Coma_Cose, è uscito il loro primo album, "Hype Aura". Un lavoro originale e creativo, che fugge gli stereotipi del rap.
Coma_Cose (foto Melania Andronic)

Non solo droga, lusso, abiti firmati, sesso, dissing, linguaggio basico e volgarità assortite. Ogni tanto il mondo del rap e dintorni sforna qualcosa di diverso. Piacevole e, a suo modo, raffinato.

Come il disco d’esordio dei Coma_Cose, “Hype Aura”, duo milanese già entrato da un po’ nel giro dei nomi da tenere d’occhio grazie a vari singoli, ep e live.

A dirla tutta non proprio di rap duro e puro si tratta (e per fortuna). Nel mondo di questi ragazzi ci sono pop, elettronica, canzone d’autore e altro ancora. E funziona.

“Non ci sentiamo di appartenere nello specifico a nessun genere, ci piace mischiare più linguaggi in una miscela tutta nostra dove convergono ascolti e ispirazioni non solo musicali. Il suono lo creiamo noi stessi assieme ai produttori Mamakass, sound che è diventato un po’ il marchio di fabbrica Coma_Cose. Forse non è rap, forse non è cantautorato, ma capisci subito dal primo ascolto che si tratta di noi”, spiegano.

Le voci di Fausto Lama e California ben si amalgamano fra strofe rap e ritornelli melodici, regalando piccole suggestioni anche grazie a una serie di testi pensati e ripensati.

Chi abita a Milano ne ritroverà luoghi, modi e mood (“Mai una gioia tranne la fermata prima di Centrale”), assieme a ricercati giochi di parole (già a partire dal titolo del disco), citazioni cinematografiche e sottotesti.

Ecco, allora, l’orecchiabile singolo “Granata”, la romantica malinconia di “Mancarsi”, la vena psichedelica di “Beach Boys distorti”, l’atmosfera notturna di “Via Gola”, le reminescenze beatlesiane di “A lametta” (“Una cosa che mi piace e l’altra no: i rigatoni, il raggaeton”).

“Mariachidi” ha un tiro più polemico (“Le tue canzoni parlano di droga e basta/ meglio non menare il can per l’Ayahuasca”), mentre “Squali” e “Intro” chiudono il cerchio in tono più intimo e personale, autobiografico. Una mezz’oretta in tutto. E niente male.