La musica di Lyle Lovett mi riporta indietro nel tempo. A quando, da universitario fuori corso, scrivevo sul Buscadero.
Era la seconda metà degli anni Ottanta, epoca di John Hiatt, Los Lobos, Lloyd Cole, Elvis Costello e tanti altri, che divoravo avidamente.
Nel gruppone c’era pure Lovett, col suo volto aguzzo e un po’ strano, il look sempre elegante e il ciuffo ardito, cantautore di rango che il grande pubblico conobbe per lo più perché marito della diva Julia Roberts.
Mi ha sempre incuriosito il suo stile eclettico, capace di accogliere generi diversi, che ha impreziosito dischi memorabili come “Joshua Judges Ruth”, del lontano 1992.
Lo si è visto anche in diversi film d’autore, tipo Robert Altman. Perché Lyle, come si usa dire, aveva (ha) il phisique du rôle.
Mi fa piacere ritrovarlo ora, dopo tanto tempo.
Ha da poco pubblicato un singolo, “12h of June”, che farà da apripista a un nuovo album con lo stesso titolo, in uscita il 13 maggio.
E’ il suo primo lavoro dopo 10 anni: in questo lungo intervallo Lovett si è sposato, ha avuto due figli gemelli e ha firmato per la prima volta con Verve Records.
Proprio l’esperienza di padre e marito sono al centro di questa delicata ballata country, molto classica, in cui Lovett racconta con parole semplici ma sincere la gioia per la nascita dei due piccoli.
Un quadretto intimista di grande dolcezza, in cui l’artista giura amore smisurato alla famiglia fino alla fine dei suoi giorni.
L’album, prodotto da Chuck Ainlay e lo stesso Lovett, conterrà dieci pezzi fra inediti, standard firmati Nat “King” Cole e Dave Frishberg e uno strumentale del pianista jazz Horace Silver. Attendiamo.