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Eric Clapton a Milano!

Eric Clapton a Milano. Il chitarrista inglese ha suonato al Forum di Assago. Un'ora e mezza fra blues e delizie di gran classe. Il racconto di Diego Perugini per mannaggiallamusica.it

Da una vita non mettevo piede al Forum di Assago. Perché scomodo e lontano assai da casa mia. E, poi, chi andare a vedere: Sfera Ebbasta o Mengoni? Anche no, grazie.

“Però per Eric Clapton ti sei scomodato”, mi dice scherzando un vecchio collega. Eh, sì. E mi ritorna in mente la prima volta con “Slowhand”, tanti anni fa in quel di Genova, quando “bigiai” la lezione di Storia Medioevale all’Università per non mancare all’appuntamento. Altri tempi.

Il Clapton del 2022 è un anziano signore in jeans, camicia e gilet, dal tocco ancora nobile, statico al centro del palco e con una voce comunque all’altezza.

Si presenta con una band di ottimi musicisti (e un paio di coriste), nomi tipo Nathan East o Chris Stainton, che chi si occupa di cose di musica conoscerà di certo (gli altri si informino, please).

La scena è essenziale davvero: solo un po’ di luci soffuse distillate da lampioncini sul palco, e un paio di grandi schermi ai lati. Molto teatrale, molto intimo.

Perché qui è inutile divagare fra effetti speciali e diavolerie tecnologiche. Come si usa dire, lasciamo che a parlare sia la musica. E il pubblico, un mix di capelli bianchi, crape pelade e più giovani virgulti venuti a onorare la Leggenda, gradisce e applaude.

Il concerto è diviso in tre parti.

Si inizia con la band, a dir la verità sulle prime un po’ imballata, ma pian piano più sciolta. Si va di cover, dal blues di “Key to the Highway” a “I’m Your Hoochie Coochie Man” fino al reggae riveduto e (s)corretto di “I Shot The Sheriff” che fu di Bob Marley.

Segue il momento acustico, quasi come se i nostri suonassero in salotto fra vecchi amici, con la solita bellissima “Layla” e la struggente citazione di “A Whiter Shade of Pale” fra le note di “Tears in Heaven”, omaggio all’arte del compianto Gary Brooker dei Procol Harum. Ovazione a scena aperta.

Si ritorna in elettrico per il gran finale: “Badge” è un colpo al cuore, ritorno di fiamma per gli storici Cream, bella versione tirata e potente. Quindi il romanticismo di “Wonderful Tonight” e la grinta di “Cross Road Blues” di Robert Johnson.

Ogni tanto Clapton (77 anni!) tira un po’ il fiato, molla il dominio degli assoli e lascia sfogare i tastieristi. Ma, ahimè, siamo già alle ultime battute. Si chiude su “Cocaine”, quindi il bis di “High Time We Went” con Robben Ford, già visto in apertura.

Fine. Troppo presto. Come quando stai iniziando a divertirti e ti sbattono fuori dal locale. Un’oretta e mezza, appena.

Così vai via contento, ma con ancora l’acquolina in bocca.

E pensi ai pezzi che avresti voluto ascoltare, a quella scaletta un po’ imbalsamata, priva di sorprese e sin troppo a colpo sicuro. Storci la bocca, poi ti ravvedi subito: ma davvero vuoi metterti a fare le pulci a Eric Clapton?

E la chiudi lì, ti godi la bella serata e torni a casa col cuore allegro. Pensi che fra qualche giorni lì canterà (?) Sangiovanni. E ti viene da ridere.

Musica per (noi) “vecchi”: la classe acustica di Eric Clapton e il piano solo di Brian Wilson

Musica per "vecchi": la classe acustica di Eric Clapton e il piano solo di Brian Wilson. Sono usciti i nuovi dischi di due grandi artisti. Di Diego Perugini

E’ stato un venerdì da leoni. Con uscite importanti come non capitava da un po’. Il best-seller annunciato di Adele, le cover di Zucchero, la sorpresa di Marracash, il nuovo di Sting, persino un singolo di Jovanotti.

Alla fine, però, spiluccando qua e là, mi sono rifugiato nella “comfort zone” di uno dei miei artisti preferiti, Eric Clapton. Sì, d’accordo, magari le sue posizioni no-vax sono discutibili. E, difatti, gli sono piovuti addosso critiche e boicottaggi assortiti. Ma è ben poco discutibile la qualità della sua musica. Così varrebbe proprio la pena di ascoltare Eric Clapton, appena uscito con “The Lady in the Balcony: Lockdown Sessions”.

Un disco dal vivo, registrato senza pubblico nella campagna inglese (West Sussex) con la sua fida band: Nathan East, Steve Gadd e Chris Stainton. Il nostro Slowhand suona l’acustica e tutto il disco si muove fra atmosfere intime e raffinate, un po’ sulla falsariga di quel gioiello che fu l’”Unplugged” del lontano 1992.

Blues, ballate, le cover di “Black Magic Woman” e della sempre stupenda “Man of the World”, fino a classici immancabili come “After Midnight” e “Layla”. Diciassette pezzi per oltre settanta minuti di classe sopraffina. Relax e godimento assicurati.

E, a proposito di classici e artisti preferiti, ho approcciato con curiosità “At My Piano” di Brian Wilson, in cui il genio dei Beach Boys rilegge per solo piano tanti gioielli della storica band.

Un’esperienza per certi versi spiazzante. Perché risentire pezzi assai complessi in tema di cori, melodie e arrangiamenti come “Good Vibrations”, “God Only Knows” e “Heroes and Villains” in una dimensione così scarna e minimale ti lascia un po’ basito. Roba per fan, comunque. E ancora adesso, dopo vari ascolti, non ho capito se mi piace o meno. Anzi, sapete che faccio? Vado a risentirmelo.

Poi (forse) vi dirò.

Dischi di Natale 2018: Carrà o Clapton?

Ecco a voi i “Christmas Album” del 2018. La Raffa nazionale, Eric Clapton, John Legend. E i miei album natalizi del cuore.

di Diego Perugini

Si fa presto a dire Buon Natale. Un po’ meno in musica. Perché realizzare dei “Christmas Album” importanti è impresa improba. C’è sempre il rischio di cadere sulla buccia di banana del kitsch, del melenso, del banale, dell’ipocrita. E, quindi, di sfornare dischi brutti, inutili, falsi, noiosi e via criticando. Difficile trovarne di ispirati, ieri come oggi.

“Ogni volta che è Natale” di Raffaella Carrà

E com’è andata per questo 2018? In Italia, poca roba. In pratica solo “Ogni volta che è Natale” dell’icona nazionale Raffaella Carrà, che cantante vera non è. C’è l’inedito “Chi l’ha detto”, orecchiabile e piacione, moderno al punto giusto, con tanto di videoclip ruffiano e politicamente corretto.

Ci sono ardite vette di kitsch come “Happy Xmas” di Lennon in versione valzer o “Hallelujah” di Cohen in chiave lirica. Lei avrebbe voluto anche una “Feliz Navidad” stile reggaeton, ma è stata provvidenzialmente bloccata dalla casa discografica. Comunque alla Carrà, per tutto quel che ci ha dato, perdoniamo qualsiasi cosa. O quasi.

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