Si parla di Musica! (e non solo)

Mese: Dicembre 2022 (Pagina 1 di 2)

Buone feste dall’Angolo del Cinefilo

Anche (soprattutto?) durante le feste, un buon film può risolvere la serata. O, quanto meno, rilassare dopo le abbuffate culinarie. Ecco, perciò, una manciata di titoli nel mio Angolo del Cinefilo per tirare avanti fino a Capodanno. E anche oltre. La fantascienza sui generis di Vivarium, la commedia lunare Tito e gli alieni, i motori lanciati a mille di Le Mans ’66 e, per i più impegnati, le tematiche socio-politiche di L’insulto. E, naturalmente, tutto quel che trovate in archivio. 

Buona visione. E ancora auguri!

L’incredibile Burt Wonderstone

"L'incredibile Burt Wonderstone", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

USA, 2013​. Commedia​, ​85’​. Regia di Don Scardino​. Con Steve Carell, Jim Carrey, Steve Buscemi, Olivia Wilde​.

Due maghi amici sin dall’infanzia sono delle star e riempiono i teatri. Ma l’usura dei rapporti e l’avvento di un nuovo rivale porterà scompiglio. Commediola sul mondo della magia e le sue complessità, fra l’etica del passato e gli eccessi del presente. Con un cast così ci si attendevano fuoco e fiamme, invece il film non appassiona più di tanto, restando su un piano di innocua gradevolezza. E anche la verve di Carrey viene sacrificata in un personaggio non all’altezza.

Tito e gli alieni

"Tito e gli alieni", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

Italia, 2017. Commedia, 93′. Regia di Paola Randi. Con Valerio Mastandrea, Clémence Poésy, Luca Esposito, Chiara Stella Riccio. Su RaiPlay.

Strana commedia italiana ambientata negli Usa, in una zona desertica a due passi dalla fantomatica Area 51. Ci sono di mezzo un bizzarro professore (Mastandrea) che cerca un improbabile contatto con l’aldilà, i due giovani figli lasciatigli dal fratello defunto e altri curiosi personaggi. Una storia/favola di nostalgia, solitudine e amore inconsolabile, condotta con stile garbato e godibile, in un mix fra inglese e napoletano. Al netto di qualche ingenuità, si lascia vedere con piacere fino a commuovere sul finale. Nota di merito, la scelta di uno splendido brano degli Eels nei titoli di testa. 

L’insulto

"L'insulto", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

Francia, Libano, 2017. Drammatico, 110′. Regia di Ziad Doueiri. Con Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Basha. Su RaiPlay.

Una guerra a due in aula di tribunale per futili motivi, almeno in apparenza. Dietro a quali si celano antiche ruggini e divisioni di etnie nel Libano contemporaneo. Ne deriva un thriller psicologico, un duello moderno, un dramma giudiziario sulla difficoltà di superare incomprensioni, rancori e ingiustizie del passato e della Storia. Concetto esportabile in ogni dove e in ogni situazione. Anche per questo il film avvince e tiene in tensione.

Vivarium

"Vivarium", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

USA, 2019. Drammatico, 97′. Regia di Lorcan Finnegan.  Con Imogen Poots, Jesse Eisenberg.

Bizzarro film di fantascienza molto sui generis, con una giovane coppia intrappolata in un labirinto di casette a schiera. E non racconto altro per non rovinare la montante suspense e il senso di disagio trasmessi da questo gioiellino distopico, che si presta a varie letture e significati più o meno reconditi. Atmosfere glaciali, situazioni spiazzanti, angoscia sotterranea. E bravissimi anche i due protagonisti.

“Whitney – Una voce diventata leggenda”

Nelle sale da oggi "Whitney - Una voce diventata leggenda", il biopic sulla famosa cantante americana. La recensione di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Esce oggi, ma non è un film natalizio. Perché non racconta una storia a lieto fine. Purtroppo.
Whitney – Una voce diventata leggenda” è l’ennesimo biopic su una stella caduta del pop, con la recondita speranza di ripetere il clamoroso successo di “Bohemian Raphsody”. Ci riuscirà? Come cantava quel tale, lo scopriremo solo vivendo.

E’ un film lungo due ore e mezza, convenzionale nella struttura e un po’ melodrammatico, che racconta gli alti e bassi della vita e della carriera di Whitney Houston.

Un fenomeno della voce e una diva dai numeri da record, ma anche una donna tormentata, che ha vissuto di rapporti contrastanti. Con se stessa, con la propria identità sessuale, con un padre-padrone, con un marito sbagliato. Ma anche col mondo del music-biz, col successo e, persino, con la sua amata musica.

Il film di Kasi Lemmons prova a dipingere un ritratto credibile, ma si perde fra i mille rivoli di un’esistenza complessa, rimanendo in superficie, senza mai graffiare più di tanto.

Tanto che alla fine, al di là della buona prova di Naomi Ackie e delle scene con Stanley Tucci nei panni del produttore discografico Clive Davis, quel che restano in mente sono la pregevole ricostruzione di concerti e performance, la voce inarrivabile di Whitney e quel pugno di canzoni entrate nella storia.

Pardon, nella leggenda.

Le Mans ’66 – La grande sfida

"Le Mans '66 - La grande sfida", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

USA, 2019​.​ Azione​,​ 152’​. Regia di James Mangold​. Con Matt Damon, Christian Bale, Caitriona Balfe​.​ Su RaiPlay.

Storia vera di una gara unica. Di un pilota estroso e fumantino, di un’amicizia virile, della sempiterna lotta tra ideale sportivo e questioni di marketing. Due ore e mezza sul filo della tensione, fra commedia, dramma e avventura, coi motori spinti al massimo e attori perfettamente nella parte. Funziona tutto in questo adrenalinico lavoro, che avvince e tiene col fiato sospeso, fino a quasi commuoverci. Filmone popolare, nell’accezione migliore del termine.

Un tranquillo weekend musicale, fra Sanremo Giovani, Guano Padano e Coez

Coez, ieri sera agli Arcimboldi di Milano con suo “From The Rooftop”.
Coez, foto di Tommaso Biagetti

Mi rendo conto di non aver aggiornato questo blog da un po’ di tempo. Male. E piccoli sensi di colpa.

Questione di impegni, pigrizia, voglia di fare altro, ricerca del regalo giusto, stanchezza, persino un po’ di lavoro (mirabile dictu). Ciò non vuol dire che il mondo della musica, nel frattempo, si sia fermato. Per carità.
Magari non accadono cose mirabolanti, tipo la trascurabile finale di “X Factor”, ma si va avanti.

Allora vi voglio raccontare il mio weekend a tutta musica, un paio di giorni di (relativa) full immersion.

Ho iniziato venerdì sera con “Sanremo Giovani”: come al solito sapevo di farmi del male, ma come al solito alla fine non ho resistito. Programma lungo come una maratona, che proietta un’ombra inquietante su quel che accadrà a febbraio.

Oltre alla presentazione dei big in gara, tutti emozionati come se fosse la prima volta, abbiamo ascoltato una dozzina di emergenti. Tra questi, dopo una serata estenuante, ne sono stati scelti sei che entreranno di peso nella categoria eletta. A pari dignità di Oxa, Giorgia e via dicendo. Mah.

Al di là delle ovvie esaltazioni di Amadeus e della simpatia che i giovani istintivamente trasmettono, di talento ne ho visto poco. Forse nulla. Tanta roba di area pop, anzi urban, come va di moda dire, a volte direttamente con autotune più spesso con testi da scuola elementare.

gIANMARIA, vincitore di Sanremo Giovani.
gIANMARIA_Crediti di Enrico Luoni

Ha vinto tale gIANMARIA (pare si scriva proprio così), ragazzotto dall’aria stropicciata e l’atteggiamento finto-punk. Forse giusto così, per lo meno la sua canzone ha un ritornello così basico da rimanere in testa. Pronti a ricrederci a febbraio coi nuovi pezzi, ma per ora meglio passare oltre.

E cosi ho fatto, ieri pomeriggio, col concerto gratuito di Natale dei Guano Padano all’ADI Design Museum. Ambiente piacevole, un centinaio di posti e gli strumentali fascinosi di questo trio di culto, che mescola i classici western di Morricone a bluesacci irresistibili, sperimentazione free jazz e visioni psichedeliche, il commovente tema di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” a una scatenata jam finale.

Chitarre effettate, armonica, fischio, basso e batteria. E altro ancora. Che dire? Molto bravi, se passano dalle vostre parti, non perdeteli.

Guano Padano, protagonisti di un bel concerto di Natale all'ADI Design Museum
Guano Padano

Un paio d’ore dopo, per chiudere il tour de force, sono andato a curiosare agli Arcimboldi dove era di scena Coez col progetto semiacustico “From The Rooftop”, una manciata di concerti teatrali fra Milano e Roma (dal 21), tutti già esauriti.

Pubblico giovane, spesso giovanissimo, con le macchine dei genitori fuori in doppia fila ad aspettare i pargoletti.

Chiaro che non era la mia “cup of tea” (quasi sicuramente ero fra i più vecchi in sala), ma è sempre bello vedere la gente che canta e si sbraccia contenta, un po’ stretta nelle poltrone di velluto.

Io, lo confesso, ero vagamente sperso in quel marasma di gioia, ma in un certo modo intrigato da un mondo che non è il mio.

Poi, lui, ci sa fare. Mescola rap e pop d’autore con perizia, racconta speranze e disillusioni di una generazione (forse anche più di una), parla d’amore fra romanticismo e disincanto, frasi semplici ma non banali. Così come certe melodie che restano addosso.

Scaletta con molti classici, scenografia senza fronzoli, con una luna rossa che ogni tanto si palesa dall’alto, band essenziale, con presenza femminile al violoncello. Non è in acustico, l’elettronica batte sempre sullo sfondo, ma ci sono dialogo e intimità.

Coez canta e racconta l’altra faccia delle canzoni, come sono nate e come sono cresciute. Tiene il palco come un veterano e instaura un rapporto confidenziale con chi ascolta. A un certo punto scende e va in mezzo alla gente, sommerso da un mare di cellulari intenti a riprendere.

“Faccio un casino”, “Come nelle canzoni” “Occhi rossi”, “Lontana da me”, un omaggio a Calcutta e tanti altri piccoli grandi successi, fino al karaoke collettivo su “E’ sempre bello” e “La musica non c’è”.

Chiude con “La strada è mia”, meno nota ma fra la sue preferite. Alla fine saluta e invita a “far serata”, visto che è presto e siamo a Milano. Giusto così.

Ma io ho una certa età, sono stanco e torno a casa.
E oggi, domenica?
Niente concerti, please. C’è la finale del mondiale di calcio.
E che vinca il migliore.

Wolf Call – Minaccia in alto mare

"Wolf Call - Minaccia in alto mare", recensione film su L'angolo del cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini.

Francia, 2019, Thriller, 115′. Regia di Antonin Baudry. Con François Civil, Omar Sy, Reda Kateb, Mathieu Kassovitz. Su RaiPlay.

Tra fantascienza, spionaggio e thriller, ecco un buon prodotto d’intrattenimento ambientato  all’interno dei sottomarini, con le loro leggi e regole inflessibili. Protagonista un militare dall’udito sopraffino nel bel mezzo di una crisi mondiale, da cui potrebbe scaturire un conflitto nucleare. Non mancano intrighi, sotterfugi, colpi di scena e dolorosi sacrifici. 

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