Si parla di Musica! (e non solo)

Tag: Dischi

I primi dischi del 2022

I primi dischi del 2022. In arrivo novità da Sick Luke, Mara Sattei e Ditonellapiaga. E dal grande Elvis Costello. Poi anche Elisa e Cremonini. Di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it
Elvis Costello, credit Diana Krall

Confesso che di riprendere non ho troppa voglia. Perché la situazione è quel che è. E le prospettive future non proprio rosee. Ma andare avanti si deve. E quindi… eccomi qui a riparlare di musica.

Il 2022 appena iniziato fra poco comincerà a sfornare nuovi dischi. Si parte il 7 gennaio con “X2”, il primo disco di Sick Luke, produttore di culto fra rap e urban, con vari ospiti in scaletta.

Mentre il 14 usciranno i dischi di debutto di due giovani promesse della scena romana: Mara Sattei con “Universo” (prodotta da tha Supreme), e Ditonellapiaga con “Camouflage”, di cui si riparlerà in zona Sanremo (ci andrà con Rettore).

Da X Factor arriva, invece, gIANMARIA con l’ep “Fallirò”: titolo menagramo o auspicabile, a seconda dei gusti.

Per fortuna lo stesso giorno, il 14, uscirà “The Boy Named If”, nuovo lavoro dell’infaticabile Elvis Costello coi suoi Imposters: i primi due singoli, la rockeggiante “Magnificent Hurt” e la romantica ballata “Paint The Red Rose Blue”, lasciano ben sperare. Si vedrà (pardon, ascolterà).

Il 21 gennaio in uscita Il Pagante, Tancredi e il più evocativo Ludovico Einaudi, mentre per febbraio sono attesi Elisa col doppio in italiano/inglese “Ritorno al futuro” (il 18); e Cesare Cremonini con “La ragazza del futuro” (il 25).


In febbraio arriveranno pure novità da Bastille e Tears For Fears, mentre per marzo sono attesi Tommaso Paradiso, Stromae e Bryan Adams. Senza dimenticare i tanti “sanremesi” pronti a invadere (si fa per dire) il mercato.


Ci sarebbero anche un po’ di concerti, ma con la situazione in (d)evoluzione non si sa bene come finirà. Purtroppo.

John Hiatt & The Jerry Douglas Band, “Leftover Feelings”

John Hiatt, il nuovo disco "Leftover Feelings" con The Jerry Douglas Band. Un cd ruspante e vecchio stile, fra country, blues, rock e folk.

Conservo sempre un posto speciale nel mio cuore per John Hiatt, non fosse altro per un capolavoro lontano come “Bring The Family”, che all’epoca ebbi l’onore di recensire per il “Buscadero”. Autobiografia a parte, fa piacere ritrovare il cantautore di Indianapolis in gran forma in questo disco ruspante e vecchio stile, in bell’equilibrio fra country, blues, rock e folk, accompagnato dalla Jerry Douglas Band. Voce roca ed espressiva, chitarre a go-go (anche dobro e lap steel), violino e un suono che più americano non si può. Non c’è batteria, ma ritmo e feeling sì. Eccome.

Ricordando David Bowie

La scomparsa di David Bowie, quasi cinque anni fa, fu per me un duro colpo. Perché era e rimane uno dei miei artisti preferiti, di quelli che ho seguito sin da ragazzino: ricordo ancora la gioia di quando, appena adolescente, comprai il 45 giri di “Life On Mars?” in un negozietto di dischi usati a Cesenatico.

E, poi, via via cassette, album, singoli. Assecondando i suoi cambi di stile, le svolte artistiche, i colpi di genio, finanche i momenti più routinari. L’ho visto in concerto diverse volte e l’ho anche incontrato in un paio di occasioni per lavoro, tra cui la famosa conferenza stampa in cui sbeffeggiava Adriano Celentano. Tanto tempo fa, insomma.

Continua a leggere

I miei dischi di Natale

Ognuno ha il suo disco natalizio del cuore, le canzoni che più ama ascoltare sotto il famoso albero. Che siano gli intramontabili Beatles o gli inflazionati “Last Chrismas” degli Wham! e “All I Want For Christmas” della giunonica Mariah Carey. Per quanto mi riguarda, non ho dubbi.

Da anni la scelta cade su “What I Really Want For Christmas” di Brian Wilson (2005), uno dei miei artisti preferiti. Classici natalizi a go-go (e qualche originale), riletti secondo la sensibilità del genio dei Beach Boys. Echi surf, nostalgia canaglia, melodie da brivido e gli immancabili coretti. Mette allegria, scalda il cuore.

Continua a leggere

Ascolti d’autunno, da Springsteen a Bianconi

La musica è bella (anche) perché è varia. E ti permette di viaggiare fra stili e generi, sempre che si sia dotati di buona apertura mentale. Ci pensavo ascoltando due dischi così diversi in uscita di questi tempi: “Forever”, il debutto solista di Francesco Bianconi, e “Letter For You” di Bruce Springsteen.

Un accostamento che, forse, scandalizzerà qualcuno, ma tant’è. Dischi molto diversi, si diceva. Quasi antitetici già a partire dalla loro genesi. Springsteen torna col gruppo storico, la E Street Band, mentre Bianconi molla i suoi Baustelle, almeno temporaneamente.

Continua a leggere

Le “Rarities” di Lucio Battisti

E' uscito "Rarities" di Battisti. Un disco che raccoglie 16 rarità del grande Lucio. Provini, canzoni in lingue straniere e altro. Tutto molto curioso
Lucio Battisti, “Rarities”, copertina

Lucio Battisti è uno dei miei artisti preferiti di sempre. E ogni volta che esce qualcosa che lo riguarda, dischi sopratutto, non riesco a far finta di niente. Anzi, mi ci butto con curiosità. Come per questo “Rarities”, uscito da poco per Sony Music.

Il titolo dice già tutto, perché in scaletta ritroviamo 16 “rarità” del repertorio del grande di Poggio Bustone, per altro ben note ai fan e ai collezionisti più accaniti (qui un approfondimento ad hoc).

L’ascoltatore meno “scafato”, invece, potrà ritrovare qualcosa di nuovo, diverso. Inedito, anche se inedito non è. Anzi, lo confesso, alcune di queste canzoni me l’ero perse anch’io, che pur bazzico da tempo il mondo (libero) battistiano.

Ci sono una versione differente di “Per una lira”, con un’introduzione folk che ricorda molto la vecchia “Eve Of Destruction” di Barry McGuire (è il 1966, del resto), e una versione lunga di “Pensieri e parole” con una coda strumentale orchestrale.

E, poi, i tanti provini per canzoni poi date ad altri: la bellissima “Vendo casa”, l’incalzante “La spada nel cuore” (resa famosa da Little Tony) e la sorprendente “Perché dovrei”, con una brillante interpretazione soul di Battisti.

Infine ci sono i pezzi cantati in altre lingue (con basi musicali praticamente uguali), che fanno un po’ sorridere. A partire dai titoli, come “Una muchacha por amigo”, versione spagnola di “Una donna per amico”. O “Ma chanson de libertè”, ovvero “Il mio canto libero” in francese.

Massimo rispetto per lo sforzo, insomma, ma Lucio lo preferiamo in italiano. Lo confermano i ben noti brani in inglese, come “To Feel in Love” (“Amarsi un po’”), tratta da “Images”, sfortunato album americano.

Concludendo: se volete approfondire un altro lato, meno conosciuto, di Battisti date una chance a questo “Rarities”. Altrimenti state sereni e tornate a riascoltare (e anche cantare e suonare) “La canzone del sole”, “Emozioni” e i tanti classici di un genio senza tempo.

I miei dischi di Natale

di Diego Perugini

Ognuno ha il suo disco natalizio del cuore, le canzoni che più ama ascoltare sotto il famoso albero. Che siano gli intramontabili Beatles, il recentissimo Robbie Williams o gli inflazionati “Last Chrismas” degli Wham! e “All I Want For Christmas Is You” della giunonica Mariah Carey.

Per quanto mi riguarda, non ho dubbi. Da anni la scelta cade su “What I Really Want For Christmas” di Brian Wilson (2005), uno dei miei artisti preferiti. Classici natalizi a go-go (e un paio di originali), riletti secondo la sensibilità del genio dei Beach Boys. Echi surf, nostalgia canaglia, melodie da brivido e gli immancabili coretti. Mette allegria, scalda il cuore.

E, poi, anche un gioiellino misconosciuto, uscito nel 2010, come “Holly Happy Days” delle americane Indigo Girls, che recupera in una squisita chiave country-folk il calore rustico delle feste in famiglia di un tempo. Ottimi musicisti, mirabili impasti vocali, intimità unplugged e niente retorica: pochi classici (ma la loro “O Holy Night” è un piccolo capolavoro), qualche inedito e anche un ripescaggio dal leggendario Woody Guthrie.

Se, poi, ho voglia di mainstream ripesco “Here Is Christmas”, una compilation del 1991 targata Emi. C’è un po’ di tutto, dai Queen a McCartney, da The Band ai Jethro Tull, dai Ramones a Kate Bush, da Pat Benatar ai Roxette, da Lennon ai Band Aid. Piacevole e festaiola. E ben assemblata.

Here Is Christmas, copertina. Emi, 1991)

A proposito, Buon Natale!

Dischi di Natale 2018: Carrà o Clapton?

Ecco a voi i “Christmas Album” del 2018. La Raffa nazionale, Eric Clapton, John Legend. E i miei album natalizi del cuore.

di Diego Perugini

Si fa presto a dire Buon Natale. Un po’ meno in musica. Perché realizzare dei “Christmas Album” importanti è impresa improba. C’è sempre il rischio di cadere sulla buccia di banana del kitsch, del melenso, del banale, dell’ipocrita. E, quindi, di sfornare dischi brutti, inutili, falsi, noiosi e via criticando. Difficile trovarne di ispirati, ieri come oggi.

“Ogni volta che è Natale” di Raffaella Carrà

E com’è andata per questo 2018? In Italia, poca roba. In pratica solo “Ogni volta che è Natale” dell’icona nazionale Raffaella Carrà, che cantante vera non è. C’è l’inedito “Chi l’ha detto”, orecchiabile e piacione, moderno al punto giusto, con tanto di videoclip ruffiano e politicamente corretto.

Ci sono ardite vette di kitsch come “Happy Xmas” di Lennon in versione valzer o “Hallelujah” di Cohen in chiave lirica. Lei avrebbe voluto anche una “Feliz Navidad” stile reggaeton, ma è stata provvidenzialmente bloccata dalla casa discografica. Comunque alla Carrà, per tutto quel che ci ha dato, perdoniamo qualsiasi cosa. O quasi.

Continua a leggere