecchio Elvis non le manda a dire. Dategli ascolto, merita. E per il 10 luglio in arrivo altre novità.

Il “Sorriso” di Calcutta

Calcutta in concerto, foto di Giuseppe Maffia

I miei 25 lettori (25 per davvero, altro che citazione manzoniana…) sapranno già che ho un debole per Calcutta e la sua poesia del quotidiano messa in canzone. Perciò ho gradito assai l’idea di un surplus di musica dalle session di “Evergreen”, che verrà ripubblicato il 28 giugno in una doppia versione con inediti (“Evergreen… E altre canzoni”).

Dopo l’assaggio di “Due punti” ecco il singolone vero e proprio, fatto per mandare in solluchero i tanti cuori di panna d’Italia. S’intitola “Sorriso (Milano Dateo)” e racconta una classica storia alla Calcutta, un amore malinconico, da ricordare con nostalgia, ambientato nella Milano di periferia. Con citazione en passant della mia città, Sesto San Giovanni: non è il primo a farlo, però così pop mai nessun altro. Lo ringrazio anche per questo.

Campanilismo a parte, è una gran bella canzone pop, romantica e melodica al punto giusto, con quei guizzi linguistici che evitano di cadere nello sdolcinato. Ce ne sono diversi da far entrare nel dizionario “calcuttiano”: da “Un sorriso ti spaccherà in tre” a “Che torni a casa e poi ti strucchi con il pianto” fino a “E ho fatto le cose più brutte/ Che se mamma sapesse rimarrebbe male”.

Ciliegina sulla torta, il video con protagonista Metroman, l’esuberante tizio che, con microfono e altoparlante a ruota, da anni “diletta” i viaggiatori della metro meneghina.

E ora il tour. Prossima data il 25 all’Ippodromo per il Milano Summer Festival (e io ci sarò). Poi Roma, Napoli e festival vari nella lunga estate calda che verrà.