Esce oggi “Ho sognato pecore elettriche” della PFM. Ed è già una buona notizia solo il fatto che un disco del genere sia stato pubblicato. Un disco lontano dai suoni alla moda, un disco “suonato” per davvero, un disco che racconta una storia.
Franz e Patrick, “ragazzi” ultrasettantenni, guardano alla fantascienza distopica di Philip Dick e dipingono un mondo in cui gli umani stanno somigliando sempre più ai robot. Un “concept” che vuole essere, parole loro, “un campanello d’allarme per l’uomo che sta perdendo il potere del sogno”. Dove il sogno è quello stimolo che ti spinge a fare e a migliorarsi.
Il tutto in un profluvio di suoni e influenze, pregevoli passaggi strumentali e tecnica sopraffina. In equilibrio fra passato e presente, tenendo fede alla continua voglia di cambiamento che rimane alla base del credo PFM.
I nostri due eroi, in conferenza stampa, prendono un po’ le distanze dalla definizione “progressive”, a cui la loro musica viene sempre avvicinata. Ma è difficile davvero non riconoscere in questi brani ampie tracce del glorioso passato del gruppo.
Anzi, ascoltando la versione in inglese (presente nel doppio cd assieme a quella canonica nella nostra lingua) vengono in mente spesso i Genesis del periodo “gabrieliano”. Il che, si badi bene, è un complimento.
Del resto in uno dei momenti migliori, “Il respiro del tempo” (“Kindred Souls”), ritroviamo come ospiti nientemeno che Steve Hackett, ex chitarrista dei Genesis, e Ian Anderson, il flauto magico dei Jethro Tull.
Ma, nonostante le memorie d’antan, non è un disco “vecchio”, nel senso di consunto, ripetitivo o nostalgico. Al contrario, Franz e Patrick guardano avanti e proseguono orgogliosi il loro cammino, fra classicità e sperimentazione.
Converrà tenerceli stretti.
p.s. La PFM incontrerà i fan negli Instore: oggi a GENOVA (ore 18.00 Feltrinelli Genova c/o Albergo dei Poveri), il 26 ottobre a ROMA (ore 20.00 Feltrinelli Roma, Via Appia Nuova 427), il 27 ottobre a MILANO (ore 18.30 Feltrinelli Milano, Piazza Duomo).