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Il “Lazarus” di Manuel Agnelli

Lazarus foto di Fabio Lovino

Sono un appassionato (oserei quasi dire un fan) di David Bowie sin dalla più tenera età. Perciò ogni cosa che lo riguarda mi suscita interesse o, quanto meno, curiosità.

Così anche per il “Lazarus” in versione italiana, che per tutta la settimana (da oggi a domenica) sarà di scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano (già tutto esaurito).

Il punto di partenza di questa opera (in scena per la prima volta a New York il 7 dicembre 2015, ultima apparizione pubblica di Bowie prima della sua scomparsa) è il romanzo “L’uomo che cadde sulla Terra”, da cui venne tratto l’omonimo suggestivo film di Nicolas Roeg uscito nel lontano 1976.

Ricordo ancora la sera in cui lo vidi: trascinai mio papà al cinema e lo coinvolsi in quella esperienza non proprio leggera. Anzi, sperimentale e complessa. Con una profonda tristezza di fondo.

Non ho mai capito se gli fosse piaciuto o meno. Decisamente non era il suo genere, ma lo vidi comunque in qualche modo interessato. Chissà, forse, il carisma di Bowie aveva colpito anche lui.

Io, allora teenager, ne rimasi turbato e affascinato. E certe scene, come quando l’alieno guarda decine e decine di programmi tv in contemporanea senza perdersi una virgola, mi sono rimaste impresse per sempre.

Ecco, mi piacerebbe che quanto andrà in scena al Piccolo Teatro mi restituisse un po’ di quell’effetto conturbante.

La versione curata da Valter Malosti rivendica la sua diversa personalità, nata da approfondimenti e scambi di opinione con Enda Walsh, l’autore originale assieme al Duca Bianco. I temi di fondo rimangono i soliti.

E quanto mai attuali: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo. Narrati attraverso la vicenda di Newton, l’infelice migrante interstellare costretto a rimanere sulla Terra.

Non può morire e non invecchia, quindi si abbruttisce in claustrofobico appartamento, fra sogni, ricordi e deliri.

L’alieno è interpretato da Manuel Agnelli, che ha ribadito in lungo e in largo di non avere neanche la minima intenzione di confrontarsi con Bowie. Perciò non canterà come lui, non lo imiterà ed eviterà il desolante effetto “cover-band”.

Dando semmai la sua versione e la sua interpretazione del personaggio, spingendo forte sul pedale dell’emozione. Come un attore, appunto.

Che, però, si cimenterà con diversi brani storici come “The Man Who Sold the World” e “Changes” e gli inediti scritti per l’occasione da Bowie, per chiudere con la storica “Heroes” in una chiave “lancinante e volutamente strappalacrime”.

Con lui sul palco la cantautrice Casadilego (ex vincitrice di “X Factor”) e la coreografa e danzatrice Michela Lucenti, più un cast di 11 interpreti e sette musicisti.

Sono curioso.

Manuel Agnelli balla da solo

Ci ha messo un bel po’ Manuel Agnelli, a firmare il suo primo disco solista. E, forse, se non ci fosse stata la pandemia con relativo lockdown oggi non saremmo qui a parlare di “Ama il prossimo tuo come te stesso”, in uscita venerdì.

Perché tutto è iniziato in quel momento di chiusura, con brani scritti e suonati in una solitaria dimensione casalinga. Un modo anche per sperimentare. E liberarsi.

Da cosa? “Dall’idea che in tanti si sono fatti di me. Quando suoni in una band è un po’ una gabbia. E molti vedevano in me il canzonettaro del gruppo, quello più melodico. Non è così. E ho voluto dimostrare che certi suoni appartengono a me. Questo non è un disco di rottura, ma di continuità. Con più libertà” spiega il rocker meneghino.

Album dal titolo forte, rappresentativo delle dieci canzoni in scaletta: “Parlano tutte d’amore, nelle sue tante sfaccettature. Ho scritto guardando la mia vita e il mondo attorno a me. Un titolo per altro attualissimo, perché esprime un qualcosa di mai realizzato”.

I suoni sono tosti, con furor di ritmo e chitarre, ma pure con un ritrovato amore per il pianoforte. Come nell’incazzosa “Proci”, che fra le righe critica certa intellighenzia dei salotti responsabile della decadenza culturale del Paese. Ma anche la rigidità estrema della scena alternativa musicale nostrana.

Nel disco ci sono “La profondità degli abissi”, accattivante brano scritto su commissione per il film “Diabolik” (e vincitore di diversi premi), e la percussiva e tribale “Signorina Mani Avanti”.

Ma c’è soprattutto una robusta e toccante ballata come il nuovo singolo “Milano con la peste”, che rimanda ai tempi più bui del Covid e delle mascherine che lasciavano intravedere solo gli occhi.

“Per un attimo è sembrato che la gente avesse compreso quali fossero le cose importanti della vita. E ha mostrato così il suo lato migliore. Poi si è tornati come prima. Ma questa rimane una canzone sulla speranza che si possa cambiare”.

“Severodonetsk” e “Guerra e pop-corn” raccontano l’attualità bellica da differenti punti di vista, fra coinvolgimento drammatico e superficiale distacco, mentre la “title-track” parla di come si cresce e come si invecchia. E della bugia del diventare migliori col tempo.

Per il futuro Agnelli sembra più puntare alla carriera solista che a un nuovo progetto con gli Afterhours. Pensa a lavori dal ritmo di uscita più snello, uno ogni due anni.

“L’importante è fare dischi con un senso e dei contenuti, in un mondo dove in troppi cercano, invece, solo il consenso e il profitto”.

Intanto da domenica condurrà un programma su Radio24, mentre a dicembre sarà in tour nei club coi Little Pieces of Marmelade (usciti da “X Factor”), giovani musicisti con tanta voglia di spaccare.

Impegnativa ciliegina sulla torta, l’anno prossimo sarà il protagonista della versione italiana di “Lazarus”, il musical di David Bowie.

Settimana live all’italiana, fra Agnelli, Caputo e i Servillo

Sergio Caputo

Ultima settimana di luglio e ultimi fuochi sul fronte caldo dei concerti. La città, lentamente, si sta svuotando, c’è voglia di vacanze.

E agosto, tradizionalmente, non è gran mese per la musica dal vivo a Milano. Godiamoci, quindi, quel che passa il convento.

Al Carroponte, stasera, arriva Manuel Agnelli con un repertorio che mescolerà i brani dei suoi Afterhours agli episodi solisti. In attesa dell’album “Ama il prossimo tuo come te stesso”, in uscita il 30 settembre.


Domani ai Bagni Misteriosi saranno in scena i due fratelli Toni e Peppe Servillo in “La musica canta”, spettacolo fra musica e teatro, assieme al Solis String Quartet.


In alternativa, sempre domani, ecco l’indie-pop del marsigliese Kid Francescoli al Magnolia, in cui si esibiranno anche Rovere (mercoledì 27) e Alice Phoebe Lou (giovedì 28).


Al Castello Sforzesco, per “Estate al Castello”, mercoledì ritroveremo il jazz contaminato del Trio Bobo, guidato da Faso e Christian Meyer, sezione ritmica di Elio e le Storie Tese.

Giovedì invece tornerà Sergio Caputo, uno dei migliori (e dei più sottovalutati) cantautori italiani, che col suo trio riproporrà i piccoli grandi classici della sua lunga carriera, mentre venerdì riascolteremo le colonne sonore del Maestro Ennio Morricone a cura di Milano Classica.


Proseguono le serate “calienti” al Milano Latin Festival: in concerto ci saranno Eva Ayllon (29), Tony Succar (30) e Hombres G (31).

Nel fine settimana, 29 e 30, al Legend Club dalle 15.30 si svolgerà Rock Targato Italia Edizione Speciale Estate 2022 . Due giornate ricche di incontri e concerti con la partecipazione di numerosi artisti, produttori discografici, musicisti, giornalisti. Ingresso gratuito.

Mentre per chi ama il metal, in arrivo domenica 31 al Carroponte i francesi Gojira.

L'”Ossigeno” di Manuel Agnelli

"Ossigeno", il programma tv di Manuel Agnelli
“Ossigeno” di Manuel Agnelli

Se posso, guardo sempre “Ossigeno” di Manuel Agnelli, intorno alle 23 su Rai3. Perché l’andamento lento del programma concilia bene il sonno che verrà, ma anche perché rimane comunque una buona alternativa a “Porta a porta” o all’ennesima replica di “Law & Order”. Poi ci sarebbe tanto da discutere. Ieri sera, per esempio, ho visto una puntata così così.

Lo Stato Sociale in versione pseudo-teatrale col racconto “Una storiella per bambini cattivelli” di Massimiliano Chiamenti interpretato dal solito “Lodorroico”. Mah. Poi il salotto un po’ snob (o radical-chic, fate voi) con la scrittrice Chiara Gamberale e il fumettista Gipi, fra disquisizioni su ossessioni e sogni ricorrenti. Quanto se la tiravano… Arimah.

Poi Manuel porta sul palco anche due sue protette da “X Factor”: la ragazzina Martina Attili con la solita, insopportabile “Cherofobia” e Luna, che duetta con la trapper Chadia Rodriguez in un pezzo anche simpatico, ma fuori contesto. A proposito di trap: uno dei temi di questa edizione di “Ossigeno” è il gap fra vecchia e nuova generazione, quell’incomprensione fra mondi diversi che ricorre in tanti dibattiti musicali di oggi.

Forse anche perciò, settimane fa, ha portato sul palco Young Signorino, definendolo qualcosa tipo “l’unico vero punk in circolazione”. Tutto molto imbarazzante. Iper mah. L’unico momento senza se e senza mah è quando Manuel torna sui suoi passi e spara un’intensa versione di “Padania”. La chiusura è su “These Days” di Nico, con Manuel e la Attili insieme. Mah, forse è meglio andare a dormire.