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Mese: Dicembre 2023 (Pagina 1 di 2)

The Wife – Vivere nell’ombra

"The Wife - Vivere nell'ombra", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, Svezia, 2017. Drammatico, 100′. Con Glenn Close, Jonathan Pryce, Max Irons, Christian Slater.

Scrittore americano vince il premio Nobel. Va a Stoccolma con la moglie, ma viaggio e soggiorno faranno emergere rancori mai sopiti. E una scomoda verità. Storia non proprio originalissima, che en passant riflette sui meccanismi della creazione artistica e denuncia il mondo maschilista dell’editore. Anche se al centro c’è soprattutto un inossidabile rapporto di coppia, capace di superare ostacoli e ingiustizie. Regia discreta, bravissimi i due protagonisti.

Pinocchio

Italia, Gran Bretagna, Francia, 2019. Fantasy, 125′. Regia di Matteo Garrone. Con Federico Ielapi, Roberto Benigni, Gigi Proietti, Rocco Papaleo, Marine Vacth, Massimo Ceccherini.

Ennesima riproposizione della favola di Collodi, che Garrone restituisce con rispetto ma senza perdere più di tanto la bussola del suo cinema. Crudo e poetico al tempo stesso, il racconto si snoda fra il realismo di un mondo brullo e la fantasia di un’agognata metamorfosi. Interessante. E attori bene nella parte. 

Dumbo

"Dumbo", recensione film Disney su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2019. Fantasy, 130′. Regia di Tim Burton. Con Colin Farrell, Danny DeVito, Finley Hobbins, Nico Parker, Michael Keaton, Eva Green.

Il classico Disney riletto secondo lo stile e l’immaginazione di Tim Burton. Una storia nota e stranota, che il talentuoso regista fa rivivere a tinte forti e ritmo incalzante. Sentimento, perdita, diversità, rivalsa contro i soliti “cattivoni” senza scrupoli. E, finalmente, libertà. Ottimo cast, racconto trascinante. E finanche commovente.

I ragazzi di Feng Kuei

"I ragazzi di Feng Kuei", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Taiwan, 1983. Drammatico, 101′. Regia di Hou Hsiao-hsien. Con Niu Chengze, Lin Xiulung, Chen Shufang, Chao Pengju, Zhang Minling.

Pescato dall’archivio di RaiPlay ho visto per la prima volta quello che viene considerato una pietra miliare del cinema asiatico. La storia di un gruppetto di ragazzi che cazzeggiano nel loro paesino e poi tentano l’avventura nella grande città. Scoprendone le tante difficoltà e cominciando a diventare adulti. Nel bene e nel male. Lo stile è scarno e minimale, senza fronzoli e con abbondanza di sequenze fisse. Non mancano i momenti suggestivi, anche grazie alle varie citazioni e all’uso della musica di Vivaldi, ma la visione può risultare ostica per i non adepti. Per di più è in lingua originale con sottotitoli. 

“People from Cecchetto”

Ho visto il documentario su Claudio Cecchetto (“People from Cecchetto”, lo trovate su RaiPlay) spinto dalla curiosità. E dal solito rigurgito nostalgico verso un’epoca che non c’è più.

Anche se, devo dire, al tempo giudicavo l’intraprendente dj-produttore-talent scout come una sorta di nemico da combattere.

Un produttore di musica usa-e-getta che a me, liceale alla scoperta del grande rock, procurava una sorta di snobistico ribrezzo.

Insomma, mi crogiolavo fra Traffic, Genesis, King Crimson e i primi Dire Straits, tanto per fare qualche nome, come potevo non indignarmi di fronte a un’imbarazzante filastrocca come “Joca Jouer”?

O all’ascolto del tormentone “People from Ibiza” (storpiato da qualche buontempone in “Pippo fa la pizza”) del bellone Sandy Marton, uno che per sua ammissione non sapeva cantare.

Non che col tempo il mio parere sul valore delle produzioni di Cecchetto sia di molto cambiato.

Mai ascoltato per più di qualche minuto Radio Deejay, troppo dance, troppo commerciale per i miei gusti.
E mai guardato “Deejay Television”, stesso discorso.

Però il documentario me lo sono visto lo stesso. Per tornare un po’ indietro nel tempo, forse per capirne di più.

Si parte da un Cecchetto giovane e intraprendente, che si butta anima e corpo nell’avventura nascente delle radio libere.

E, strada facendo, diventerà una sorta di star, un Re Mida dal fiuto infallibile, un anticipatore di stili e tendenze.

O, almeno, questo è quanto ci racconta chi lo ha incontrato e avuto come maestro/datore di lavoro.

Da Gerry Scotti a Fiorello, da Amadeus a Jovanotti, da Sabrina Salerno e Fabio Volo, da Carlo Conti a Leonardo Pieraccioni e Francesco Facchinetti.

Oltre naturalmente al diretto protagonista (e la moglie Mapi Danna), intervistato per l’occasione.

Al panegirico collettivo manca solo un big come Max Pezzali, con cui notoriamente i rapporti non sono proprio idilliaci. Sì, perché pure gli 883, per quei pochi che non lo sapessero, sono stati una creazione di Cecchetto.

Alla fine del viaggio, un’oretta e mezza che passa via veloce, quello che ci rimane è il ritratto di un imprenditore furbo e caparbio, determinato e coraggioso, ambizioso e visionario.

Finanche dispotico e prepotente verso i suoi dipendenti (quasi tutti ricordano con terrore i suoi micidiali “cazziatoni”) per far valere le sue idee.

E’ stato il rappresentante esemplare degli anni Ottanta (e oltre) più effimeri e leggeri. Molto business, poca arte.

Per questo un tempo lo vedevo come il fumo negli occhi, un genio del male, mentre oggi l’età mi ha reso più tollerante.

E, durante la visione, confesso di aver sorriso più di una volta guardando le immagini del periodo e sentendo gli aneddoti al riguardo.

Amadeus giovanissimo al microfono, Gerry Scotti (quasi) magro, il Jovanotti imberbe di “Gimme Five”, la prorompente Sabrina Salerno di “Boys”, la moda dei “paninari”, il festival di Sanremo senza orchestra (e con le basi) e via così.

Mai stati (e mai saranno) la mia “cup of tea”.
Però, almeno, oggi ci rido sopra.

Crudelia

"Crudelia", recensione film commedia su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2021. Commedia, 134′. Regia di Craig Gillespie. Con Emma Stone, Emma Thompson.

Sorta di prequel di “La carica dei 101”, questa pirotecnica commedia Disney racconta la storia di Crudelia De Mon, “cattiva” ma mica poi tanto. Soprattutto in confronto alla perfida Baronessa, sua rivale in fatto di moda e sfilate. Il tutto ambientato nella Londra anni 70, fra riprese mozzafiato, ritmo incalzante, un pizzico di dark/punk e una colonna sonora da applausi. Il duello Emma Stone ed Emma Thompson ricorda molto quello di “Il diavolo veste Prada”, quasi una citazione. Comunque molto divertente.

Talk to Me

"Talk to Me", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Australia, 2023. Horror, 94′. Regia di Danny Philippou, Michael Philippou. Con Sophie Wilde, Joe Bird, Alexandra Jensen.

Adolescente segnata dalla morte della madre tenta, assieme ad altri compagni, un contatto spiritico. Come è facile immaginare, saranno guai. Trama non originalissima, ma svolgimento teso e incalzante, con attori convincenti, squarci di critica social, ambientazione “aussie” e buoni brividi horror. Anche il finale, una volta tanto, non delude. Per i patiti del genere, una piacevole sorpresa.

Mi ricorda qualcuno

"Mi ricorda qualcuno", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2023. Sentimentale, 106′. Regia di Dave Franco. Con Alison Brie, Jay Ellis, Kiersey Clemons.

Trentenne (o giù di lì) in crisi lavorativa, torna al paesello. E ritrova il suo ex mollato dieci anni prima per le sirene della metropoli. Lui, però, sta per sposarsi. E allora… Storia abbastanza risaputa per una commedia più malinconica che comica. Che riflette su sliding doors, rimpianti e voglia di ricominciare. Attori bravi, regia attenta. Si lascia vedere.

Bigger in Texas. A Milano

Per fortuna capita ancora di sorprendersi. E di ritrovarsi alla fine con la piacevole sensazione di aver assistito a qualcosa che è andato oltre le proprie aspettative.

E’ accaduto ieri sera alla Galleria Arte Colombo, nel cuore della Brera meneghina (via Solferino 44). Qui, fino al 10 febbraio, c’è la mostra “Texas Tornados”, che ospita opere varie di altrettanti artisti americani, incluso il cantautore di culto Tom Russell, appassionato di letteratura e pittura.

Se vi capita, fateci un salto, guardate e apprezzate.
E’ un bel posto ed è pure a ingresso libero.

Ancora meglio quando quelli del Buscadero, storica rivista a cui ho collaborato anch’io in tempi preistorici, vi organizzano una serata di musica ad hoc, “Bigger in Texas”.

Atmosfera calda e amichevole, quattro chiacchiere col direttore della rivista Guido Giazzi (alias Fernando), il cantautore Andrea Parodi come cerimoniere, più il corredo di birre e margaritas a corroborare gli animi.

Al centro, protagoniste, due cantautrici a stelle-e-strisce: la piccola e minuta Eileen Rose, che ci dicono vicina a trasferirsi definitivamente in Italia, e la più imponente Dayna Kurtz, in tour nel nostro paese sino a lunedì 18, un donnone dall’animo sensibile e la schietta vena antifascista .

Con loro ottimi strumentisti locali, fra dobro e fisarmonica, più Robert Mache alla chitarra elettrica e mandolino. Due mini-set, con jam collettive e piccole improvvisazioni, fra country, folk e blues, davanti a un pubblico che si gode la possibilità di ascoltare buona musica a pochi metri di distanza dal palco.

Si chiacchiera e si canta di amore, sogni, passione e libertà, con la figura di Dayna che pian piano monopolizza la scena col suo talento e la sua presenza scenica.

Così si sfora ampiamente l’orario di chiusura, si finisce a cantare tutti in coro e si torna a casa col sorriso sulle labbra.

Altro che Forum di Assago e concerti costruiti fino al millesimo, per una volta tanto viva il bello delle piccole cose genuine.

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