Da una vita non mettevo piede al Forum di Assago. Perché scomodo e lontano assai da casa mia. E, poi, chi andare a vedere: Sfera Ebbasta o Mengoni? Anche no, grazie.
“Però per Eric Clapton ti sei scomodato”, mi dice scherzando un vecchio collega. Eh, sì. E mi ritorna in mente la prima volta con “Slowhand”, tanti anni fa in quel di Genova, quando “bigiai” la lezione di Storia Medioevale all’Università per non mancare all’appuntamento. Altri tempi.
Il Clapton del 2022 è un anziano signore in jeans, camicia e gilet, dal tocco ancora nobile, statico al centro del palco e con una voce comunque all’altezza.
Si presenta con una band di ottimi musicisti (e un paio di coriste), nomi tipo Nathan East o Chris Stainton, che chi si occupa di cose di musica conoscerà di certo (gli altri si informino, please).
La scena è essenziale davvero: solo un po’ di luci soffuse distillate da lampioncini sul palco, e un paio di grandi schermi ai lati. Molto teatrale, molto intimo.
Perché qui è inutile divagare fra effetti speciali e diavolerie tecnologiche. Come si usa dire, lasciamo che a parlare sia la musica. E il pubblico, un mix di capelli bianchi, crape pelade e più giovani virgulti venuti a onorare la Leggenda, gradisce e applaude.
Il concerto è diviso in tre parti.
Si inizia con la band, a dir la verità sulle prime un po’ imballata, ma pian piano più sciolta. Si va di cover, dal blues di “Key to the Highway” a “I’m Your Hoochie Coochie Man” fino al reggae riveduto e (s)corretto di “I Shot The Sheriff” che fu di Bob Marley.
Segue il momento acustico, quasi come se i nostri suonassero in salotto fra vecchi amici, con la solita bellissima “Layla” e la struggente citazione di “A Whiter Shade of Pale” fra le note di “Tears in Heaven”, omaggio all’arte del compianto Gary Brooker dei Procol Harum. Ovazione a scena aperta.
Si ritorna in elettrico per il gran finale: “Badge” è un colpo al cuore, ritorno di fiamma per gli storici Cream, bella versione tirata e potente. Quindi il romanticismo di “Wonderful Tonight” e la grinta di “Cross Road Blues” di Robert Johnson.
Ogni tanto Clapton (77 anni!) tira un po’ il fiato, molla il dominio degli assoli e lascia sfogare i tastieristi. Ma, ahimè, siamo già alle ultime battute. Si chiude su “Cocaine”, quindi il bis di “High Time We Went” con Robben Ford, già visto in apertura.
Fine. Troppo presto. Come quando stai iniziando a divertirti e ti sbattono fuori dal locale. Un’oretta e mezza, appena.
Così vai via contento, ma con ancora l’acquolina in bocca.
E pensi ai pezzi che avresti voluto ascoltare, a quella scaletta un po’ imbalsamata, priva di sorprese e sin troppo a colpo sicuro. Storci la bocca, poi ti ravvedi subito: ma davvero vuoi metterti a fare le pulci a Eric Clapton?
E la chiudi lì, ti godi la bella serata e torni a casa col cuore allegro. Pensi che fra qualche giorni lì canterà (?) Sangiovanni. E ti viene da ridere.