Si parla di Musica! (e non solo)

Mese: Novembre 2021 (Pagina 1 di 2)

Lucky

"Lucky", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini. Su RaiPlay

USA, 2020. Thriller, 83′. Regia di Natasha Kermani. Con Brea Grant. Su RaiPlay

A dirla tutta, mi aspettavo un thriller un po’ più lineare. Invece si capisce subito che qualcosa non torna nella storia di questa scrittrice free lance (una bravissima Brea Grant) turbata da un misterioso omicida-stalker. E poi si prosegue fra situazioni assurde e comportamenti al limite, in una sorta di viaggio allucinato fra psiche e dintorni. Tante le interpretazioni possibili, per lo più sul femminile-femminista, e anche il finale non scioglie i dubbi. Mah.

Metti una sera con “The Voice Senior”

Confesso che mi piace indugiare ogni tanto su “The Voice Senior”, il programma del venerdì su RaiUno. Vederlo dall’inizio sarebbe troppo, però un po’ di zapping a fine serata me lo concedo volentieri. Non so perché, ma mi rilassa, mi incuriosisce. Mi intenerisce, forse.

Chiaro che delle schermaglie dei big in giuria poco me ne cale, seguo invece con (relativa) attenzione le storie di chi va sul palco e affronta il giudizio a sessanta, settant’anni e oltre. Ogni concorrente racconta la sua e poi si butta.

Sono vicende spesso molto simili fra loro. C’è la vecchia gloria che vuole rinverdire i fasti di un tempo; c’è chi è stato nelle retrovie della musica per anni e reclama i suoi 15 minuti di celebrità. C’è chi, per gli strani corsi della vita, ha dovuto rinunciare al proprio sogno e ora ha l’occasione di riprenderselo.

In tutti c’è la voglia di rimettersi in gioco, di sentirsi ancora qualcuno, di farsi valere. E qui scatta implacabile nel pubblico (immagino un po’ âgée anche lui) il meccanismo dell’identificazione, quell’irresistibile desiderio di riscatto e rivalsa che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita.

Alcuni cantano anche bene, altri così così. Molti vengono accettati in gara, altri tornano a casa comunque contenti “per la bella esperienza”.

Non c’è sangue, non c’è rissa, ma un generale “volemose bene” che mette addosso a chi guarda una certa distaccata tranquillità.

Proprio quella che ci vuole prima di andare a dormire.

Girl

"Girl", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini. Su Amazon Prime Video.

Belgio, 2018. Drammatico, 105′. Regia di Lukas Dhont. Con Victor Polster. Su Amazon Prime Video

Non proprio un film “leggero”, tutt’altro. “Girl” racconta la storia di un ragazzo che vuole e sta per diventare donna, con le varie e pesanti problematiche del caso. Il tutto immerso nella dimensione della dura disciplina della danza classica. Un lavoro tosto, realistico ed emozionante, con una drammatica svolta finale. Bravissimo l’attore protagonista.

Robert Plant & Alison Krauss, la strana coppia del folk (e non solo)

E' uscito "Raise The Roof", secondo capitolo della collaborazione fra Robert Plant e Alison Krauss. Un disco fascinoso e ispirato, fuori dalle mode.  Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Diciamo che non è proprio un disco alla moda. E, forse, mi piace anche per questo. Da una settimana è in giro “Raise The Roof”, il secondo lavoro della strana coppia Robert Plant & Alison Krauss.

Plant lo conoscete tutti (almeno spero), la sua compagna d’avventure forse un po’ meno: in breve, è un’ottima artista americana d’area country-folk, che ha vinto ben 27 Grammy.

I due avevano sfornato 14 anni fa un album assai bello, “Raising Sand”, che a sorpresa si era mosso bene nelle classifiche e s’era aggiudicato sei Grammy.

Quasi tre lustri dopo arriva ora una gentile replica, sulla falsariga del precedente: quindi tante cover personalizzate, andando a pescare in territori non comuni.

Brani di Merle Haggard, Allen Toussaint, The Everly Brothers, Anne Briggs, Geeshie Wiley, Bert Jansch fino ai Calexico. Più di uno, lo confesso, non li avevo mai sentiti. C’è un solo pezzo originale, “High and Lonesome”, scritto da Plant col fido produttore T Bone Burnett.

Date un ascolto: vi troverete sonorità calde, notturne, avvincenti, con un repertorio in equilibrio fra folk, rock, soul, blues e altro ancora. Il tutto suonato da un manipolo di super musicisti.

Poi, naturalmente, ci sono le due voci, che si alternano e si amalgamano senza forzature, eccessi, voglia di protagonismo. Un lavoro artigianale, fatto col cuore e la voglia di star bene con la musica.

Come (forse) non si usa più.

p.s. Se tutto andrà bene i due saranno live il 14 luglio 2022 al Lucca Summer Festival, unica data italiana.

“Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”. L’edizione speciale di uno dei miei dischi del cuore

Il 26 novembre uscirà un'edizione speciale di “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”, un album di culto. E uno dei miei dischi del cuore.  Di Diego Perugini

Ognuno ha i suoi dischi del cuore. Magari non proprio dei capolavori, ma quelli che in un modo o nell’altro ti sono rimasti dentro. E che continuano a piacerti nel corso del tempo.

Per me uno di questi è “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”, che il 26 novembre uscirà in una speciale edizione con la rimasterizzazione dei nastri originali e l’aggiunta della versione spagnola mai pubblicata sinora in Italia.

Era il 1976, andavo ancora alle scuole medie e mi innamorai perdutamente del 45 giri di lancio, “Ancora tu”. Un ritmo incalzante, una melodia bellissima, parole semplici ma efficaci.

Poi arrivò l’intero album, con quella copertina intrigante, il nostro che corre in mezzo a un bosco, e soprattutto quel sound scarno, più “sporco” del solito, con la sezione ritmica al centro, come suggerito dal titolo.

Battisti era volato negli States e s’era portato dietro l’amore per il funk e per la disco, che avrebbe riveduto e corretto alla sua maniera. Il disco scorre via rapido e pulsante, fra l’allegria scanzonata di “Io ti venderei” e la tensione sotterranea di “Un uomo che ti ama”, con qualche guizzo allucinato di Mogol (gli inquietanti testi di “No dottore” e “Respirando”).

Un piccolo classico è la cover di “La compagnia”, in seguito ripresa da Vasco, ballata di cui Lucio dà una versione dal sapore soul-blues dilatata ed emozionale, con una prova vocale tirata fino allo spasimo.

E, poi, c’è il pezzo di culto, “Il veliero”, col suo ritmo dritto e irresistibile, la lunga introduzione, il clima da jam collettiva (nel gruppo c’è pure Ivan Graziani alla chitarra) e i piedi che non riescono a stare fermi. In molti ci hanno visto i prodromi di certa house-music e, forse, hanno ragione.

Del resto, si sa, Battisti era sempre un po’ avanti a tutti.

Come Play – Gioca con me

"Come Play - Gioca con me!, recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini. Su Prime Video.

USA, 2020. Horror, 97′. Regia di Jacob Chase. Con Azhy Robertson, Gillian Jacobs, John Gallagher Jr. Su Amazon Prime Video

Curioso fantasy-horror con al centro un solitario bambino autistico e un mostro incompreso che vuole la sua amicizia. Piccoli scorci di temi sociali per un solido prodotto di genere, che un po’ fa riflettere e un po’, ovviamente, fa paura. Finale interessante, anche se non inedito.

Un affare di famiglia

"Un affare di famiglia", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini. Su Amazon Prime Video.

Giappone, 2018. Drammatico, 121′. Regia di Hirokazu Koreeda. 
Con Lily Franky, Ando Sakura, Matsuoka Mayu, Kiki Kilin, Jyo Kairi, Sasaki Miyu. Su Amazon Prime Video

Pluripremiato film nipponico, racconta la vicenda di una famiglia sui generis, dove i legami di parentela sono assai fittizi, che si arrabatta per vivere con espedienti non sempre legali. Una bambina nuova arrivata porterà un cambio di prospettiva, ma non tutto filerà liscio. Opera intensa e impegnativa, dalle variegate interpretazioni e la morale pessimista. Un po’ lento, ma con momenti di grande suggestione. Si astengano fan dell’action e della leggerezza a tutti i costi.

Musica per (noi) “vecchi”: la classe acustica di Eric Clapton e il piano solo di Brian Wilson

Musica per "vecchi": la classe acustica di Eric Clapton e il piano solo di Brian Wilson. Sono usciti i nuovi dischi di due grandi artisti. Di Diego Perugini

E’ stato un venerdì da leoni. Con uscite importanti come non capitava da un po’. Il best-seller annunciato di Adele, le cover di Zucchero, la sorpresa di Marracash, il nuovo di Sting, persino un singolo di Jovanotti.

Alla fine, però, spiluccando qua e là, mi sono rifugiato nella “comfort zone” di uno dei miei artisti preferiti, Eric Clapton. Sì, d’accordo, magari le sue posizioni no-vax sono discutibili. E, difatti, gli sono piovuti addosso critiche e boicottaggi assortiti. Ma è ben poco discutibile la qualità della sua musica. Così varrebbe proprio la pena di ascoltare Eric Clapton, appena uscito con “The Lady in the Balcony: Lockdown Sessions”.

Un disco dal vivo, registrato senza pubblico nella campagna inglese (West Sussex) con la sua fida band: Nathan East, Steve Gadd e Chris Stainton. Il nostro Slowhand suona l’acustica e tutto il disco si muove fra atmosfere intime e raffinate, un po’ sulla falsariga di quel gioiello che fu l’”Unplugged” del lontano 1992.

Blues, ballate, le cover di “Black Magic Woman” e della sempre stupenda “Man of the World”, fino a classici immancabili come “After Midnight” e “Layla”. Diciassette pezzi per oltre settanta minuti di classe sopraffina. Relax e godimento assicurati.

E, a proposito di classici e artisti preferiti, ho approcciato con curiosità “At My Piano” di Brian Wilson, in cui il genio dei Beach Boys rilegge per solo piano tanti gioielli della storica band.

Un’esperienza per certi versi spiazzante. Perché risentire pezzi assai complessi in tema di cori, melodie e arrangiamenti come “Good Vibrations”, “God Only Knows” e “Heroes and Villains” in una dimensione così scarna e minimale ti lascia un po’ basito. Roba per fan, comunque. E ancora adesso, dopo vari ascolti, non ho capito se mi piace o meno. Anzi, sapete che faccio? Vado a risentirmelo.

Poi (forse) vi dirò.

Zucchero e l’arte delle cover

In uscita "Discover", il disco di cover di Zucchero. Da Bono a Elisa passando per i Coldplay. E c'è pure la voce di Faber. Un album morbido e raffinato, venato di morbide malinconie. La recensione di Diego Perugini
Zucchero, foto di Daniele Barraco

Sembra facile, ma non lo è. Cantare una cover richiede studio e impegno, pena fare figuracce. Zucchero lo sa bene e nella sua carriera si è buttato più volte nell’arduo cimento. Ma a spizzichi e bocconi, con raziocinio, inanellando ogni tanto e qua e là qualche remake a sua immagine e somiglianza.

Stavolta, però, va oltre. E si concede un intero disco di cover, “Discover”, in uscita il 19 novembre. Un titolo birichino, che si presta a vari giochi di parole e interpretazioni, per raccontare di una raccolta di eclettici brani, riletti alla sua maniera. E seguendo poche ma buone regole.

Per esempio, conoscere bene la canzone che si vuole reinterpretare, in tutte le sue sfumature. E farla propria, darne una versione personale, senza esagerare con gli stravolgimenti per non rovinare tutto. Una questione di equilibri. E di buon gusto.

Poi è sempre saggio stare distanti dai superclassici, i pezzi intoccabili, resi immortali da interpretazioni storiche, in cui è facile rompersi (metaforicamente) le ossa. Zucchero, vecchia volpe, lo sa. E ha volutamente lasciato da parte titoli che ama alla follia, come “A Whiter Shade Of Pale” dei Procol Harum, perché impossibile far meglio.

E per il suo “Discover” ha scelto per lo più pezzi noti, ma non notissimi. Un mix fra gli amori esterofili e le radici nostrane. Ecco, allora, chicche nascoste di Michael Stipe, Bono e Roger Waters, un po’ di Coldplay, Chris Isaak e Moby, l’Italia di Elisa, Bocelli e Concato, un gioiellino pop dei Genesis e un reperto cult anni Sessanta che fu dei Jefferson Airplane (e non solo).

Momento più rischioso, “Ho visto Nina volare” di De André, con la voce di Faber che ritorna verso la fine. Non un duetto virtuale, però, ma un cameo. Alla fine riuscito.

Ne esce un lavoro di fino, dai colori autunnali, virato su tinte tenui e morbide malinconie, senza goliardate e impennate di ritmo. Sugar dice di aver scelto fra 500 brani e non aver ceduto a collaborazioni con rapper, trapper e nomi di tendenza, unica eccezione Mahmood.

Però confessa di avere un piccolo rimpianto: non avere potuto suonare “Honky Tonk Women” degli Stones coi Måneskin, che dice di apprezzare moltissimo. “Ma loro erano in giro e non avevano tempo”, si rammarica.

Poco male. Anzi, forse meglio così.

70 Binladens – Le iene di Bilbao

70 Binladens - Le iene di Bilbao. Recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini. Su RaiPlay

Spagna, 2018. Drammatico, 100′. Regia di Koldo Serra. Con Emma Suarez, Hugo Silva, Nathalie Poza. Su RaiPlay

I Binladens del titolo sono le banconote da 500 euro, che una donna disperata deve procurarsi al più presto. Sta quasi per strappare un prestito in banca, quando irrompono due rapinatori senza scrupoli. Da lì inizia il vero e proprio film, teso e avvincente fino alla fine, seppur minato da incongruenze, situazioni improbabili e un eccesso di colpi di scena. Ma se ci si passa sopra, ci si diverte. E le due attrici protagoniste reggono bene il gioco.

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