Si parla di Musica! (e non solo)

Mese: Febbraio 2023 (Pagina 1 di 2)

Palazzo di giustizia

"Palazzo di giustizia", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Italia, 2020. Drammatico, 84′. Regia di Chiara Bellosi. Con Daphne Scoccia, Bianca Leonardi, Sara Short.

Una giornata in tribunale, per un caso di ordinaria drammatica attualità. Dentro si svolge il processo, fra arringhe e tesi opposte, mentre nell’atrio le figlie delle controparti aspettano il verdetto. Una adolescente, l’altra piccolina. Più la nevrotica madre di quest’ultima. Si incontreranno e simpatizzeranno, fra musica, cibo, un passerotto indifeso e un simpatico operaio. Una piccola storia al femminile, raccontata con garbo e realismo. E ben interpretata.

Storia di un fantasma

"Storia di un fantasma", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2017. Drammatico, 87′. Regia di David Lowery. Con Rooney Mara, Casey Affleck.

Una giovane coppia vive felicemente nella sua casa. Poi lui muore in un incidente d’auto, non si rassegna e vaga come fantasma nell’appartamento seguendo la vita della compagna e dei successivi ospiti. Sino alla liberazione finale. Né horror spaventoso né romanticheria alla “Ghost”, il film procede lento e dilatato, con lunghi piani sequenza e salti temporali. Bella l’idea del fantasma vecchio stile, con lenzuolo bianco e buchi sugli occhi, il resto sa un po’ d’artificio d’autore. E annoia non poco.

Come se non ci fosse un domani

"Come se non ci fosse un domani", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Australia, 2021. Sentimentale, 95′. Regia di Josh Lawson. Con Rafe Spall, Zahra Newman, Josh Lawson.

Commedia romantica dai risvolti fantastici, col tempo che corre velocissimo e mette nei guai un uomo perennemente indeciso nelle sue scelte. Tra equivoci e complicazioni più o meno divertenti, il nostro protagonista capirà la lezione. Roba già vista, svolgimento scolastico. Ok solo se volete staccare la spina e non pensare troppo a quel che scorre sullo schermo. Se poi vi scappa un pisolino, nessun rimpianto.

Vinicio Capossela, una “canzone urgente” contro tutte le guerre

Vinicio Capossela esce oggi con "La crociata dei bambini". Una canzone urgente contro tutte le guerre. Con un video commovente. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Vinicio Capossela – foto di Jean-Philippe Pernot

Giusto un anno fa scoppiava l’ennesima guerra, stavolta assai vicina ai nostri confini. E a un anno di distanza ancora non se ne vede la fine.

Vinicio Capossela ha voluto dire la sua nel modo che più gli è congeniale: la musica.

Esce oggi “La crociata dei bambini”, una “canzone urgente” contro tutte le guerre, una struggente ballata dall’incedere dolente, con pianoforte in evidenza e ampi scorci melodici dettati dagli archi.

Vinicio racconta senza enfasi e senza retorica, ma con immagini suggestive e toccante vena poetica, una storia di bambini che fuggono dalla guerra per cercare una terra di pace.

Un lungo corteo di ragazzi (più un povero cane) a camminare nel gelo e col morso della fame, sperando di trovare un mondo migliore. Da brividi.

Lo spunto viene da un poema di Bertolt Brecht, ispirato da un evento storico in epoca medievale, che lo scrittore ambienta fra le nevi della Polonia agli inizi della seconda guerra mondiale.

Spiega Vinicio: “Questo pezzo fa parte di 13 canzoni urgenti, un’urgenza che è nata un anno fa, quando si è compreso che il tempo che pensiamo di avere non è illimitato, ma tutti possiamo essere spazzati via da un potere più grande e impersonale.

Allora sono andato a rileggere Brecht, le sue canzoni e poesie scritte mentre la notte era caduta sul suo paese e l’ombra della guerra iniziava a oscurare l’Europa.

Tra queste ho trovato “la crociata dei bambini” ambientata in Polonia nel 1939. L’innocenza dell’infanzia e dell’animale sono tra le vittime più insostenibili dell’orrore della guerra.

La pubblichiamo oggi ed è il nostro modo di dire no alla guerra. Nessuno più invoca la pace, ovunque si cerca la vittoria.

Per dirla ancora con Brecht: la guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.

Tra i vinti la povera gente faceva la fame. Tra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente”.

Il tutto accompagnato da un commovente lyric video, realizzato dal disegnatore Stefano Ricci, con la collaborazione di Ahmed Ben Nessib, utilizzando la tecnica del gesso bianco su carta nera.

Un lavoro minuzioso costituito da 4705 immagini, fotografate una per una, senza alcun ausilio di tecniche di animazione digitale.

Guardate. Ascoltate.

E pensateci un po’ su.

Anna

"Anna", recensione film di Luc Besson su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Francia, 2019. Azione, 118′. Regia di Luc Besson. Con Sasha Luss, Helen Mirren, Luke Evans. Su RaiPlay.

Luc Besson alle prese con una nuova versione del suo cult “Nikita”. Anche qui al centro c’è una donna bella e pericolosa, un agente segreto che si barcamena fra Kgb e Cia cercando la propria via alla libertà. Molta azione, colpi di scena, sviluppi improbabili, esagerazioni a go-go e cast di lusso. Il regista, però, sa il fatto suo e tiene desta l’attenzione dello spettatore. Se vi piace il genere adrenalinico e un po’ fracassone, non sarete delusi.

Lazzaro felice

"Lazzaro Felice", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Italia, 2018. Drammatico, 130′. Regia di Alice Rohrwacher. Con Adriano Tardiolo, Alba Rohrwacher, Tommaso Ragno. Su RaiPlay.

Vita, morte e resurrezione di un giovane dal cuore troppo buono. Lazzaro vive e lavora nell’alto Lazio in una comunità di contadini schiavizzati da una nobile spiantata. Fa amicizia col figlio della signora, poi cade da un dirupo. Dopo anni si risveglierà miracolosamente e scoprirà una realtà profondamente cambiata. In peggio. Strano film, fra dramma, commedia, denuncia sociale e fiaba crudele. Diverso, ambizioso, pessimista. E, a suo modo, coinvolgente.

Paolo Conte alla Scala: c’ero anch’io!

paolo conte_lascala_@stebrovetto 2

Per una volta lo posso dire: c’ero anch’io. Perché quello di ieri sera è stato un evento nel vero senso della parola.

La prima volta di un artista pop (per modo di dire) alla Scala, tempio della lirica meneghino, con annesse risibili polemiche da parte dei soliti retrogradi bacchettoni. Come scrisse qualcuno di importante, non ti curar di loro ma guarda e passa.

E così s’è fatto, applaudendo di gusto il grande vecchio Paolo Conte su quel palco storico, in un passaggio che pare quasi un premio alla carriera.

Teatro strapieno, naturalmente, di vip e gente comune. Con tv e cronisti a caccia di dichiarazioni, a ricalcare il cliché mondano delle prime. Abiti eleganti, papillon e pailettes, ma anche semplici jeans e maglioncini.

E lassù in galleria, zona popolare di loggione e loggionisti, si son visti anche magliette e maniche corte, perché i posti sono strettissimi e fa un caldo boia.

L’unico dress code, insomma, pare quello dell’amore per la musica evocativa e immaginifica dell’artista astigiano.

Conte dispiega per l’ennesima volta il suo “spettacolo d’arte varia”, seduto al pianoforte o in piedi davanti al microfono, con la consueta corte di musici eccelsi.

Non si lascia intimidire da cotanto palco, indossa il solito abito scuro con maglietta in tinta, degli occhiali da sole e, quando ci vuole, non disdegna di suonare il suo “pernacchiante” kazoo.

Ci sono anche telecamere e ammennicoli tecnologici, che lasciano presagire film e album dal vivo in un futuro prossimo venturo.

La scaletta è già lì pronta ad uso e consumo di tutti, in una tipica locandina scaligera, come fossimo lì a vedere l’Aida o le Nozze di Figaro.

Invece c’è questo 86enne dalla voce roca e bassa, che dispensa i suoi classici come fossero bignè. A voler proprio trovare il pelo nell’uovo, potremmo dire che è un po’ il “solito” (e bellissimo) concerto che da qualche tempo il Nostro sta portando in giro per il mondo. Ma, per fortuna, con qualche piccola variazione sul tema.

E, come al solito, niente commenti o aneddoti, solo la presentazione dei musicisti, più qualche inchino di cortesia e ironiche mosse da direttore d’orchestra.

paolo conte_lascala_@stebrovetto

Sfilano “Aguaplano”, “Sotto le stelle del jazz”, una bellissima “Milonga”. La gente applaude, talvolta sfida la sacralità scaligera con qualche smartphone in azione (incluso qualche squillo inopportuno), tentativi di applausi a ritmo, qualche urlo di incitamento o ringraziamento.

Il meglio è quando arrivano le perle più rare: il ripescaggio dell’antica “Uomo camion”, struggente tocco di romanticismo virile, e “La frase”, gioiellino minore da un disco favoloso come “Appunti di viaggio”.

Fuori scaletta, da solo al pianoforte, ecco “Dal loggione”, quanto mai opportuna vista la sede: storia di un amore clandestino e impossibile sullo sfondo di un teatro comunale. Lei bellissima in platea col marito, lui dal loggione che la mira adorante. E poi: “Viva la musica che ti va/ Fin dentro all’anima che ti va”. Da brividi.

Il secondo tempo viaggia sul sicuro, con i classici più classici: su “Gli impermeabili” parte un’ovazione a scena aperta, così come per “Via con me” e la sempre mirabile “Max” (che però continuo a preferire nella vecchia versione con più energia e più fisarmoniche).

In “Diavolo Rosso” si scatena la band, mentre Conte seduto al piano si volta e si gode i pirotecnici virtuosismi dei suoi strumentisti. Su “Il maestro”, testo leggiadro e musica esaltante, tre coriste fanno il controcanto.

Si chiude il sipario. Il bis, come da copione, è la riproposizione di “Via con me”, col pubblico invitato con un gesto a cantare il ritornello. Nessuno se lo fa ripetere.

Si finisce così, col Piermarini a intonare “It’s wonderful, it’s wonderful…” col sorriso sulle labbra.

Alla faccia di chi voleva che questa serata non s’avesse da fare.

Povero “Vecchio Frack”

Il capolavoro di Domenico Modugno, "Vecchio Frack", viene riletto per la pubblicità di un noto marchio di pasta. Uno scempio: perché?

Non è per essere pedanti o bacchettoni, ma certe cose fatico a mandarle giù.

Guardo la tv, capito per caso nel momento degli spot pubblicitari e vengo attirato da una musica cara e familiare.

Mi fermo un attimo e la riconosco: è “Vecchio Frack” di Domenico Modugno.

Solo che qui il testo è cambiato: invece del racconto della malinconica passeggiata notturna di un uomo verso il suicidio, si decantano le virtù di un noto marchio di pasta.

Canta l’attrice Claudia Gerini. E nell’allegro e festaiolo video compare anche il sex symbol (così ho letto) Can Yaman.

Mi domando il perché di questo scempio. E non trovo risposta.

Un po’ di rispetto verso certi capolavori del passato mi sembrerebbe cosa buona e giusta. Ma, forse, chiedo troppo.

Non mi resterà che boicottare quel marchio, una ribellione piccola piccola. Ma mi farà (spero) sentire un po’ meglio. E meno complice.

The Voices

USA, 2014. Thriller, 100′. Regia di Marjane Satrapi. Con Ryan Reynolds, Gemma Arterton, Anna Kendrick. Su RaiPlay.

Le “voci” del titolo sono quelle che sente un uomo dal passato drammatico e con profonde turbe mentali. Non prende le medicine, parla con cane e gatto, vive in un mondo parallelo. Il contatto con la realtà del quotidiano provocherà molti guai. Commedia horror dai toni a volte grotteschi, che scava nelle pieghe della mente. Originale, intrigante e disturbante. E ben recitata da un cast di lusso. Una bella sorpresa, anche nei titoli di coda.

Fiore

"Fiore", recensione film drammatico su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Italia, 2016. Drammatico. Regia di Claudio Giovannesi. Con Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Valerio Mastandrea. Su RaiPlay.

Prison movie alla romana, con al centro una giovane problematica (ma di buon cuore) chiusa in riformatorio per rapina. Si innamorerà di un ragazzo recluso, ma la vita non sarà facile. Un po’ fiction tv, un po’ film alla Dardenne, “Fiore” ti fa appassionare alle difficili esistenze dei protagonisti, spersi nel mondo di oggi ma vogliosi di un domani migliore. Bravi gli attori, incluso Mastandrea nei panni di un padre incasinato.

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