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Mese: Maggio 2023 (Pagina 1 di 3)

Un “Disco X” per Daniele Silvestri

Una "X" per Daniele Silvestri. Uscirà il 9 giugno il nuovo disco del cantautore romano. Tante storie e belle canzoni. Da non perdere. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Daniele Silvestri, foto di Albert D’Andrea

Daniele Silvestri è uno che la tira per le lunghe.

Me ne sono accorto lo scorso novembre al concerto agli Arcimboldi, tre ore e passa sul palco, che neanche Springsteen.

E, pochi giorni fa, all’incontro per la presentazione del nuovo “Disco X”: due ore abbondanti in cui il cantautore romano ha fatto ascoltare in anteprima tutti i pezzi commentandoli uno per uno.

Roba inconcepibile, in questo mondo di fretta e frenesia. Ma lui, figlio orgoglioso degli anni ‘90, rivendica il diritto di riappropriarsi dei propri tempi e di un’attenzione diversa da quella così labile di social e dintorni.

E, in fondo, è strano e piacevole lasciarsi andare al flusso di suoni e parole in una tranquilla mattina di fine maggio, sospendendo per un attimo il ritmo forsennato di casini e impegni.

Anche perché Daniele, oltre ad essere uomo pensante (pardon, intelligente), è artista bravo e curioso, assai eclettico nelle sue scelte.

E questo “Disco X”, titolo che si presta a varie interpretazioni (dal decimo album in carriera al senso di mistero e incognita da cui è nato), è per altro un lavoro che suona bene, anzi molto bene.

Con fiati in gran spolvero, dichiarati omaggi a Lucio Dalla e un approccio più semplice e istintivo, che include lo sgravarsi dal peso della responsabilità dell’essere impegnato sempre e comunque.

Ma non pensate che il nostro si sia consacrato a tormentoni da due soldi o testi banali. Tutt’altro.

Silvestri, che non a caso ama definirsi “cantastorie”, continua a raccontare il mondo intorno (e dentro) a noi, nelle sue tante sfaccettature, contraddizioni e brutture incluse. Dalla guerra al razzismo, per semmai poi rifugiarsi nel sempiterno calore dell’amore.

E’ tornato in parte quello di un tempo, bravissimo nel narrare storie, anche quelle sollecitate mesi prima al suo zoccolo duro di aficionados. E strada facendo ha scritto canzoni, portandole quasi in contemporanea sul palco, a svelare quel magnifico work in progress che è la creazione artistica.

Ci sono tante collaborazioni (i più fighi li chiamano feat.), da Giorgia a Franco 126, da Fulminacci ai Selton. Quindi Wrongonyou, Davide Shorty, Eva ed Emanuela Fanelli.

Ma anche qui tutto ha un senso.

E lo dice lo stesso protagonista nel pezzo iniziale, “Intro X”, che ironizza sui feat cercati solo per farsi notare, “per cercare l’hype a tutti i costi”.

Ora non resta che aspettare il 9 giugno e piazzarvi il cd (o vinile) a manetta sul vostro device preferito.

Ci sono pezzi belli per davvero: “Scrupoli”, “Cinema d’essai”, “While the Children Play”, “Tutta”.

E altri che vi lascio scoprire con calma e gesso.

p.s. Piccole notizie di servizio: dal 10 giugno partirà l’instore e dal primo luglio il tour nei principali festival italiani.

Il giardino delle streghe

"Il giardino delle streghe", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 1944​.​ Horror​,​ 70’b​/n​. Regia di Robert Wise, Gunter Von Fritsch​. Con Simone Simon, Kent Smith, Jane Randolph​. ​Su RaiPlay.

Strano film, fra horror, fiaba e melodramma, con al centro una bimba che non riesce a trovare il suo centro di gravità permanente. Cioè una vita normale. La aiuterà nell’impresa un fantasma bonario. Bianco e nero d’epoca, con qualche parentela col cult “Il bacio della pantera”, vanta il debutto alla regia di Wise e qualche suggestione gotica. Breve e imperfetto (e il doppiaggio non aiuta), ma a tratti intrigante. 

Greta

"Greta", recensione film thriller su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini


USA, 2018. Drammatico, 98′. Regia di Neil Jordan. Con Chloë Grace Moretz, Isabelle Huppert. Su RaiPlay.

Una borsa abbandonata sul metrò fa sì che due donne (potrebbero essere madre e figlia) si incontrino e diventino amiche. Ma i guai sono dietro l’angolo. Thriller al femminile su solitudini, possesso e deviazioni mentali. Storia e sviluppo tutto sommato prevedibili, ma la regia è solida e d’autore e la Huppert merita sempre. Brava anche la giovane Chloë Grace Moretz.

Io, Tina Turner e il juke-box

Un altro degli eroi del nostro passato se ne va. Tina Turner ci lascia a 83 anni. Il mio pensiero sul filo dei ricordi. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Chi mi conosce di persona sa che dimostro meno dei miei sessant’anni. Questione di dna o, forse, di cellule. Poco importa.

Ogni tanto, però, qualcuno mi chiede se quegli anni me li sento addosso. Be’, rispondo onestamente di sì, a costo di deludere l’interlocutore, che si aspetterebbe magari una frase più vitalistica ed esuberante, stile forever young.

Non è così, sarebbe falso. Gli anni me li sento addosso, eccome. Li sento nella mia persona, nella mia mente in forma di stanchezza e disincanto. Li vedo nelle persone accanto a me, in quei segni sul viso e sul corpo.

E, indirettamente, negli eroi che mi hanno accompagnato nel tempo, che credevi fossero immortali e invece ci stanno lasciando giorno per giorno.

Come Tina Turner.

Per me lei resterà quella del juke-box. Erano i primi anni ’70 e io ero un ragazzino come tanti, andavo alle elementari e covavo una passione viscerale per la musica.

Ascoltavo di tutto, soprattutto quel che passavano alla radio e alla “hit-parade” di Lelio Luttazzi.

Poi, appunto, c’era il juke-box.

Non so dove e quando sentii per la prima volta “Nutbush City Limits” di Ike & Tina Turner, di sicuro mi colpì come un diretto sul muso.

Quel ritmo incalzante, la chitarra effettata, i fiati, il solo di sintetizzatore e, soprattutto, quella voce così potente e sensuale. Ovviamente non capivo nulla del testo, ma andava benissimo lo stesso.

E così, ogni volta che capitava a tiro un juke-box, rompevo le scatole a mio papà per avere la monetina magica, che mi apriva quel mondo di selvaggio rock e r&b. I miei genitori, abituati alle sonorità più tradizionali della musica leggera indigena, mi guardavano un po’ perplessi. Ma lasciavano fare.

E oggi che Tina, come tanti, se n’è andata non mi resta che ricordarla così. Giovane e scatenata. Come potessimo tornare indietro nel tempo.

Almeno per lo spazio di una canzone.

Qui rido io

"Qui rido io", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Italia, 2021. Biografico, 133′. Regia di Mario Martone. Con Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna.

Biografia romanzata di Eduardo Scarpetta, maestro del teatro comico napoletano. Irruente, passionale e vitale sul palco come nella vita, fra recite di successo, amanti, figli legittimi e no (i tre De Filippo), dispute legali (con D’Annunzio) e altro ancora. Martone tratta l’argomento con affetto, bravura e tecnica sicura, fra vari livelli di lettura e un Servillo superstar. Molta carne al fuoco (e altrettanti personaggi), tanto che qua e là si rischia di perdere la bussola. Ma il film resta piacevole e avvincente. E di spessore.

Il “Lazarus” di Manuel Agnelli

Lazarus foto di Fabio Lovino

Sono un appassionato (oserei quasi dire un fan) di David Bowie sin dalla più tenera età. Perciò ogni cosa che lo riguarda mi suscita interesse o, quanto meno, curiosità.

Così anche per il “Lazarus” in versione italiana, che per tutta la settimana (da oggi a domenica) sarà di scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano (già tutto esaurito).

Il punto di partenza di questa opera (in scena per la prima volta a New York il 7 dicembre 2015, ultima apparizione pubblica di Bowie prima della sua scomparsa) è il romanzo “L’uomo che cadde sulla Terra”, da cui venne tratto l’omonimo suggestivo film di Nicolas Roeg uscito nel lontano 1976.

Ricordo ancora la sera in cui lo vidi: trascinai mio papà al cinema e lo coinvolsi in quella esperienza non proprio leggera. Anzi, sperimentale e complessa. Con una profonda tristezza di fondo.

Non ho mai capito se gli fosse piaciuto o meno. Decisamente non era il suo genere, ma lo vidi comunque in qualche modo interessato. Chissà, forse, il carisma di Bowie aveva colpito anche lui.

Io, allora teenager, ne rimasi turbato e affascinato. E certe scene, come quando l’alieno guarda decine e decine di programmi tv in contemporanea senza perdersi una virgola, mi sono rimaste impresse per sempre.

Ecco, mi piacerebbe che quanto andrà in scena al Piccolo Teatro mi restituisse un po’ di quell’effetto conturbante.

La versione curata da Valter Malosti rivendica la sua diversa personalità, nata da approfondimenti e scambi di opinione con Enda Walsh, l’autore originale assieme al Duca Bianco. I temi di fondo rimangono i soliti.

E quanto mai attuali: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo. Narrati attraverso la vicenda di Newton, l’infelice migrante interstellare costretto a rimanere sulla Terra.

Non può morire e non invecchia, quindi si abbruttisce in claustrofobico appartamento, fra sogni, ricordi e deliri.

L’alieno è interpretato da Manuel Agnelli, che ha ribadito in lungo e in largo di non avere neanche la minima intenzione di confrontarsi con Bowie. Perciò non canterà come lui, non lo imiterà ed eviterà il desolante effetto “cover-band”.

Dando semmai la sua versione e la sua interpretazione del personaggio, spingendo forte sul pedale dell’emozione. Come un attore, appunto.

Che, però, si cimenterà con diversi brani storici come “The Man Who Sold the World” e “Changes” e gli inediti scritti per l’occasione da Bowie, per chiudere con la storica “Heroes” in una chiave “lancinante e volutamente strappalacrime”.

Con lui sul palco la cantautrice Casadilego (ex vincitrice di “X Factor”) e la coreografa e danzatrice Michela Lucenti, più un cast di 11 interpreti e sette musicisti.

Sono curioso.

La abuela

"La abuela", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Spagna, 2021. Horror, 90′. Regia di Paco Plaza. Con Karina Kolokolchykova, Almudena Amor. Su RaiPlay.

Una ragazza, modella in quel di Parigi, torna nella sua Madrid per assistere la nonna colpita da ictus. Attenzione: non è un dramma sentimentale, ma un horror che gradualmente assume tinte sempre più fosche e ambigue. Fino al disvelamento di un terribile segreto. ​Atmosfere inquietanti, cigolii, elementi soprannaturali e tensione crescente. Nel suo genere, niente male.

Un tranquillo weekend di…concerti

E' un weekend pieno di musica per tutti i gusti a Milano. Da Piano City a Radio Italia sino ai (carissimi) maestri Conte e Gabriel. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Peter Gabriel by Nadav Kander_2023

Ogni tanto (sempre meno, per fortuna) mi ritrovo a pensare ai tempi cupi della pandemia e relativo lockdown.

Quando tutto era fermo, incluso il mondo dei concerti, che per lavoro e piacere frequento da una vita.

Tutto fermo, appunto, bloccato. Forse cancellato per sempre.

E allora si guardava con nostalgia canaglia al passato e ai cartelloni pieni di live per tutti i gusti, almeno in un città grande come la mia Milano.

Si temeva fosse un punto di non ritorno.

Quindi si discettava di concerti in streaming e ci si accontentava di quel che passava il convento.

A volte, in crisi di astinenza, sono andato pure ad ascoltare cover-band di discutibile spessore.

Poi le cose, gradualmente, sono tornate al loro posto.

E il ruolino di marcia dei concerti è ripreso a ritmo (quasi) forsennato.

L’ho pensato guardando il programma meneghino di questo piovoso e uggioso weekend. C’è di tutto e di più.

A pagamento e “a gratis”.

Gli innumerevoli appuntamenti di Piano City Milano, fra jazz e classica, e il concertone di Radio Italia in piazza Duomo per gli irriducibili del pop nostrano.

L’immenso Paolo Conte agli Arcimboldi col suo “spettacolo d’arte varia” (a prezzi altini), Cristicchi e Amara al Conservatorio in omaggio a Battiato e il revival leggero degli Zero Assoluto al Fabrique.

Domani, poi, al Forum di Assago arriva nientemeno che sua maestà Peter Gabriel, anche lui con biglietti a prezzi non esattamente popolari.

Ma leggo anche di Anna Oxa al Lirico e James Senese al Conservatorio. E probabilmente dimenticherò qualcuno.

Insomma, tanta carne al fuoco. Forse pure troppa.

Ma, come canta Gazzelle (a proposito, qui il mio primo pezzo su Rolling Stone), meglio così.

E a ognuno il suo.

Ariaferma

"Ariaferma", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

Italia, 2021. Drammatico, 117′. Regia di Leonardo Di Costanzo. Con Toni Servillo, Silvio Orlando, Fabrizio Ferracane, Salvatore Striano. Su RaiPlay.

In un carcere in dismissione alcuni agenti e pochi detenuti vengono lasciati in un limbo di attesa prima del trasferimento. Sarà l’occasione per un incontro/scontro fra sensibilità e attitudini diverse, costrette a convivere in una sorta di comunità sui generis. Ambientazione claustrofobica e suggestiva, personaggi ben delineati e, ancora una volta, un grande Servillo. Film impegnativo, ma a suo modo coinvolgente.

The Secret – Le verità nascoste

"The Secret - Le verità nascoste", recensione film su L'Angolo del Cinefilo per mannaggiallamusica.it, il blog di Diego Perugini

USA, 2020. Drammatico, 100′. Regia di Yuval Adler. Con Noomi Rapace, Joel Kinnaman, Amy Seimetz. Su RaiPlay.

Provincia americana, fine anni ’50. Una donna rumena, felicemente sposata e con figlioletto, incontra casualmente il suo aguzzino nazista. Le conseguenze saranno drammatiche. Thriller intenso e, per certi versi, fastidioso. Un storia già vista altrove che gioca con efficacia sull’ambiguità del dubbio e le verità inconfessabili dei protagonisti.

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